27
Dic

Ed Wood

Pubblicato sabato 27 Dicembre 2008 alle 18:26 da Francesco

Mi sento ritardato ogniqualvolta io mi trovi ad appuntare le mie impressioni su un film. Il mio interesse per il cinema è sempre stato moderato e non ho mai cercato di intensificarlo, ma è il mio modo di scriverne che mi lascia perplesso. Qualche giorno fa ho visto questa pellicola che prende il nome dal regista statunitense di cui narra la vita professionale. Ed Wood è considerato il director peggiore che sia mai esistito e la sua inettitudine cinematografica è testimoniata ancora dai b-movies che ha lasciato in eredità al genere umano prima di affogare nell’alcol, ma proprio queste opere di scarso valore lo hanno reso così speciale. Questo è il primo film con Johnny Depp che sono riuscito a vedere per intero e devo ammettere che la sua interpretazione mi è piaciuta molto, inoltre ho avuto la possibilità di scoprire la figura di Bela Lugosi che è rappresentata in modo stupefacente da Martin Landau. Nel cast compare anche Sarah Jessica Parker che io ricordo sempre per “Sex and The City” e per un altro teen movie di cui non ricordo il nome e nel quale recitava accanto a Helen Hunt. Per quanto mi riguarda “Ed Wood” è un bel film che non fa pesare affatto le due ore della sua durata e dai riconoscimenti che ha ricevuto pare che io non sia il solo a pensarla in questo modo. Ritengo che l’uso del bianco e nero sia stata un’ottima scelta per ricreare con maggiore fedeltà l’atmosfera originale in cui Ed Wood ha partorito gli obbrobri che in seguito sono stati rivalutati. Pare che con il tempo i b-movies acquistino valore e anche in Italia è accaduto qualcosa del genere con il revival dei film in cui figuravano Alvaro Vitali, la Fenech, Gloria Guida, Lino Banfi, Abatantuono, Mario Brega e tutti coloro che hanno fatto parte (alcuni non esclusivamente) del cosiddetto cinema di second’ordine.

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23
Dic

Panegirico abituale

Pubblicato martedì 23 Dicembre 2008 alle 20:06 da Francesco

Non festeggio il Natale e non faccio regali, però acquisto doni per me stesso e anche quest’anno ho deciso di comprarmi qualche disco per ampliare la mia collezione. Di solito mi procuro le copie originali di alcuni dischi che in un primo tempo scarico dalle reti peer-to-peer e di cui in seguito vaglio l’acquisto: credo che l’arte vada rimunerata quando sia possibile farlo. Mi sembra che la temperatura non sia scesa molto dalle mie parti. Giro in maniche corte anche d’inverno e ogni tanto qualcuno mi osserva con perplessità. Durante il mio viaggio in Giappone ho indossato il giubbotto per l’ultima volta, ma nella mia patria natia sono tre anni che non lo porto e tutt’al più mi metto una felpa. Riesco a tollerare abbastanza bene il freddo moderato della mia zona, tuttavia devo ammettere che le mie mani subiscono maggiormente il clima invernale rispetto alle altri parti del corpo. Non ho progetti per il nuovo anno. Considero gli ultimi trecentosessantacinque giorni piuttosto buoni e non mi auguro nulla di speciale per i prossimi dodici mesi. Non desidero niente di particolare. Suppongo che continuerò a spendere il mio tempo libero in tutte quelle attività che hanno coltivato in me una serenità spontanea. I progressi che mi attendono non sono deputati a colmare le mie lacune, ma produrranno un arricchimento interiore che difficilmente potrò considerare fondamentale. Se stessi giocando una mano di poker direi senza bluffare: “Servito”. La mia esperienza mi ha insegnato a non dare credito a chi tenti di parlare della vita in modo oggettivo e per questa ragione ho evitato due delle più grandi disgrazie che avrebbero potuto colpirmi, ovvero la disponibilità ad accettare gli insegnamenti fallaci di qualcuno e la pretesa ignobile e ingannevole di insegnare a mia volta qualcosa ad altre persone. Io non credo che per imparare da sé stessi occorra imprimere le proprie idee nell’approvazione esterna e scorgo una forte insicurezza o un’intenzione truffaldina in chiunque si reputi in grado di indicare a qualcun altro il modo in cui vivere. A me pare che molte cose siano più semplici di quanto vengano descritte da coloro che vogliono trascinare i loro simili nella tristezza e nelle difficoltà per non sentirsi soli negli stati depressivi. Capisco che il vuoto possa sembrare terrificante e so che in alcuni giorni il passaggio del tempo possa risultare quasi intollerabile, ma tutto ciò non giustifica l’inquinamento morale che si snoda dai discorsi subdoli di chi è prigioniero di sé. Penso che sia difficile dare il giusto peso alle parole degli altri e io ritengo che per quanto possibile sia meglio non darne alcuno. Le difficoltà artefatte non esercitano alcuna attrattiva su di me.

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20
Dic

Una corsa imperturbabile verso il pronto soccorso

Pubblicato sabato 20 Dicembre 2008 alle 01:28 da Francesco

Ieri sera mia madre ha avuto una reazione allergica piuttosto forte e l’ho dovuta portare al pronto soccorso mentre lamentava difficoltà a respirare, ma il suo malore improvviso non mi ha spaventato e non mi sono scomposto. Ho guidato fino all’ospedale della mia cittadina senza provare agitazione né timore, ma sono stato freddo ed efficiente. Sono contento di essermi trovato in una circostanza del genere poiché ho avuto la possibilità di confermare a me stesso ciò che ho sempre sostenuto sul mio sviluppo interiore e adesso mostro la mia contentezza per questo risultato senza nascondermi dietro alcuna forma di ipocrisia. Ovviamente non desidero che mia madre si senta male e sono pronto ad aiutarla ogniqualvolta ne abbia bisogno, tuttavia ieri sera ho provato una sensazione stupenda perché ho dimostrato a me stesso di non temere la morte. Sono rimasto estasiato dalla mia capacità di estraniarmi interiormente da eventi in cui dovrei essere succube dell’emotività. Forse più che un figlio sono stato un barelliere in fase di pensionamento, ma non vedo nulla di sconcertante in tutto questo: a me non piacciono i cappi né i cordoni ombelicali. Io sono in grado di elevarmi al di sopra di ogni legame emotivo senza pregiudicare la mia sensibilità e finalmente ho verificato in circostanze reali uno degli obiettivi della mia introspezione. Le mie parole non sono più tali, ma sono diventate le gregarie di un dato di fatto e ne sono felice. Quanto ho scritto finora può sembrare cinico e provocatorio, addirittura fastidioso, ma si tratta di un’analisi lucida. Mi fa piacere prodigarmi per qualcuno, ma sono più contento per il distacco che impregna il mio aiuto e penso che quest’ultimo venga impreziosito moralmente dal mio modus operandi poiché rasenta il disinteresse. L’omissione di soccorso è un reato, ma la legge non prevede ancora pene per l’assenza di coinvolgimento o suggestione nei casi in cui un individuo presti assistenza a un suo simile. L’autocontrollo è uno strumento meraviglioso, tuttavia può essere usato anche per bloccare del tutto la propria sensibilità e questo è un pericolo dal quale mi guardo attentamente. Per me le dimostrazioni di affetto non sono debolezze, ma a mio avviso lo possono diventare qualora siano estorte da eventi improvvisi invece di essere esternate con lo stesso vigore nei momenti di quiete. Io non soffro di quell’attaccamento alla madre che specialmente all’estero viene attribuito agli italiani e anche se sono grato a colei che mi ha cresciuto la mia interiorità non dipende dalla sua longevità. Io credo che i legami consanguinei non debbano essere idealizzati né caricati di significati eccessivi e per questo motivo ho affermato in altre occasioni che secondo me la portata reale dei propri sentimenti può essere dimostrata soltanto nel rapporto con un partner o in quelle circostanze che trasformano gli esseri umani in eroi. È molto facile confondere ciò che intendo con un atteggiamento falso o duro, ma il suo punto di forza è la spontaneità e se non fosse così si tratterebbe semplicemente di un meccanismo difensivo della mente per eludere i pericoli di situazioni incontrollabili. Non ho mai amato nessuno, ma so da molto tempo di essere in grado di farlo; non ho mai provato una paura profonda e ieri sera ho capito che posso sostenere molti eventi con agevolezza grazie al mio lavoro introspettivo. L’importanza di questo appunto non si trova nelle parole che lo rendono intelligibile, ma nei fatti che assommandosi mi hanno dato conferme meravigliose.

Immagini di h.koppdelaney
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15
Dic

Adagio ma non troppo

Pubblicato lunedì 15 Dicembre 2008 alle 19:43 da Francesco

Ho notato che negli ultimi mesi il tono dei miei appunti è stato più frivolo del solito. Credo che il predominio della leggerezza nei miei scritti sia una prova ulteriore del mio distacco dalle problematiche comuni. Non sento più la necessità di affrontare alcuni argomenti, tuttavia l’assenza di questo bisogno non mi preclude la possibilità di trattare nuovamente quei temi che ho pacificato dentro di me attraverso l’introspezione. I miei giorni trascorrono senza intoppi e la loro vitalità è variabile, ma non scende mai sotto il livello di guardia. Non sono un derviscio e piuttosto che ruotare su me stesso preferisco lasciare ai miei coglioni il compito di girare, ma le polemiche puerili e qualche mia battuta infelice non compromettono la struttura portante della mia esistenza. In passato il mio tallone di Achille era costituito dalle mancanze affettive e in particolare dalla mia estraneità all’amore, ma ho superato questo scoglio anche se la mia vita privata non ha avuto ancora la sua genesi e difficilmente ne avrà una. Per me è stato piuttosto arduo riuscire a impedire che l’assenza di emozioni mutue desertificasse le mie capacità empatiche, tuttavia mi sono lasciato alle spalle anche questo ostacolo e il tempo ha giocato un ruolo fondamentale per l’ottenimento di un simile successo. Le difficoltà appaiono magnifiche quando perdono il loro aspetto spaventevole. La mia lotta interiore è iniziata alcuni anni fa sotto i migliori auspici e penso che ormai si sia conclusa con un vittoria ampiamente prevedibile, ma non ho alcuna intenzione di allontanarmi da tutto ciò che mi ha permesso di superare la selezione naturale dell’interiorità. Non ho bisogno di gustare qualche aspettativa per addolcire il presente, tuttavia il futuro è sempre il benvenuto nel mio microcosmo. Ci sono delle parole che sento profondamente e voglio riportarle per concludere questo appunto. La citazione che segue non proviene da un guru canuto con la barba incolta né da un bohémien, ma appartiene a Franklin Delano Roosvelt: “L’unica cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa”.

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12
Dic

Sventolata lessicale

Pubblicato venerdì 12 Dicembre 2008 alle 03:47 da Francesco

Le parate sono frequenti e vengono celebrate con i colpi a salve di chiunque sappia sparare cazzate. Aiuto il vento e soffio anch’io contro il pessimismo artefatto che aleggia anche quando non è motivato. Non mi piacciono i Maya né le loro previsioni che talvolta vengono chiamate profezie. La dietrologia e il disfattismo impregnano i ragli insistenti di alcuni bestie da soma a cui la natura ha concesso la facoltà di esprimersi verbalmente. Trovo che la vita abbia un grande charme e per questo motivo ne sono attratto. Mi imbarazza chi denigra la propria esistenza senza un motivo valido e mi tengo a debita distanza dai servi dello sconforto gratuito: non voglio querimonie in omaggio. Qualcuno non desidera ricevere un presente sotto l’albero di Natale, ma si auspica che uno dei suoi nemici venga ritrovato impiccato a un ramo appesantito dagli addobbi. L’aria è sempre inquinata da un livello piuttosto elevato di aggressività e rancori, ma io spesso respiro altrove e guardo le lotte dei miei simili senza puntare neanche un centesimo sui loro esiti: preferisco scommettere sui combattimenti dei galli colombiani. Non chiedo di meglio, proprio come una madre che frequenti appassionatamente un amico del figlio. Il maltempo imperversa e grazie alla crisi globale sembra che piova sul bagnato, ma io non mi sono mai sentito così sereno e sospetto di non essere ancora giunto al limite di questa sensazione positiva. L’ora è tarda, un nubifragio scuote l’ambiente esterno e una gioia immotivata acuisce la sua presenza costante dentro di me. Potrei aggiungere qualcos’altro, ma secondo taluni io non sfrutto pienamente le mie capacità: non sono un approfittatore.

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5
Dic

Gerontocrazia di basso livello

Pubblicato venerdì 5 Dicembre 2008 alle 12:51 da Francesco

Il maltempo continua a imperversare sulla mia zona, ma non mi disturba affatto. Ormai il mio stato d’animo è immutato da molto tempo ed è completamente estraneo alle condizioni atmosferiche che continuano a flagellare l’Italia in questi primi giorni di dicembre. Credo che il benessere psicofisico sia uno dei più grandi obiettivi a cui si possa ambire e di conseguenza sono soddisfatto per averlo ottenuto nel corso del mio primo ventennio. Una volta ho letto un’affermazione che mi è piaciuta molto e più o meno recitava in questo modo: “Essere minorenni e avere un cervello che funzioni è come essere milionari”. Questa frase assomiglia a un ventaglio che ho tentato di aprire con la mia interpretazione. La minore età combacia con fasi evolutive piuttosto tumultuose, tuttavia i problemi di questo arco di tempo sono apparenti e consumano molte energie che potrebbero essere spese in modo più produttivo o semplicemente risparmiate. A mio avviso un cervello funzionante alleggerisce enormemente la vita e ne incrementa il vigore poiché non deve più occuparsi degli sprechi emotivi che spesso vengono imposti dalla debolezza, dall’ignoranza e dalla pigrizia. Le droghe, le religioni, Bacco, tabacco e venere sono semplicemente riserve di energia dalle quali attingono le fasce più deboli dell’umanità, ma in questo contesto gli appartenenti a queste fasce non sono classificabili come tali per estrazione sociale o culturale: il male sa essere anche meritocratico. In altre parole un diciassettenne è capace di ottenere quello che alcuni adulti non saranno mai in grado possedere: la serenità. Io aborro la gerontocrazia e penso che il rispetto per le persone più anziane non sia dovuto in maniera maggiore rispetto a quello che ognuno deve al suo prossimo per mantenere il quieto vivere. Un vecchio coglione rimane un vecchio coglione malgrado gli onori che vengano tributati alla sua persona e la forte personalità di un ragazzo imberbe non potrà mai essere decurtata malgrado l’opinione di chi lo circonda. Ovviamente anche un vecchio coglione per essere ancora tale deve essere stato un giovane coglione e di conseguenza non è detto che i ragazzi siano sempre migliori degli anziani, ma a mio avviso è fondamentale sottolineare quanto ciò sia possibile e si verifichi poiché qualche matusa o qualcuno che si appropria precocemente di questo titolo si illude che il nonnismo possa imperare al di fuori delle caserme. Queste parole assumeranno un valore ulteriore quando sarò canuto, ammesso che riesca a raggiungere l’età per diventarlo. Da una parte e dall’altra taluni sprofondano nel gap generazionale e ogni tanto è divertente assistere alle loro cadute. L’età conta poco.

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1
Dic

Play, pause, stop, rewind and forward

Pubblicato lunedì 1 Dicembre 2008 alle 17:25 da Francesco

La musica nutre il mio entusiasmo in modo considerevole e scavo continuamente nei generi che prediligo per favorire la mia esistenza. Esploro ancora il mondo della fusion e in particolare quella parte in cui l’accento jazz rock è più marcato. Non è un caso che i miei chitarristi preferiti siano Frank Gambale, Allan Holdsworth e John McLaughlin e sono contento di essere riuscito a vedere almeno gli ultimi due dal vivo. Ieri ho ascoltato l’album omonimo degli U.K. del 1978 in cui compare il succitato Holdsworth: una registrazione rock progressive fenomenale. Ultimamente ho apprezzato Jeff Richman con “Chatterbox”, Frank Briggs con “China Ranch” e Marc Norgaad con “Tolerance”, dischi fusion di grande caratura che vantano collaborazioni prestigiose. Un altro album di fusion che sento l’obbligo di citare è “Summerhill” di Dieter Ilg sul quale compaiono nomi di un certo calibro: Mike Stern (che ho visto dal vivo con gli Yellojackets), Randy Brecker (fratello dello scomparso Michael), Bob Berg (deceduto alcuni anni fa) e Peter Erskine. Nella fusion cerco un suono di classe che sia trascinante ed enfatizzi gli assoli di chitarra in un modo più efficace di quanto avvenga meccanicamente nello shred, ma ciò non mi porta a snobbare gli assoli di altri strumenti e durante le loro esecuzioni pongo la medesima attenzione. Per fortuna non si vive di sola fusion e per questa ragione sono contento di essermi deciso a riascoltare come si deve alcuni musicisti pop sui quali mi ero ripromesso di soffermarmi più attentamente di quanto avessi fatto durante il mio primo avvicinamento alle loro discografie. In primis voglio esprimere la mia ammirazione per Kate Bush poiché adoro il suo approccio sperimentale nei confronti della musica pop e dischi come “The Sensual World”, “The Kick Inside” e “Hounds of Love” per me sono delle pietre miliari che nelle ultime settimane ho ascoltato in più occasioni. Kate Bush è una donna enigmatica e la sua voce è tanto potente quanto evocativa, inoltre ritengo che i suoi testi abbiano un grande spessore, ma credo che anche in Italia via sia qualcuno del genere. Mi riferisco a Carla Bissi che al grande pubblico è più nota come Alice Visconti. È facile fare delle analogie tra Kate Bush e Alice poiché entrambe sono un po’ atipiche. Alice è famosa per le sue collaborazioni con uno dei miei artisti preferiti, Franco Battiato, di cui tra l’altro ha cantato diverse cover che sono uscite a distanza di anni su due dischi: “Gioielli Rubati” e “Alice Canta Battiato”. Credo che l’album “Azimut” di Alice sia candidato a diventare uno dei miei dischi preferiti poiché lo ritengo perfetto dall’inizio alla fine e tra tutte le tracce il mio orecchio predilige “Deciditi”. Alice ha una voce inconfondibile e un vibrato che mi fa impazzire, inoltre nella mia classifica personale è al top delle cantanti italiane e la preferisco persino a Mina sebbene quest’ultima possa essere grande anche intonando un testo estrapolato dalle pagine gialle. In ambito metal ho riscoperto alcuni dischi piacevoli e ne ho trovati altri più recenti. Ho avuto modo di apprezzare i Lethal sull’album “Programmed” e i Deadly Blessing su “An Eye To The Past”. I primi provengono dalla fine degli anni ottanta e suonano un ottimo heavy metal che si trova a metà strada tra i Crimson Glory e i Fates Warning mentre i secondi sono stati esponenti di spicco del metal cristiano e di loro apprezzo molto gli acuti del frontman Ski più che le parti strumentali. Per quanto riguarda il black metal ho avuto modo di apprezzare i Catamenia e gli Anorexia Nervosa su diverse registrazioni. Per alcuni anni ho snobbato la scena metal poiché non ravvisavo grandi uscite e ancor oggi ritengo che le nuove leve non siano all’altezza dei loro predecessori, perciò non è raro che io vada a cercare dischi del passato per sopperire alle pochezza attuale. Dovrei dilungarmi molto di più per trattare in modo compiuto le mie esperienze di ascoltatore, tuttavia non ho intenzione di farlo perché non voglio redigere un blog musicale: mi accontento di lasciare qua sopra qualche pillola come fanno certi loschi figuri che ne adagiano alcune sulle mani dei loro acquirenti tossicomani. Concludo con il video di “Running Up That Hill” di Kate Bush.

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29
Nov

L’ufficio stampa del governo interiore

Pubblicato sabato 29 Novembre 2008 alle 11:50 da Francesco

Penso che il titolo di questo appunto definisca bene il ruolo secondario dello spazio virtuale sul quale mi trovo a scrivere abitualmente e non sento il bisogno di precisare per l’ennesima volta il compito preminente di queste pagine. È da un bel po’ di tempo che mi sento a capo della mia vita e la gestisco come se fosse una repubblica fondata sui cazzi miei. La mia politica estera non intrattiene molti rapporti diplomatici e ha una inclinazione autarchica che contraddice il suo scopo, tuttavia mantengo ordine e disciplina nelle questioni interne. Stanzio fondi per un numero limitato di cose: dischi, concerti sporadici (poiché molti artisti che vorrei vedere dal vivo sono morti e sepolti), qualche panino occasionale al mio autogrill preferito e la benzina che consuma la mia auto per raggiungere l’autogrill succitato. Non ho un programma missilistico perché il mio pene è piuttosto ridotto, ma investo pesantemente nella ricerca di carta igienica per facilitare le evacuazioni: la sicurezza prima di tutto. Le forze armate del mio governo interiore sono in fase di ammodernamento e constano di nuovi battaglioni che risulteranno operativi entro la fine dell’anno. Ho autorizzato i finanziamenti all’apparato bellico per fronteggiare il buon senso con il quale mi scontro occasionalmente. La frequenza irregolare delle schermaglie non eslcude che la tensione salga improvvisamente. Durante un recente vertice a Topolinia il feldmaresciallo Werner von Kinder mi ha assicurato di avere in serbo grandi sorprese per il mio esercito e non ho ragione di dubitare delle sue parole.

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25
Nov

Chinese Democracy

Pubblicato martedì 25 Novembre 2008 alle 06:08 da Francesco

Ieri mattina ho percorso ventuno chilometri invece dei canonici sedici e durante la fase di ritorno il mio stomaco è stato vessato dal vento contrario, ma l’ascolto di nuovo disco mi ha permesso di tollerare con più facilità il fastidio fisico causato dalle folate. L’album a cui mi riferisco è “Chinese Democracy” che finalmente è uscito dopo una lunga attesa. Devo fare una premessa. Il mio primo disco è stato “Use Your Illusion I” che ho acquistato a Grosseto una mattina di molti anni fa durante una delle mie tante assenze ingiustificate a scuola, perciò conosco i Guns N’ Roses a menadito e non ho mai nutrito grandi aspettative nei confronti di questo ultimo lavoro che vede soltanto Axl Rose come membro della formazione originale. Alla luce di tutto questo posso dire soltanto una cosa: porco dio. “Chinese Democracy” è una delle migliori cose che abbia ascoltato da un po’ di tempo a questa parte e trovo che la voce isterica di Axl sia al top, specialmente quando la sforza così tanto da farmi immaginare che le sue corde vocali debbano spezzarsi da un momento all’altro. Personalmente non sento la mancanza di Slash, Duff, e Matt i cui album (sia con gli Slash’s Snakepit che con i Velvet Revolver) non mi sono mai piaciuti. Nonostante sia passato molto tempo dall’uscita di “Use Your Illusion II” trovo che in “Chinese Democracy” vi sia una consequenzialità con il precedente album del 1992. Le chitarre sono distinte, graffianti e Axl Rose cavalca le atmosfere futuristiche del disco con linee vocali che mi sono già entrate in testa. Forse ciò che sto per affermare può sembrare un po’ eccessivo, ma penso che Axl abbia fatto bene a uscire con il nome Guns N’ Roses perché con questo album ha dimostrato (almeno a me) che è lui l’anima del gruppo. Apprezzo tutte le tracce di “Chinese Democracy”, ma “Better” e “Madagascar” sono quelle che prediligo: sono certo che ascolterò questo disco a lungo, anche a costo di rallentare per qualche tempo la mia continua ricerca di nuove sonorità. Insomma, per me quel bastardo schizofrenico di Axl Rose è ancora sinonimo di rockstar ed è riuscito a tirare fuori quattordici tracce pregevoli, ma spero che la prossima volta impieghi meno tempo. Sebbene mi piacciano i nuovi Guns N’ Roses, voglio ricordare la formazione originale con uno dei pezzi che mi esaltano maggiormente e che il video sottostante immortala durante un live a Tokyo di sedici anni fa: “Nightrain”.

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21
Nov

Scorci immaginari

Pubblicato venerdì 21 Novembre 2008 alle 12:17 da Francesco

Un aereo di carta attraversò la finestra di un balcone e lasciò cadere le sue parole sopra un cortile affollato. L’indomani un ragazzo disertò la chiamata alle armi per i corteggiamenti della sera sabbatica e passò la notte a leggere le lettere che sua madre aveva ricevuto da giovane. La luce fioca di una vecchia lampada illuminava le parole melense di quelle missive: propositi sepolti dal tempo e legami sciolti dal logorio dell’abitudine. Per il ragazzo non fu semplice immaginare le sfumature di quello scambio epistolare poiché tutto ciò che ne restava era un po’ di inchiostro sbiadito. Accanto alle lettere si trovavano le copertine ingiallite di vinili datati: musica orecchiabile, adatta alle masse e specialmente a chi le compone con la propria unicità. In mezzo al ciarpame della soffitta comparve una nostalgia sconosciuta che non apparteneva agli oggetti né a colui che li stava esaminando. Qualche pensiero inutile vagò sotto il coprifuoco dell’attenzione. Il ragazzo ripose le lettere in un dimenticatoio di legno e uscì di casa per scriverne altre di proprio pugno. Altrove una vecchia Mercedes si fermò davanti al parcheggio di una stazione di servizio. Il guidatore tenne il motore accesso mentre il passeggero si sporse dal finestrino per richiamare l’attenzione di un uomo che stava aprendo la portiera della sua macchina. Appena l’uomo si voltò fu freddato da tre colpi di pistola. La Mercedes partì velocemente e lasciò i segni dei pneumatici sull’asfalto. I clienti e i gestori dell’area di servizio accorsero subito, ma prima di chiamare le forze dell’ordine contemplarono per alcuni secondi l’agonia della vittima. I sicari si sbarazzarono dell’auto e rientrarono nelle loro abitazioni: entrambi salutarono le rispettive mogli dopo una giornata di lavoro. In uno scantinato un ragazzino di quattordici anni rise istericamente durante la preparazione del suo cappio e quand’ebbe finito fissò la corda a una trave del soffitto. Il ragazzino salì su una sedia impagliata, indossò lo strumento di morte e con un calcio allontanò le quattro zampe del suo patibolo. Dopo un paio d’ore la madre scoprì il suicidio del figlio e non disse nulla per quasi un minuto, ma alla fine lanciò un grido che anticipò il suo svenimento.

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