13
Ott

La morte della madre

Pubblicato lunedì 13 Ottobre 2008 alle 03:51 da Francesco

La mia vita procede bene e il mio equilibrio è ancora intatto, ma prima o poi dovrò affrontare gli eventi ineluttabili del tempo. Non temo il futuro perché conosco alcune cose che mi attendono e mi sono già preparato ad accoglierle. In “La Masturbazione Salvifica: Diario Agiografico Di Un Onanista” ho effettuato qualche volo pindarico sull’avvenire e anche questo ha contribuito a suggellare l’efficacia del mio lavoro introspettivo. Penso che sia fondamentale comprendere la finitezza dell’uomo. Io non sono immortale. Invecchierò, mi ammalerò e lascerò questa valle di lacrime, ma spero che tutto questo avvenga molto tardi perché io amo esistere. È possibile che la mia dipartita venga anticipata da una malattia grave o da un incidente mortale, tuttavia anche in questo caso faccio un massaggio apotropaico ai coglioni e mi auguro che nulla di tutto questo mi accada per il solito motivo: la mia venerazione nei confronti della vita. C’è un’onda d’urto che mi attende nel futuro e si tratta della morte di mia madre. Quando ero un bambino temevo che la mia genitrice potesse defungere improvvisamente ed ero terrorizzato da questa evenienza perché pensavo che nessun altro si sarebbe occupato di me, inoltre alcune storie di cronaca nera che udivo allora contribuivano ad alimentare le mie paure fanciullesche. Ormai sono adulto e vaccinato, ma so che la morte di una madre può avere un impatto emotivo molto forte sui figli e le depressioni profonde di alcune persone mi hanno fornito prove sufficienti al riguardo. Ho forgiato bene alcuni tratti del mio carattere e l’isolamento mi ha permesso di capire che non c’è nulla di tragico nel corso naturale delle cose, ma voglio rinforzarmi ulteriormente e per questo motivo una delle mie prossime letture sarà: “Attaccamento e Perdita. La perdita della madre” di John Bowlby. Il libro in questione è il terzo di tre volumi di psicologia che affrontano il tema dell’attaccamento, della separazione e della perdita della madre. Anche per un profano come me questi testi risultano utili e ho avuto modo di sperimentarne l’efficacia quando ho deciso di cominciare ad articolare la mia introspezione. Fatta eccezione per mia madre, sono abituato a vivere senza legami affettivi e di conseguenza posso elaborare ogni lutto senza troppi problemi. Non vorrei sembrare distaccato e freddo, ma la mia scrittura è monogama e le parole sono puttane. Trovo paradossale e magnifico che la mia ignoranza sentimentale abbia accresciuto la mia consapevolezza esistenziale. Potrei supporre che la sofferenza acuisca la mente e devo ammettere che in alcuni casi condivido questa ipotesi, ma non ho mai subito grandi dolori finora e credo che l’andamento ripetitivo della mia vita sia stato un humus perfetto per la crescita spontanea di una serenità rigogliosa.

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8
Ott

Basilare

Pubblicato mercoledì 8 Ottobre 2008 alle 17:00 da Francesco

Una parte consistente del mondo è scosso dalle guerre e dalle crisi finanziarie, tuttavia evito di affrontare questi temi perché non ne sono in grado. Non ho nozioni di economia né di geopolitica che mi permettano di costruirmi opinioni serie su tali questioni e mi chiedo se queste conoscenze si trovino nel bagaglio culturale di quelle persone comuni che dissertano animatamente su argomenti di rilevanza globale. In passato ho già evidenziato in modo analogo la mia incapacità di valutare l’operato dei governi e ho tratto la consapevolezza dei miei limiti giudicativi dalle riletture di alcune delle mie annotazioni. Mi sono accorto che nel migliore dei casi i miei punti di vista su determinate tematiche erano fondati sulla mia visione del buon senso, ma spesso non erano sorretti da una conoscenza approfondita del caso che avevo preso in esame né della sua area d’interesse. Ho notato che alcune delle mie argomentazioni potevano sembrare ragionevoli grazie alla forma con cui le avevo elaborate, ma di fatto erano il prodotto di un qualunquismo aggettivato. Io riconosco l’autorità dello Stato perché le alternative al suo potere sono spaventevoli: in questo senso il “Leviatano” di Hobbes per me è stato fondamentale e l’ho trovato molto attuale su altri temi. Se fossi meno lungimirante probabilmente depennerei alcune delle cose che ho scritto in passato, tuttavia preferisco conservarle come memento per il futuro. Mi occupo di me stesso perché non ho la formazione né l’esperienza per interessarmi attivamente ad altro e anche per questo motivo ritengo che il mio posto nel mondo del lavoro possa trovarsi soltanto nella manovalanza. Intendo ridurre radicalmente le mie opinioni e svincolarle da qualsiasi parvenza di solidità; preferisco farmi investire dall’informazione senza restarne vittima. Non voglio e non posso concedermi il lusso di perdere il contatto con la realtà, ma punto ad avere un atteggiamento molto distaccato nei confronti di ciò che non è in mio potere e sotto molti aspetti penso di essere vicino a questo obiettivo. Suppongo che un atteggiamento simile possa liberarmi da ragionamenti inutili poiché non rivesto una carica pubblica, ma ciò non vuol dire che io debba rinunciare alle mie preferenze o alle riflessioni sulle scelte che compio. Insomma, voglio concentrare il raggio d’azione delle mie parole su questioni personali e continuare a seguire gli sviluppi di questo pianeta senza sentirmi coinvolto. Immagino che i cambiamenti avvengano tramite idee buone e il denaro per concretizzarle, ma io non ho nulla di tutto questo e non possiedo neanche un’inclinazione imprenditoriale.

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6
Ott

Un apolide metafisico

Pubblicato lunedì 6 Ottobre 2008 alle 03:30 da Francesco

Recentemente ho finito di leggere “Un apolide metafisico” di  Emil Cioran. Conoscevo già da diversi anni lo scrittore rumeno e avevo letto alcuni dei suoi aforismi, ma non mi ero mai deciso a prendere in mano una delle sue opere. Il libro in questione è una raccolta di interviste illuminanti che mi ha esaltato. Condivido una parte del pensiero di Cioran, tuttavia la mia visione delle cose è molto differente. Non apprezzo il modo in cui egli abbraccia il fatalismo, ma adoro la genialità e l’irriverenza con cui lo presenta. Mi piacciono le parole che spende sulla noia e in particolare quando affranca questo sentimento da qualsiasi legame con l’ozio, ma preferisco citare il passaggio di una sua intervista per cristallizzare questo punto: “Non è la noia che si può combattere con le distrazioni, la conversazione o i piaceri, è una noia che si potrebbe definire fondamentale; e che consiste in questo: più o meno bruscamente, a casa propria o in casa d’altri, o davanti a un bellissimo paesaggio, tutto si svuota di contenuto o di senso. Il vuoto è in noi e fuori di noi. L’intero universo è annullato. E niente più ci interessa, niente merita la nostra attenzione. La noia è una vertigine, ma una vertigine tranquilla, monotona; è la rivelazione della futilità universale, è la certezza, spinta fino allo stupore o fino alla chiaroveggenza suprema, che non si può, non si deve fare niente né in questo mondo né in quell’altro, non esiste al mondo niente che possa servirci o soddisfarci. A causa di questa esperienza – non costante ma ricorrente, dato che la noia viene per accessi, ma dura molto più a lungo di una febbre – non ho mai potuto fare niente di serio nella vita. Per la verità, ho vissuto intensamente, ma senza mai potermi integrare all’esistenza. La mia marginalità non è fortuita, ma essenziale. Se Dio si annoiasse, rimarrebbe pur sempre Dio, un Dio, però, marginale”. Penso di conoscere la noia di cui parla Cioran e credo di averla vissuta, ma nella sua descrizione ravviso un’insofferenza che ormai non avverto più da molti anni. Io vivo il mio vuoto come una manifestazione sublime della vita e non dipingo l’esistenza con tonalità oscure perché la considero un’evoluzione libera e imprevedibile come descritta da Henri Bergson. Approfitto di questo argomento per lasciare un ulteriore appunto che non si discosta troppo da quanto ho scritto e citato finora. Mi rifiuto di affidare me stesso agli esiti delle mie imprese. Intendo dire che non sono disposto a mutare il mio umore in base ai successi o alle disfatte  e per questo motivo ho fatto molti sforzi per raggiungere un equilibrio che sia a monte di tutto questo. Certo, verso anch’io i miei tributi emotivi, ma sono congrui alle circostanze e non mi travolgono né positivamente né negativamente. Prima di concludere voglio fare un passo indietro. I cardini di Cioran non sono molti e lui stesso afferma in un’intervista contenuta in “Un apolide metafisico” che il suo primo libro contiene già molto di quello che si trova nelle sue opere seguenti, tuttavia è difficile riassumere questa grande mente del novecento.

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3
Ott

Dio cane

Pubblicato venerdì 3 Ottobre 2008 alle 16:41 da Francesco

Finalmente posso vantare un appunto il cui titolo mi faccia esclamare “bonjour finesse”. Qualche mese fa ho incontrato un vecchio compagno di scuola e questi mi ha chiesto se studiassi ancora a Milano. Io l’ho guardato un po’ perplesso e poi gli ho detto che sono stato soltanto un paio di volte nel capoluogo lombardo, ma lui ha insistito: “Mi ha detto I. B. che studi a Milano, all’università, ti ha visto”. Certo, come no, alla Bocconi magari, per imparare qualcosa sulla finanza creativa. I. B. è stata una mia compagna di scuola, ma non ho un buon ricordo di lei. Sfoggiava spille di dubbio gusto e combatteva per la pace nel mondo, ma suppongo che la sua lotta iniziasse e finisse con le oscillazioni di una bandiera sulla quale campeggiavano i colori dell’arcobaleno. Mi piace pensare che I. B. sia l’acronimo di indomita bagascia o incredibile beota, ma non ho motivi sufficienti per fantasticare in modo offensivo sul suo nome. Credo che l’immaginazione superi la realtà e talvolta penso che riesca persino a doppiarla. Mi mancava il titolo di universitario nella collezione di frottole che riguardano la mia persona e quest’ultima conquista va ad aggiungersi alle altre qualifiche che ho ottenuto finora: nazista, satanista, frocio, affiliato alla camorra, albergatore ed eremita. Insomma, ho tutte le carte in regola per diventare un cardinale papabile. Non ho intenzione di indagare su questa faccenda dato che sarei disposto a farlo esclusivamente con l’ausilio della Gestapo e in fondo simili sciocchezze mi offrono delle buone scuse per divertimi con le parole, sebbene mi fossi ripromesso di abbandonare un certo stile. Credo che il bisogno di decorare le vite degli altri con le proprie fantasticherie abbia qualcosa in comune con la spettacolarizzazione esasperata di certi eventi.

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2
Ott

Indefinito

Pubblicato giovedì 2 Ottobre 2008 alle 21:25 da Francesco

Una monaca anziana uscì lentamente dalla porta principale di un convento fatiscente e iniziò a dirigersi verso di me con il capo chinato. Io rimasi immobile e aspettai che la devota mi raggiungesse. Mi trovavo in mezzo all’erba alta di una prateria rigogliosa e sapevo di essere lontano da casa, ma non conoscevo l’ubicazione di quest’ultima e ignoravo l’esistenza di qualsiasi strada. Il mio nome era trasportato da un alito di vento e lo sentivo echeggiare in continuazione senza avvertire alcuna forma di disagio. Non ero spaventato, ma ero inconsapevole. Mi accorsi nuovamente della monaca quand’essa si fermò a pochi centimetri da me, tuttavia mantenni la mia immobilità senza batter ciglio e non feci domande a me stesso né alla donna. L’anziana alzò il capo e tra le sue rughe vistose intravidi un sorriso inebetito. Dopo alcuni secondi costei mi mostrò le sue mani lievemente insanguinate e compì questo gesto senza mutare espressione né la traiettoria del suo sguardo. All’improvviso alzai la testa verso il cielo e lo stupore mi costrinse ad aprire la bocca. Uno stormo di cacciabombardieri passò sopra di noi a bassa quota e l’ombra della formazione aerea attraversò la prateria verdeggiante. Abbassai la testa per qualche secondo e notai che la monaca non aveva mutato la sua espressione, ma le sue mani erano linde e assomigliavano a quella di una giovane pianista. Scattai senza proferire parole e cercai di inseguire le ombre degli aerei, ma la mia corsa si arrestò sull’orlo di un precipizio. Guardai verso il basso e scoprii una città completamente bianca. Le strade sembravano pavimentate con il marmo e ogni edificio era una scultura irripetibile.

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1
Ott

Esordio ottobrino

Pubblicato mercoledì 1 Ottobre 2008 alle 21:06 da Francesco

Non cerco risposte, ma analizzo volentieri quelle che mi dà il corpo. Da alcuni mesi ho diminuito le mie sessioni ciclistiche per concentrarmi sulla corsa, ma questo cambiamento progressivo non è stato dettato da una velleità agonistica. Quasi due anni fa non riuscivo a correre con continuità poiché dopo una settimana di sforzi podistici avvertivo puntualmente dei problemi al ginocchio sinistro, ma non ho mai capito se la parte interessata fosse il tendine rotuleo o il menisco e anche questo fatto ha contribuito a farmi salire sulla sella di una mountain bike. Non avverto più i problemi di un tempo e posso affermarlo con certezza poiché corro con una buona costanza dall’inizio dell’estate. L’attività fisica è una comprimaria indispensabile per il mio equilibrio e non mi stancherò mai di ripeterlo. Il percorso che affronto abitualmente si snoda per quasi sedici chilometri¹ e lo percorro con una media di tredici chilometri orari. Senza stressare eccessivamente il mio fisico riesco a coprire la distanza di un chilometro in circa quattro minuti e mezzo. Il mio ritmo non è da maratoneta, ma è tutt’altro che blando e mi permette di correre anche sei volte alla settimana senza accusare fatiche o dolori rilevanti. Ho aumentato ulteriormente il mio benessere psicofisico perché amo la vita in quanto tale. Credo che la mia esistenza finora sia scindibile in due parti. In un primo tempo la timidezza adolescenziale mi ha tenuto lontano dai circoli viziosi del mondo e in seguito la rivoluzione della mia volontà mi ha consentito di modellare la mia esistenza sana. Sono così appagato che non sento pressioni particolari. Non ho bisogno di raggiungere obiettivi e la mia mancanza di propositi non è quella che può essere ravvisata in un derelitto, ma è la conseguenza idilliaca di un individuo che adora l’esistenza al di là delle sue definizioni ingannevoli ed è consapevole del mondo che lo circonda. Credo che il vuoto sia qualcosa di stupendo qualora non sia compenetrato dalle banalità nichilistiche. Ho sempre cercato di fuggire dalla mediocrità e ci sono riuscito, ma la mediocrità a cui mi riferisco non è quella che taluni affibbiano ai loro simili dopo essere saliti su un piedistallo instabile. Non posso giudicare scientemente le scelte altrui e queste non condizionano la mia esistenza, infatti la mediocrità che io ho sempre chiamato in causa è la mia mediocrità potenziale e con questo mi riferisco all’evenienza delle debolezze etiche, dove a “etica” attribuisco il significato aristotelico, ovvero la scelta di ciò che è bene per me stesso in quanto uomo. Adopero lo stesso impegno per mantenere alta la mia attenzione e anche per questo motivo porto avanti una pulizia etnica nei confronti dei refusi che talvolta lascio cadere su queste pagine: è un esercizio utile che non influenza soltanto la scrittura.

1. In precedenza credevo che fossero quattordici chilometri, ma dopo una misurazione con Gmaps ho constatato che la lunghezza effettiva del percorso è di quindici chilometri e ottocento metri.

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26
Set

Carmelo Bene ’94

Pubblicato venerdì 26 Settembre 2008 alle 02:55 da Francesco

Voglio enfatizzare questo periodo di silenzio con un appunto fantastico. Diversi anni fa passai una nottata magnifica di fronte al televisore e restai incantato a guardare due repliche del Maurizio Costanzo Show che avevano come protagonista Carmelo Bene. Non ho il retroterra culturale per comprendere Bene e me ne rendo conto ogni volta che lo ascolto e lo vedo. Ci sono citazioni che non colgo e concetti che non afferro, ma non escludo che sia fuorviante ed erroneo il proposito di capire ciò che non esiste. Non sono mai stato attratto dal teatro e per questo motivo mi interessa ciò che Bene ha detto al di fuori di quest’ultimo (ammesso che sia possibile una divisione di questo tipo). Non voglio cadere nell’idolatria perché sarebbe ingiustificata e irriguardosa, infatti ho premesso di non avere i mezzi per comprendere né per non comprendere Bene. Mi limito a ricordare quella notte di diversi anni fa con un video che a sua volta replica una parte della replica a cui ho assistito, ma prima annoto alcuni passaggi di questo estratto dato che i video posso scomparire da un giorno all’altro. In questo caso credo che decontestualizzare le frasi che seguono sia un atto di vandalismo, ma non me ne pento.

“Il non capire non è prerogativa degli scemi, non è il privilegio dell’idiota, è l’abbandono”

“Essere nell’abbandono non significa essere deficienti, significa non esserci, smarrire, non essere più in casa, maledette le case, le famiglie, le mogli, i padri, i figli, lo Stato, l’anima”

“Facciamola finita con questa fine perché la fine e il principio sono la medesima cosa, siamo sempre nell’origine, siamo sempre nel senso di colpa, siamo sempre nella parola”

“Bisogna fare di sé dei capolavori”.

“L’istruzione obbligatoria? Ma cos’è la Siberia, ma perché bisogna istruirsi?”

“Quando la minchia diventa tanta non c’è più perché non c’è culo che la ospiti”.

“Lei deve parlare ancora? Ha parlato?”

“Non sono dei calembours questi, sono schiaffi alla vita puttana e mediocre”

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11
Set

Home sweet home

Pubblicato giovedì 11 Settembre 2008 alle 21:32 da Francesco

La mia trasferta a Montepulciano è andata bene, ma ho riportato qualche conseguenza. Sono montato in sella attorno alle 8:45 e sono giunto a destinazione verso le 18:10. Questa volta sono partito da Ansedonia e ho raggiunto Orbetello per immettermi sull’Aurelia, ma ho abbandonato quest’ultima in località “La Parrina” per dirigermi verso Magliano In Toscana e successivamente: Pereta, Scansano, Poggioferro. Ho fatto la prima sosta vicino a un bivio che si trova dopo Murci. Ho proseguito fino a Roccalbegna dove mi sono fermato nuovamente per comprare un po’ di cibo che ho consumato qualche chilometro dopo in uno spiazzo ombreggiato. In seguito ho attraversato diversi comuni e le relative frazioni con qualche pausa di tanto in tanto per bere. Le mie gambe sono entrate in crisi sulla salita di Vivo D’Orcia, ma tra una bestemmia mentale e l’altra sono arrivato fino a Campiglia D’Orcia e da quest’ultima mi sono goduto la lunga discesa che mi ha portato sulla Cassia. Questa volta non sono passato per Chianciano come nella precedente occasione, ma ho affrontato la salita che porta a Pienza e questo tratto per le mie gambe è stato un calvario. Quando ho raggiunto Montepulciano mi sono sentito sollevato e ho terminato il mio itinerario a Gracciano. Un’amica di mia madre e sua figlia mi hanno ospitato per due giorni e oggi ho deciso di tornare a casa, ma ho preso il treno dato che per recuperare le forze necessarie per compiere il percorso inverso sarei dovuto restare un po’ di più in quel paesino dell’entroterra toscano. La mia mountain bike si è comportata egregiamente e mi ha facilitato la vita rispetto alla volta precedente, ma il caldo non mi ha dato tregua. Ho qualche scottatura in testa, sulle braccia e sulle cosce. Prima di partire ho dimenticato di cospargere sul mio corpo una crema protettiva e adesso la mia carne è bicolore: bianco e rosso. Se fossi un tifoso del Grosseto potrei andare allo stadio senza bandiera. Sono soddisfatto di me stesso e seppur di poco ho stabilito il mio nuovo record personale per quanto riguarda la distanza percorsa in mountain bike in un solo giorno. Qualcuno mi ha detto che dovrei usare una bici da corsa, ma io adoro la mountain bike e la uso su percorsi asfaltati per compiere un atto di arroganza nei confronti della fatica. Un amico di mia madre mi ha parlato di una strada alternativa attraverso la quale avrei potuto raggiungere Montepulciano senza passare in prossimità del Monte Amiata; forse la farò in futuro. Probabilmente non ripeterò mai più il percorso amiatino perché mi porta pericolosamente al limite delle mie capacità fisiche. In queste circostanze io ottengo sensazioni estatiche sotto una cascata di endorfina. I pensieri che mi hanno accompagnato, la fatica che ho provato e gli scenari che ho visto sono una parte di me. Io non ho semplicemente pedalato, ma ho inciso nella mia storia personale un altro momento splendido e questo vale più di ogni parola. Sono contento e penso che su queste pagine possa ricominciare il turno del silenzio.

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9
Set

On the road

Pubblicato martedì 9 Settembre 2008 alle 08:43 da Francesco

Se fossi un credente direi: “Che Dio me la mandi buona”. Non sono un individuo superstizioso e confido soltanto nelle mie capacità. Mi appresto ad affrontare questo percorso per la seconda volta dopo dieci mesi: in questo arco di tempo le mie prestazioni sono migliorate e dispongo di una mountain bike più efficiente di quella che ho utilizzato la prima volta. La solitudine aumenta a dismisura il fascino di questa sfida. A mio avviso si tratta di un confronto tra l’uomo e la natura: un’occasione per avvicinarsi concretamente al titanismo romantico senza raggiungere la disfatta. Spero di non lasciare questa valle di lacrime perché non riesco a immaginare un posto migliore nel quale ridere.

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29
Ago

Standby

Pubblicato venerdì 29 Agosto 2008 alle 22:51 da Francesco

Mi sono reso conto che attualmente non ho granché da appuntare su queste pagine e ho deciso di lasciarle impolverare per un po’ di tempo. In questi anni la scrittura mi ha aiutato enormemente, ma ormai il suo aspetto terapeutico è terminato e io padroneggio la mia esistenza con maestria. Avrei voluto utilizzare queste pagine per archiviare alcune annotazioni delle mie letture, ma alla fine ho deciso di non lasciarmi dominare dall’attaccamento affettivo che provo nei confronti di questo spazio virtuale. Credo che il mio lavoro introspettivo abbia dei punti in comune con il fine antropologico di 7up. 7up è un programma televisivo che da diverse decadi segue la crescita di alcune persone e si sviluppa con delle interviste che avvengono ogni sette anni. Il programma sostiene che il futuro dei protagonisti sia determinato dalla loro estrazione sociale, ma questo assunto non mi interessa particolarmente e non lo condivido in pieno. Il mio carattere non è cambiato molto da quando ero un bambino e io mi sento sempre la stessa persona, ma è mutato radicalmente il modo in cui guardo me e le mie azioni. Mi sto allontanando dalla scrittura perché non ne ho più bisogno e non riesco a trarne lo stesso piacere di un tempo, invece la lettura mi aggrada ancora e probabilmente non l’abbandonerò mai. Credo che a suo modo la scrittura sia una forma di rumore e per adesso non ho più voglia di fare chiasso. Ho trovato un luogo ideale per vivere e trascorrerò il prossimo inverno e il resto della mia vita nella campagna che circonda il mio comune. Mi ricongiungerò per brevi periodi al caos cittadino quando deciderò di compiere un viaggio in qualche grande metropoli. La mia vita non è cambiata esteriormente e sono ancora un individuo che abbraccia con passione la propria solitudine, ma la consapevolezza che mi anima è la più grande risorsa di cui io abbia bisogno per campare felicemente. Queste pagine non sono soltanto un documento introspettivo, ma attestano una forma di felicità che è alla portata di chiunque e rappresentano un manifesto personale che non può essere intaccato dalle mie menzogne né da quelle di terze persone. Immagino che questa scelta faccia parte di un meccanismo ciclico, perciò in futuro mi aspetto di scrivere nuovamente con la costanza che mi ha contraddistinto in passato. Ho demolito buona parte del mio Ego e non mi resta che salire sulle sue rovine per respirare un’aria nuova. Non voglio nulla di particolare e continuo a sentirmi bene. Sono lontano da ciò che allontana dalla serenità e intendo accentuare la mia posizione eremitica. Adesso è il turno del silenzio, ma anche quest’ultimo avrà una fine.

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