La distorsione condiscendente del garantismo produce conseguenze lassiste ed è il principio sul quale si fondano le convinzioni tracotanti di alcuni individui. Non voglio portare le mie parole sui binari della legislazione né intendo appuntare qualche critica grossolana verso l’amministrazione della giustizia, ma desidero convogliare questo breve scritto in un contesto completamente diverso. La coerenza assomiglia a un hobby di nicchia e sebbene sia poco praticata molte persone pretendono di scorgerla nei loro simili, ma questa esigenza opportunistica è in primis un atto incoerente e dimostra la faziosità disarmante di un metro di giudizio che a mio avviso può ritorcersi contro chiunque lo adoperi. A mio avviso, un ladro che pretenda di non essere derubato non è un soggetto divertente, bensì uno stupido ottuso che può fornire parecchio materiale per il suo dileggio. Ai miei occhi chiunque sia fedifrago ed esiga di non essere tradito non appare come un individuo pretenzioso, bensì lo ritengo un imbecille che è destinato a soggiornare nella capitale della frustrazione. Non riesco a provare comprensione per un insegnante che sia annoiato dalla sua materia e che allo stesso tempo pretenda un impegno spasmodico dai suoi studenti, ma lo considero un coglione nocivo e lo reputo adatto a diventare il testimonial negativo per il cancro sociale contro cui l’oncologia non può fare nulla. C’è una citazione che si presta bene alle mie parole, ma non ne ricordo l’autore: “La seconda chance viene data sempre alle persone sbagliate”. Trovo che alcuni errori non siano tali, ma sospetto che abbiano l’essenza di un gesto deliberato e credo che avvengano grazie alle rassicurazioni permissivistiche di qualche individuo ingenuo o negligente. La certezza della pena non è salda quanto la certezza di una seconda possibilità e di conseguenza la sua debolezza incentiva certe condotte menzognere: mi riferisco ancora a dei contesti introspettivi e interpersonali nonostante le mie ultime parole possano essere ricondotte a questioni forensi. Sono un fautore della tolleranza zero nei miei rapporti e al contempo credo che occorra un po’ di elasticità, perciò non escludo alcune eccezioni a patto che non stabiliscano le regole né diventino tali. Di tanto in tanto mi processo e sono lieto quando riesco a prosciogliere me stesso dalle mie accuse. Talvolta ho dovuto fare i conti con i miei giudizi e non mi sono limitato a passeggiare tra i banchi della mia introspezione, ma ho cercato di assolvere i compiti dell’ubiquità morale per essere al tempo stesso e nello stesso luogo l’imputato, il giudice, l’accusatore e il difensore del mio processo di vita.
Ogni tanto i giorni si dileguano insensatamente attraverso gli spiazzi della quotidianità e in quei momenti ho l’impressione che il tempo scivoli dalle mie mani, ma la visione ipotetica del futuro non riesce ad alterare il controllo che esercito sulla mia vita e per questo motivo, nell’arco delle ventiquattr’ore giornaliere, non mi limito a respirare. Non voglio lezioni di storia da qualcuno che non sia in grado di scrivere la propria e mi basta una parola per riassumere quanto ho appreso finora: “Silenzio”. La mia età è friabile, ma io sono ancora intatto e durante la notte mi rinsaldo con la fiamma dell’elucubrazione. Non sono esente dai desideri complementari e rifiuto l’immunità emotiva perché non voglio disumanizzarmi, ma per questa presa di posizione ricevo innumerevoli sferzate dall’assenza passionale e ne mostro i segni senza imbarazzo perché ritengo che l’omertà interiore possa creare una connivenza pericolosa con la frustrazione. La mia serenità affonda le radici nella sua antitesi, ma non è inquinata dal malessere ed è attraversata da una linfa benevola grazie alla quale riesce a ramificarsi nella consapevolezza delle mie azioni. La giovinezza mi lancia regolarmente un ultimatum fasullo, ma il suo bluff non può convincermi e inoltre lo trovo ridicolo. Non relego i miei pensieri su me stesso e talvolta plano platonicamente sopra un continente indigente per rammentare alle mie idee che altrove il sole e l’acqua non sono semplicemente allegorici, ma i miei voli pindarici non avvengono sulle ali del pietismo e non rasento mai le utopie. Cerco stimoli edificanti dove non cresce nulla e brandisco la mia indole per difendermi dal surplus della pochezza.
A ottobre ho incominciato a scrivere un libro e in questi giorni ne sto terminando la stesura. Non ho ambizioni editoriali e penso che esistano più scrittori che lettori, ma non escludo di stampare qualche copia del mio lavoro in una tipografia per conservarne una versione cartacea e prima o poi ne farò un e-book. Qualche anno fa avevo già provato a redigere un romanzo breve, ma tutti i miei tentativi erano precipitati puntualmente nel baratro dell’insoddisfazione e ogni caduta mi aveva spinto ad affinare il mio stile affinché si adeguasse alle mie esigenze. Non sono un letterato e ritengo che la mia padronanza linguistica non sia eccelsa, ma sono contento di quanto ho scritto finora ne “La Masturbazione Salvifica: Diario Agiografico di Un Onanista”. Il testo di oltre centottantamila caratteri è parzialmente autobiografico e rappresenta una parte notevole del mio lavoro introspettivo, perciò, come specifico nella prefazione, “questo libro non è stato scritto per essere letto, ma è stato concepito per essere scritto”. Prevedo di terminare la correzione e l’impaginazione entro la prima metà di maggio. Ormai il mio operato scritturale ha assolto il suo compito introspettivo, ma posso utilizzare ciò che ha prodotto come un prontuario sulla mia forma mentis. Ho alcune idee per scrivere un secondo testo di tutt’altro tenore, ma per adesso non ho intenzione di concretizzarle e attendo che uno stimolo incontrollabile mi induca ad articolarle.
Non ho nulla di particolare da appuntare su queste pagine virtuali, ma sento ugualmente l’esigenza di digitare qualche frase asettica. Il mio corpo sta bene e la mia mente opera senza intoppi. Non ho bisogno di un’ambizione impellente né di un desiderio smodato. Ogni tanto mi concedo qualche opinione trascurabile per evitare che una parte del mio intelletto si atrofizzi, ma non mi aggradano le discussioni sterili e preferisco i soliloqui introspettivi. Ho raggiunto una condizione ottimale e cerco di mantenerla in questo stato. L’indipendenza della mia interiorità è legata profondamente alla rinuncia di alcuni valori e dei loro opposti, ma le conseguenze positive di questa scelta non sono evidenti e ritengo che la loro manifestazione esteriore non sia fondamentale. La coscienza non può essere ammutolita dal suo coinquilino e nel complesso delle emozioni risiede il garante della verità individuale, perciò non credo che qualcuno possa mentire deliberatamente a se stesso. Talvolta le mie annotazioni sono frammentarie e in altri momenti si ripetono come un mantra, ma si comportano bene durante ogni rilettura e per questo motivo non mi nascondono nulla. Mi chiedo cosa possa destabilizzarmi, ma non pretendo una risposta celere e mi auguro che sia incompleta qualora io la ottenga. I miei sforzi continuano a ripagarmi più di quanto io mi aspetti e da tutto ciò deriva una soddisfazione genuina che mi esalta a dovere.
Secondo l’opinione illuminata di qualcuno io spreco la mia vita: ritengo che questa valutazione dozzinale possa essere uno spunto di riflessione. Le parole non riescono a intaccare la mia indole resiliente, ma talvolta la loro dissonanza con la realtà riesce a strapparmi un sorriso. Nel bene e nel male la mia esistenza è un po’ sui generis, perciò si presta piuttosto facilmente alle analisi improbabili di qualche pensatore annoiato. Ogni tanto provo a guardare la mia vita con distacco e mi rendo conto che possa apparire grigia benché non lo sia, perciò comprendo parzialmente chiunque la consideri in modo negativo. Suppongo che la serenità non sia opinabile e ritengo che solo il diretto interessato possa sapere se faccia parte della sua vita. Credo che alcune persone mi ritengano un disadattato a causa della mia assenza dalla vita sociale e concorderei con loro se quest’ultima fosse dettata da una patologia psichiatrica, ma nel mio caso si tratta di una scelta consapevole e reversibile. I miei bisogni non combaciano con il cliché giovanile e non sottolineo questa particolarità per darmi un tono, ma penso che si tratti di un punto fondamentale per capire la genesi di certe incomprensioni. Le valutazioni avventate non hanno un contenuto utile, ma stimolano ugualmente l’introspezione. Oggigiorno mi sforzo di reprimere qualsiasi giudizio sommario per conservare la parte migliore di me e il silenzio mi aiuta molto in questo compito, ma non svaluto le prime impressioni e le reputo importanti. Non voglio diventare un habitué della superficialità e penso che due pesi e due misure siano ingombranti. Le critiche pressappochistiche servono soltanto a placare le insicurezze di chi le esterna e credo che ogni individuo equilibrato palesi la sua condizione senza proferire parola.
Sono felice che le urne abbiano decretato la morte elettorale di alcuni uomini. Credo che sia appena iniziato un processo di epurazione nel mondo della politica, ma suppongo che servano ancora molti anni per un ricambio generazionale. L’astensionismo ha fallito e alla la luce di quanto è successo credo che l’affluenza alle urne sia stata utile per dare un colpo di spugna alla frammentazione politica, tuttavia se domani si votasse di nuovo con gli stessi candidati io non eserciterei ugualmente il mio diritto al voto. Devo spezzare una lancia a favore della Lega Nord e penso che chiunque ami l’imparzialità debba riconoscere il successo del Carroccio. I leghisti hanno una nomea poco lusinghiera, ma i loro rappresentanti sono molto schietti e, per quanto possano essere discutibili, le loro dichiarazioni non si prestano alle ambiguità che caratterizzano la facondia di altri esponenti politici, inoltre ritengo che il partito di Umberto Bossi sia fortemente pragmatico e questa particolarità lo rende appetibile in un declino ideologico che finalmente si è affacciato anche in Italia. Ho sempre provato una simpatia umana per Silvio Berlusconi e per le sue doti comunicative, perciò mi auguro che il suo governo duri un quinquennio e spero che mi dia qualche motivo positivo per rieleggerlo. Sebbene al peggio non c’è mai fine dubito che l’Italia possa toccare ulteriormente il fondo e mi auguro che il nuovo esecutivo non raccolga questa sfida. Probabilmente l’eskimo di qualcuno è sbiancato a seguito della scomparsa di buona parte della sinistra, ma trovo che nel ventunesimo secolo non ci sia più spazio per le utopie fallimentari e ritengo che al tramonto delle ideologie debba seguire un’alba utilitaristica.
Nove anni fa osservavo con stupore l’interfaccia di Napster e già allora ritenevo che il CD fosse destinato a creare un mercato di collezionisti sulla falsariga di quanto era già successo per il vinile. Ormai credo che il CD sia obsoleto, tuttavia cerco di acquistare i dischi che apprezzo maggiormente ogniqualvolta le mie finanze me lo consentano. Senza l’ausilio di Internet la mia cultura musicale avrebbe avuto un volume minore e di conseguenza avrei investito quote inferiori di soldi e di tempo per apprezzare questa forma d’arte. Non sono un fautore del download selvaggio e anche nel peer-to-peer le mie scelte sono oculate. La grande mole di materiale che è a disposizione degli internauti può essere dispersiva per taluni, infatti mi chiedo che senso abbia oberare un disco fisso con un terabyte di dati che difficilmente potranno essere consultati. Mi sembra che il download talvolta perda la sua utilità materiale e diventi un aiuto psicologico con il quale certi utenti raggiungono il piacere del possesso, tuttavia sono felice che la pirateria aiuti a divulgare la cultura e non riesco a considerarla un reato mentre credo che vada stigmatizzato fortemente il dispotismo dell’industria dell’intrattenimento. Nell’ultimo album dei Prophilax, “Coito Ergo Sum”, è presente una traccia che s’intitola “Me Scarico Tutto” nella quale il gruppo capitolino affronta con la sua impronta inconfondibile il tema che ho preso in esame quest’oggi e data l’imminenza delle elezioni non posso fare a meno di citare un altro pezzo che si trova sul disco succitato: “Altri Cazzi, Stessi Culi”. Penso che esistano argomenti più importanti sui quali spendere qualche parola, ma dato che questo blog ha uno scopo prevalentemente introspettivo lascio ad altri l’onere di salvare il mondo tra un post e l’altro. Concludo questo breve scritto con una foto dei miei ultimi acquisti musicali.
Ieri pomeriggio ho avuto la fortuna e il piacere di parlare con un vecchio amico di mia madre di cui non ho avuto notizie per parecchi anni. Costui ha trascorso l’ultimo lustro in Francia, ma grazie alla sua professione ha visitato buona parte di questo pianeta e adesso possiede una miniera di esperienze che ha un valore inestimabile. Nonostante egli abbia il doppio dei miei anni i tentacoli della sua mente raggiungono molti interessi che attribuirei difficilmente a un cinquantenne e ammiro la capacità con la quale ha maturato il suo bagaglio culturale in mezzo ai sette mari: provo soltanto stima per individui di questo calibro. Prima di questa rimpatriata ho affrontato il mio percorso consueto e ho sudato per novanta minuti. Il mio ginocchio sinistro mi provoca qualche fastidio durante la corsa, ma per adesso posso continuare ad allenarmi. Ormai la mia resistenza ha raggiunto un livello che reputo ottimo, ma pretendo ancora qualcosa dal mio allenamento pesistico e non sono ancora pienamente soddisfatto della mia definizione addominale. Qualche volta utilizzo un cardiofrequenzimetro per tenere sotto controllo i battiti del mio cuore e quando osservo i valori sul display dell’orologio penso che non siano mai stati così elevati nei miei rapporti interpersonali. Il tempo continua a trascorrere: io lo seguo perché è inevitabile e piacevole.
Mancano sette giorni alle elezioni e non oso fare pronostici, inoltre se fosse possibile scommettere su un partito non farei neanche una puntata simbolica: la politica italiana è un gioco d’azzardo e il debito pubblico ne è il risultato. Dopo le votazioni si terrà un rinfresco che durerà per una legislatura e alcune persone telegeniche si spartiranno la torta degli interessi nazionali, ma l’elettorato continuerà a sperare che venga il diabete a chiunque prenda le fette più grandi e probabilmente non smetterà di patire l’amarezza dell’insofferenza. Attendo le votazioni per respirarne il clima mediatico, ma la mia curiosità astensionista è rivolta principalmente agli aspetti formali di questo evento politico. Credo che il mio interesse per l’attualità sia deprecabile e inutile, sebbene io non lo ritenga tanto sterile quanto l’atteggiamento fanatico di certi individui. Secondo taluni le schede elettorali sono confusionarie, ma nel caso in cui vengano ristampate penso che la prima tiratura possa essere riciclata in modo tale da fornire ai partiti il materiale cartaceo di cui necessitano per arricchire le loro liti in parlamento con il lancio di oggetti. Penso che la fiaccola olimpica avrebbe dovuto transitare in Italia per accendere l’ingegno di chi ha realizzato le schede elettorali, ma attualmente ha l’ingrato compito di alimentare le tensioni tra chi protesta per l’indipendenza del Tibet e chi, a mio avviso giustamente, sostiene il governo cinese.
L’astensionismo è criticato e temuto, ma io penso che sia l’arma più efficace per mostrare il proprio dissenso nei confronti di una classe politica che non è in grado di svolgere il suo ruolo. La mia sfiducia non è totale e tanto a destra quanto a sinistra apprezzo un esiguo numero di politici, ma ritengo che le loro capacità siano soffocate dalle esigenze dei partiti ai quali appartengono. Ancor oggi trovo che il qualunquismo sia più auspicabile e genuino d’ogni corrente politica che contribuisca alla desertificazione ideologica dell’Italia. Non ho mai esercitato il mio diritto al voto, ma spero che prima o poi una ventata di novità mi spinga a farlo. Nelle elezioni si tende sempre a votare il male minore, ma questo non può avvenire qualora gli aspetti negativi dei concorrenti si equivalgano. Non sono un seguace di Beppe Grillo e talvolta lo ritengo volutamente populista per deformazione professionale, ma penso che i suoi strali, le sue provocazioni e la sua controinformazione siano più utili all’Italia di tutti quei discorsi vetusti che vengono propinati, sotto una luce apparentemente nuova, dai candidati agli elettori. Ultimamente mi piace immaginare uno scenario fantapolitico nel quale un alto dirigente dell’antimafia riesca a compiere un golpe con l’appoggio delle forze dell’ordine per combattere duramente la criminalità organizzata e per imporre alla società italiana le regole della meritocrazia.