3
Mar

Paganfest 2010 a Bologna

Pubblicato mercoledì 3 Marzo 2010 alle 17:58 da Francesco

Ieri sera sono stato al Paganfest, una rassegna di folk metal che si è tenuta all’Estragon di Bologna. All’evento hanno partecipato cinque gruppi: Arkona, Varg, Dornenreich, Eluveitie e Finntroll. Il mio indice di gradimento è salito progressivamente in corrispondenza dell’ordine di apparizione. Sono stato tutta la sera in prima fila, appoggiato alla transenna mentre per la vicinanza i miei organi interni sobbalzavano ai colpi di doppia cassa. Ho apprezzato gli Arkona, ma ho avuto l’impressione che talvolta durante la loro performance la resa sonora fosse un po’ confusionaria. I Varg mi sono piaciuti e il loro suono è uscito pulito, però un disco intero di questa band non lo ascolterei. I Dornenreich mi hanno colpito poiché non sapevo cosa aspettarmi dal loro. Si tratta di un trio potente: chitarra e voce, violino e batteria. Qualcuno lamentava la mancanza del basso in questa formazione, ma a me è sembrato che le parti di violino la compensassero bene e si inserissero perfettamente con le sonorità che sono state proposte. Gli Eluveitie hanno fornito una prestazione strepitosa sebbene temessi che non fossero in grado di riproporre abbastanza fedelmente i pezzi dei dischi. L’ensemble svizzero mi ha esaltato e ha dipanato in me ogni dubbio sulle loro capacità dal vivo poiché sono stati pressoché impeccabili. Quando è partita “Inis Mona” è scoppiato l’apocalisse benché il pubblico per quanto partecipativo fosse piuttosto quieto e difatti su quest’ultimo punto devo riconoscere al pubblico romano (e limitrofo) una certa superiorità. L’evento è cominciato alle diciannove e si è concluso a mezzanotte con un’esibizione devastante dei Finntroll. La band finlandese forse non ha proposto una scaletta spettacolare, ma ha suonato ogni cazzo di pezzo con intensità e ha tenuto il palco benissimo. Per quanto mi riguarda il Paganfest si è rivelato uno spettacolo interessante, organizzato con tutti i crismi e senza sbavature. Tra la folla ho incontrato e salutato anche il grande G. che si è trasferito in Emilia Romagna. Insomma, è stata una serata piacevole all’insegna della buona musica e di un clima festaiolo che ha evocato tradizioni lontane dalle infamie cristiane.

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28
Feb

Le calamità e le calamite mediatiche

Pubblicato domenica 28 Febbraio 2010 alle 00:14 da Francesco

La terra scuote le coscienze con i suoi movimenti bruschi ed erige onde monumentali che ogni tanto generano bagni di sangue. La furia degli elementi si presta alle strumentalizzazioni degli imbonitori religiosi che vogliano plagiare le menti deboli e rafforzare i loro poteri temporali, ma può anche rimpinguare le tasche degli sciacalli e deve essere affilata come una daga dai politici per la lotta elettorale che rappresenta il male necessario di ogni sistema democratico. Le precauzioni antisismiche discordano con gli interessi dei costruttori avidi ed è ovvio che la priorità nell’edificazione di certi immobili riguardi soltanto l’aumento degli introiti privati. È in simili occasioni che il pencolio della sicurezza mostra il suo lato più tetro. Non so se sia più spaventevole un cataclisma o la sua cronaca bieca. La stampa ci siede bene sopra i titoli granitici. Il giornalismo cosparge di sale le ferite aperte e si trincera dietro il diritto all’informazione. Gli occhi di certi direttori s’illuminano d’immenso al cospetto delle catastrofi più remunerative, ma d’altronde si tratta di un adagio antico quanto il mondo: la sventura di alcuni è la fortuna di altri. Intanto anche le crepe separano i morti dai vivi e chissà prima della catastrofe quant’erano già le divisioni amare in seno alle famiglie che sono state ridotte o annientate. Mi chiedo se sia possibile misurare la differenza d’intensità tra lo sguardo di un nuovo orfano e quello di un vecchio geologo. La raccolta di fondi e la raccolta di cadaveri sono appuntamenti imperdibili in circostanze del genere, ma la prima non fa soltanto gola ai filantropi mentre la seconda suscita una bramosia smodata esclusivamente nei necrofili. Di rado sono disposto a rivedere un film che ho già visto e nel frattempo gli emigranti baciano la miseria che per un giorno si è tramutata in fortuna, ma a costoro non resta che guardare in differita le macerie dei loro paesi d’origine mentre coltivano l’orticello di speranze.

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23
Feb

Composizioni alfabetiche

Pubblicato martedì 23 Febbraio 2010 alle 20:43 da Francesco

La stesura del mio secondo libro procede bene e probabilmente la terminerò prima di giugno. È un testo che in parte riprende, completa e si distacca dal mio primo sforzo letterario, sempre che io possa qualificare quest’ultimo in tal modo. Quando conclusi la redazione de “La masturbazione salvifica: diario agiografico di un onanista” eseguii un po’ di autocritica a causa di alcuni punti deboli nel risultato finale che a mio avviso coesistevano con episodi stilistici piuttosto pregiati e fu anche per la consapevolezza della qualità parziale del testo che non mi dedicai alla ricerca di una casa editrice. Questa volta potrei proporre il mio scritto al mercato editoriale perché lo ritengo impeccabile e non ho ragione di temere che la stesura delle pagine mancanti possa pregiudicare il lavoro che ho compiuto finora, tuttavia considero abbastanza remota l’evenienza di una mia pubblicazione. Ho scelto di adottare nuovamente la formula introspettiva benché all’inizio mi fossi orientato verso un romanzo di stampo surreale. Non sono bravo a inventare storie a meno che non abbiano caratteristiche di verosimiglianza. Per quanto possibile credo che la mia scrittura debba indugiare sulla realtà, tuttavia ciò non significa che nell’osservazione di questo precetto stilistico io non possa avvalermi di contenuti e metodi estremamente diversi. In futuro mi piacerebbe scrivere qualcosa a quattro mani, ma difficilmente m’imbatterò in qualcuno che sia disposto a realizzare una collaborazione di questo genere. La mia introspezione s’espande senza posa come l’universo in cui è rinchiusa e al contempo mantiene la stabilità della mia armonia. Io carezzo la contentezza. Alcune cose che scrivo sembrano puttanate new age, ma d’altronde non conosco un modo per rendere esplicito e tangibile ciò che non lo è. La felicità non si presta bene alle conversazioni, al massimo alle odi private, ma per il resto credo che debba essere un’esperienza diretta, personale e concreta.

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19
Feb

Run or die trying vol. 4

Pubblicato venerdì 19 Febbraio 2010 alle 14:31 da Francesco

Diversi internauti giungono su queste pagine attraverso ricerche che concernono la scelta della musica per correre. Credo che l’efficacia di una compilation sia piuttosto soggettiva, ma condivido volentieri le mie esperienze. Nell’ultima settimana ho adottato una nuova playlist per affrontare un percorso di 21,8 chilometri (quasi quattro chilometri in più rispetto allo standard delle mie sessioni). Ho coperto la distanza testé citata in un’ora e trentotto minuti, a una velocità media di 13,35 chilometri orari e con un passo al chilometro di quattro minuti e trenta. Quanto ho descritto finora è il miglior risultato in termini di velocità che io abbia mai ottenuto. Ovviamente i miei dati non si sposano con le possibilità di vittoria in una mezza maratona, però mi soddisfano enormemente e in futuro mi auguro di fissare un nuovo record personale. Tra l’ascolto di un album e l’altro, ogni tanto realizzo una playlist come quella che mi accingo ad appuntare. Le mie prestazioni sono legate alla scelta della musica adatta per correre. Alcune tracce le seleziono per il valore emotivo mentre altre (e queste sono la maggior parte) per le caratteristiche prettamente musicali. In questa quarta compilation ho preso in prestito un po’ di roba dalla colonna sonora di Rocky e qualche cover in chiave metal. La raccolta contiene pezzi piuttosto piuttosto celebri e dunque non escludo che almeno una parte di quest’ultima possa fornire uno spunto per altre persone. La cover di “Eye Of The Tiger” dei Pain Confessor l’ho inserita due volte perché mi motiva molto. Quando la compilation termina e non sono ancora giunto a destinazione, faccio ripartire alcuni pezzi a mia discrezione. La cover di “Take On Me” dei Northern Kings è un pezzo a cui voglio dare una nota di merito perché lo reputo l’episodio più esaltante di tutta la playlist.

  1. Vince DiCola – Training Montage
  2. Bill Conti – Gonna Fly Now
  3. Crossfade – No Giving Up
  4. Robert Tepper – No Easy Way Out
  5. R.E.M – It’s The End Of the World As We Know It
  6. The Trophy – The Gift Of Life
  7. Bon Jovi – You Give Love A Bad Name
  8. Northern Kings – Take On Me
  9. Pain Confessor – Eye Of The Tiger
  10. Metallica – Whiskey In The Jar
  11. Survivor – Burning Heart
  12. Bad Religion – Broken
  13. Guns N’ Roses – You Could Be Mine
  14. Pain Confessor – Eye Of The Tiger
  15. Northern Kings – We Don’t Need Another Hero
  16. Northern Kings – My Way
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14
Feb

Quisquilie variegate

Pubblicato domenica 14 Febbraio 2010 alle 20:04 da Francesco

Ogni anno il giorno di san Valentino viene deriso e vituperato con impropri d’ogni genere, ma io trovo che sia una ricorrenza simpatica e allo stesso tempo non nego le implicazioni commerciali che puntualmente porta con sé. Se avessi mai avuto una ragazza non credo che le avrei regalato cioccolatini o cuscini cuoriformi, però le avrei impacchettato qualche presente ironico per evitare un atteggiamento troppo mieloso e stucchevole. Immagino che io per festeggiare questo giorno dovrei immergere la mano sinistra in un barattolo di Nutella e spararmi una sega, ma oggi non ho proprio intenzione d’imbrattarmi le dita. Questa festa scanzonata concede a molte persone celibi e nubili di rivangare l’amarezza e il risentimento per il loro stato civile, ma non riesco ad accodarmi neanche a costoro e tutt’al più mi fanno sorridere in modo genuino gli atteggiamenti da bambini capricciosi che scaturiscono dalla frustrazione sentimentale. Ho trascorso la domenica a correre e scrivere, ma ho anche sistemato un po’ la casa e ho centrifugato le mie magliette nere. Da un paio d’anni a questa parte mi sono rivelato all’altezza di una massaia e la gestione delle faccende domestiche ne ha tratto beneficio. Ho creato una nuova playlist per le mie sessioni di running e l’appunterò qua sopra nei prossimi giorni per dare uno spunto a tutti coloro che cercano continuamente un po’ di musica con cui agevolare i propri sforzi fisici. Ultimamente ho visto qualche film che mi è piaciuto e ne ho rivisto qualcheduno altrettanto piacevole che mi accompagnava nottetempo quando ancora avevo l’età per infrangere il divieto di visione ai minori. Ogni sera ho una sfida con i fornelli per riuscire a cucinare qualcosa che non risulti freddo dentro e bruciato fuori. Tutto sommato non mi lamento dei pasti che mi preparo, anche se ogni tanto vorrei cimentarmi in qualcosa di più complesso. Mi manca il cibo giapponese e mi rendo conto come sia bizzarro questo fatto per un italiano, ma non ho mai mangiato qualcosa di più appagante del nikuman e mio malgrado non sono ancora capace di farne uno: a Tokyo mi bastavano centocinque yen per deliziarmi palato.

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10
Feb

Vinnie Moore a Roma

Pubblicato mercoledì 10 Febbraio 2010 alle 22:07 da Francesco

Malgrado il sudiciume che impregna il mondo e le mani di chi abbia ricevuto un mandato per governarlo, la buona musica è immune da cotanta pochezza e colgo ogni occasione per attingere dai suoi anticorpi. Sei giorni fa sono stato al Crossroads, un locale romano dove si è esibito Vinnie Moore: ottima atmosfera e acustica impeccabile. Chiunque apprezzi i virtuosi delle sei corde non può prescindere dal chitarrista suddetto. Durante il concerto Moore ha suonato prevalentemente pezzi vecchi, ma ha proposto anche qualche traccia del suo ultimo lavoro, “To The Core”, un album meno neoclassico rispetto ai suoi canoni e ugualmente ben riuscito a mio avviso. Non conoscevo nessuno dei tre musicisti che accompagnavano lo statunitense, però tutti mi hanno fatto un’ottima impressione e ho gradito anche le parti vocali del tastierista benché talvolta la sua voce uscisse un po’ distorta. Vinnie Moore è un tipo simpatico e dopo la conclusione di un pezzo, nominando i membri del suo gruppo, lui si è presentato così: “My name is Eddie Van Halen”. Alla fine del live ho avvicinato il virtuoso e gli ho detto che forse lo avrei rivisto alla data di Pisa e lui mi ha risposto: “It sounds good, bring the girls”. Io ho detto semplicemente “sure” perché non ho avuto la lucidità d’informarlo che ero la persona meno adatta per quel compito. Che risate! Tra marzo e maggio mi attendono alcuni concerti radicalmente diversi tra loro, ma nel mio umore la musica non cambia mai e ogni genere che seguo riesce ad appagarmi.

Ringrazio chi si è prestato a farmi la foto con Vinnie.
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9
Feb

La solita minestra

Pubblicato martedì 9 Febbraio 2010 alle 19:40 da Francesco

Le cattive abitudini sono difficili da estirpare. Sui quotidiani e in televisione incrocio spesso il faccione crucco del papa che si rivolge al mondo con esternazioni banali. Credo che in un paese laico non dovrebbe essere data troppa risonanza a una religione, qualunque essa sia, inoltre ritengo ancor più deprecabile la linea editoriale di molte redazioni ogniqualvolta quest’ultima sottragga spazio a notizie più importanti per la collettività: e così anche la deontologia se ne va a puttane. Non ho bisogno di sentire un vecchio supereroe che borbotta ovvietà mentre qualche piccione tuba nei pressi del suo balcone, altrimenti orienterei la mia parabola verso Gotham City per ascoltare le opinioni di Batman. Nei campi di calcio non sono più ammesse le bestemmie ed è previsto un turno di squalifica per chiunque ricorra alle imprecazioni blasfeme. È la solita fiera del bigottismo, in cui i problemi di facciata vengono ritenuti più importanti rispetto alle questioni serie che ammorbano lo sport nazionale: la mancata valorizzazione dei vivai, la gestione sciagurata dei bilanci societari, la competenza della classe arbitrale e altre faccende che talvolta incrociano il mondo torbido della politica. Non sono un tifoso, ma seguo il calcio in modo neutrale e durante una partita auguro sempre la vittoria alla squadra che riesca a deliziarmi con il gioco più spettacolare o convincente. La bestemmia è cristallizzata nella lingua italiana e ne è una componente forte, diffusa e catartica, perciò qualunque tentativo di estrometterla dal mondo mediatico a mio avviso si traduce automaticamente in un attentato al retaggio culturale dell’intera nazione. Libera bestemmia in libero Stato, dio cane. Non è la prima volta che io affronto questo argomento e in tutta sincerità non penso neanche che sia una questione capitale, tuttavia trovo pericoloso chiunque voglia bandire determinate parole poiché tali censure possono anche preludere a derive di portata maggiore. Non è ammissibile che ancor oggi un bestemmiatore sia passibile di multa. Non ripeterei ciclicamente questa tiritera se l’Italia smettesse di professarsi laica. Negli ultimi anni è cresciuto un forte interesse per apportare alcune modifiche alla costituzione in nome del suo ammodernamento, allora mi auguro che tra i possibili cambiamenti questa nazione venga dichiarata cattolica e si annoveri tra quelle teocrazie contro cui spesso punta il suo dito ipocrita, almeno non ci sarebbe più discordanza tra la teoria e la realtà.

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8
Feb

One month later

Pubblicato lunedì 8 Febbraio 2010 alle 17:12 da Francesco

Nell’ultimo mese la mia vita non ha subito sconvolgimenti e il fallimento del mio viaggio non ha avuto su di me le conseguenze catastrofiche che avevo preventivato in un primo tempo. Alcuni anni fa ho impostato la mia esistenza in un certo modo e ne ho accettato le regole, perciò non posso incolpare nessuno per il passo falso che ho commesso a gennaio. Ho battuto la testa contro uno spigolo della mia libertà e mi sono procurato qualche fastidio che avrei potuto evitare se fossi stato più accorto, tuttavia il mio errore di valutazione ha affinato la mia arte di vivere e almeno per questo motivo sono contento che lo sbaglio mi sia servito di lezione. Ogniqualvolta qualcosa in me si guasti, dopo un certo lasso di tempo quella stessa cosa si irrobustisce come le ossa a seguito delle calcificazioni. Non è l’annullamento del viaggio che mi ha turbato ed è stato invece il modo in cui ho cozzato contro i limiti attuali della mia libertà a provocare in me un po’ di stordimento, però ho già riportato la mia serenità al suo livello consueto. D’altronde la vera sconfitta per me si sarebbe concretizzata se una cosa del genere mi avesse realmente atterrito. Mi attendono accadimenti veramente tragici e gioie altrettanto imponenti, perciò non è qualche inezia che può farmi traballare di fronte a me stesso, tuttavia trovo giusto che ogni colpa venga seguita da una punizione e dunque spero di essermi inflitto quella più adeguata senza aver esagerato nell’indulgenza né nel rigore. Vorrei annotare qualcos’altro, ma per adesso mi accontento di queste righe e sono soddisfatto del pezzo d’introspezione che ho ricavato da questa storia.

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8
Gen

Sconfitta apocalittica

Pubblicato venerdì 8 Gennaio 2010 alle 15:53 da Francesco

Ho dovuto annullare il mio prossimo viaggio e, come un effetto domino, per molto tempo quest’obbligo farà precipitare la mia volontà di partire nuovamente. Avevo previsto di andare a Karachi, in Pakistan e poi di proseguire per Kuala Lumpur, in Malesia, ma la prima tappa ha suscitato la preoccupazione di mia madre che mi ha prospettato gravi ritorsioni economiche qualora fossi partito. Purtroppo ho dovuto cedere alle sue richieste poiché non sono indipendente dal punto di vista economico (come una nazione del terzo mondo) e non posso permettermi di ritrovarmi con l’acqua alla gola a meno che non scelga di vivere in strada. I pregiudizi e il razzismo di mia madre hanno giocato un ruolo fondamentale in questa storia e, senz’altra via d’uscita, ho dovuto sottomettermi al suo volere. Se avessi avuto le palle più grosse sarei partito ugualmente e al mio ritorno avrei trovato un modo per campare da solo di espedienti, ma sono sceso a patti e mi sento profondamente sconfitto da questa decisione a cui tuttavia non ho saputo sottrarmi. Mi sono guadagnato l’indipendenza emotiva con grandi sforzi, ma per ottenere quella economica dovrei mandare a morte il mio tempo per stipulare un mutuo e passare almeno due decadi a pagare le rate di un monolocale, trovandomi quindi da una forma di schiavitù a un’altra. Non ho grandi qualità né capacità particolari, perciò nel migliore dei casi il mio stipendio mi permetterebbe soltanto di ottenere ciò di cui già dispongo sebbene non sia mio ufficialmente. Le cose non sarebbero diverse se per ottenere l’indipendenza economica accettassi un aiuto iniziale da mia madre poiché non potrei ugualmente affermare di essere partito da zero. In altre parole mi sono trovato per la prima volta davanti al confine della mia libertà e non sono riuscito a espanderlo. Esterno la verità anche quando quest’ultima risulta scomoda per me stesso e non me ne pento mai. Non sono un vittimista e più volte ho incensato i miei meriti, ma peccherei di obiettività se adesso non concedessi il medesimo spazio al mio fallimento. È la prima volta che mia madre riesce a impormi qualcosa e non escludo che possa ricorrere agli stessi mezzi in futuro. Avrei potuto usare l’inganno in questa occasione come in altre circostanze per perseguire i miei scopi, ma io gioco a carte scoperte e se non riesco a vincere senza bluff allora mi merito un’umiliazione di questo genere. Il mio orgoglio ne esce con lo ossa rotte, ma cercherò di fare il possibile affinché tutto ciò non si ripeta in futuro. Ho perso circa mille euro in questa storia, ma anche il mio entusiasmo per i viaggi è svanito e credo che passerà molto tempo prima che io possa recuperarlo. Circa un mese fa ho avuto una conversazione surreale con un tizio che mi ha dato l’idea di fare un salto a Karachi e oggi devo riconoscere a quest’ultimo la superiorità testicolare che in prima battuta mi ero attribuito con protervia e, alla luce degli ultimi eventi, in modo ingiustificato. Le parole hanno un peso specifico che questa volta non sono stato in grado di sostenere e voglio pagare pienamente lo scotto della mia disfatta poiché è l’unico atto nobile che io possa compiere. Per quanto possa valere la mia affermazione, rendo giustizia e onore a tale ArMan che mi ha vinto a singolar tenzone. Per un bel po’ di tempo non potrò scrollarmi di dosso questa onta, ma ci conviverò e farò affidamento alla mia forza interiore per riscattarmi, d’altronde, almeno sotto l’aspetto emotivo, sono del tutto indipendente. Credo che da questo appunto emerga anche qualcos’altro: non potrò mai avere una relazione né nessun altro tipo di legame affettivo fino a quando la mia libertà non sarà completa. Devo riguadagnare ciò che ho perso sebbene al momento non abbia idea di come fare. Dopo diversi anni posso dire finalmente che il mio morale è a terra, come se fosse stato sbaragliato a seguito di tanti successi, ma prima o poi riuscirò a riprendermi ciò che ho ceduto. Voglio che queste parole restino almeno per un mese al di sopra delle altre, come se formassero una ferita aperta. Io devo soccorrermi.

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1
Gen

Le prossime destinazioni

Pubblicato venerdì 1 Gennaio 2010 alle 19:57 da Francesco

Ho cominciato ad approntare i dettagli per il mio prossimo viaggio, ma non ho ancora la certezza della sua fattibilità. Questa volta ho deciso di alzare un po’ il tiro e mi auguro di non pentirmene. Dovrò salire a bordo di sei aerei e passerò per tre volte nello stesso aeroporto, ma durante una parte breve di questa piccola avventura i pericoli maggiori per me proverranno dalla terraferma. Non sono uno spericolato e non cerco l’avventura a tutti i costi, ma allo stesso tempo condivido profondamente una frase che è attribuita alla figura di Benjamin Franklin: “Chiunque sia disposto a barattare la propria libertà per un po’ di sicurezza non merita né l’una né l’altra”. Credo che oggigiorno si possa morire ovunque a causa di un attentato terroristico e non nego che alcune zone del pianeta siano più soggette di altre a questa eventualità, ma allo stesso tempo penso che i pregiudizi e il terrore non debbano sottomettere la gente perbene. La violenza non porta a nulla qualora alle spalle non abbia un progetto concreto per costruire su quanto si prefigge d’annientare. Anch’io un giorno smetterò di respirare e spero che il mio decesso avvenga serenamente in un’età a tre cifre, ma nessuno può controllare pienamente gli eventi e dunque ritengo che sia inutile crucciarsi sulla perdita della propria vita a meno che non si scelga di risiedere in una campana di vetro. Per ogni rischio che mi prendo, mi assumo anche le sue responsabilità, un po’ come farebbe un uomo innamorato con la prole della sua compagna. A proposito di una capanna con cuori annessi: se dovessi perire, non avrò modo di scoccare il mio primo bacio. Oltre alla circostanza labbriforme, perderei anche l’opportunità di concludere il mio secondo libro che per ora conta sessantacinque pagine; forse quest’ultimo riuscirebbe ad assumere un po’ di valore come opera postuma! In realtà le mie preoccupazioni sono minime e non temo affatto per la mia incolumità. Voglio abbellire queste pagine con un periodo di stasi e di conseguenza prevedo un numero esiguo di appunti per il mese corrente.

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