Mantengo le distanze da ciò che non posso sfiorare e attendo che ogni nota venga suonata a tempo debito. Non mi interessano le nozioni di chi ha i titoli per dispensarle e curo la convulsione dei sensi con la volontà d’evolvere. Vivo quietamente e mi sento appagato, ma non voglio che la mia interiorità si sazi. Sono il risultato dell’alleanza tra la mia indole e le coincidenze. Mi sento fortunato e di tanto in tanto un’euforia leggera mi pervade. Alcuni frammenti della mia vita sembrano tratti dalla descrizione di un’ascesi, ma io non anelo a un’elevazione spirituale e non ho bisogno di credere a qualcosa per vivere. Mi sento completo anche nei periodi in cui le apparenti sciagure del mio stato d’animo mi inducono a formulare pensieri che talvolta esterno con un altro registro linguistico. Non bado eccessivamente alle bizzarrie capricciose della mente e ascolto quest’ultima quando si trova lontano dalle influenze nocive dell’impulsività. Non nego la bellezza di un fiume di bile, ma cerco di seguire il suo corso quando devo irrorare i canali della risolutezza e mi assicuro che non straripi durante la stagione dei monsoni. Tra un’ambage e l’altra mi diletto con le tessere del mio carattere mosaicato. Salto di pala in frasca e cerco di padroneggiare più di un modo con il quale esprimermi con me stesso per non cristallizzarmi in un soliloquio monocorde.
Credo che questo blog abbia svolto egregiamente il suo compito introspettivo. In questi due anni la scrittura mi ha aiutato molto e mi ha consentito di migliorare la conoscenza di me stesso. Queste pagine mi hanno causato qualche problema, ma penso che ne sia valsa la pena. La mia vita non è cambiata, ma adesso la conosco più approfonditamente. Sono soddisfatto di quanto ho ottenuto interiormente da ogni virgola che ho appuntato nel mio progetto introspettivo e questo risultato mi rasserena enormemente. Ho intenzione di continuare a scrivere con una frequenza minore per adeguarmi alla diminuzione del materiale di autoanalisi di cui dispongo. Accantonerò per un po’ la lettura e ogni altra fonte di arricchimento culturale per dedicarmi quasi esclusivamente all’attività fisica. Il mio corpo gioisce quando compie qualche sforzo e in questo periodo ne ho particolarmente bisogno per risanare le zone periferiche della mia mente. Penso che lo sviluppo e il mantenimento del corpo e della mente debbano andare di pari passo, ma credo che non sia sempre possibile mantenere un’andatura così regolare. Ho notato che in alcuni momenti l’introspezione rischia di cristallizzarsi in un’analisi ripetitiva e infruttuosa, perciò ogni volta che incomba questo pericolo penso che sia d’uopo sospendere qualsiasi attività di autoanalisi. Ho deciso di non recarmi in India e al momento non ho altri viaggi in programma. Mi sembra strano quanto sto per scrivere, quasi grottesco, ma ne comprendo il significato e l’importanza: credo che io abbia bisogno di stare ancora un po’ da solo.
Le notti invernali sono fantastiche e nella loro brevità i miei soliloqui trascurabili acquisiscono un aspetto romantico. Il tempo cancella le sue stesse tracce per mantenersi giovane, ma la sua vanità non condiziona il corso degli eventi e si limita a complicare le vite degli esseri umani. La percezione dei giorni, delle settimane e dei mesi talvolta viene distorta dall’emotività, perciò non mi sorprendono i comportamenti senescenti di coloro che devono ancora tagliare il traguardo della loro seconda decade. Dubito che si possano fare progetti a lungo termine per la propria felicità, ma credo che quest’ultima possa essere protratta fino all’ultimo respiro qualora se ne accetti la precarietà. Non mi chiedo quando una scarica di beatitudine attraverserà la mia spina dorsale perché non voglio che il desiderio di gioire superi la gioia. Dall’assenza del bene non consegue necessariamente la presenza del male e parimenti è difficile comprendere e accettare che la mancanza di un rapimento emotivo non corrisponda per forza di cose agli abissi angoscianti dell’afflizione. Credo che taluni preferiscano dare una connotazione negativa al vuoto piuttosto che affrontare la sua incognita. La parola “vuoto” ha anche un’accezione negativa, ma il vuoto è molto di più di quanto possa essere identificato da un aggettivo. Fluttuo nel vuoto e non sono triste.
Xmas doesn’t concern my inner thoughts
Pubblicato sabato 22 Dicembre 2007 alle 08:10 da FrancescoIeri ho chiuso un breve capitolo della mia vita che non ho mai aperto e sono contento che tutto questo sia accaduto in prossimità della fine dell’anno. Credo che dicembre sia soltanto un mese di bilanci inutili e di propositi altrettanto sterili, ma penso che gennaio sia la rampa di lancio per rendersi concreti e agire. Talvolta concedo alle persone più attributi positivi di quanti ne abbiano in realtà, ma quando me ne rendo conto riesco a ridimensionare l’importanza di coloro che ho sopravvalutato e lascio dietro di me scie di indifferenza. Nessuno mi ha insegnato a distaccarmi da qualcuno per spianare la strada alla felicità, ma l’ho imparato da autodidatta nel corso dei miei studi casuali sui rapporti interpersonali. Quando l’ossessione predomina sulle emozioni qualcosa non va ed è meglio abbattere tutto per erigere una nuova costruzione sentimentale. Non importa sotto quale nome appaiano la passione, il trasporto o, come è sempre accaduto nel mio caso, le loro manifestazioni platoniche, dato che per me dietro le lettere J, V, e L ci sono periodi in cui ho lambito le sponde dell’amore, ma sono nomi privi di sostanza dato che io sono ancora in alto mare e mi godo la distesa infinita che mi circonda mentre continuo romanticamente la mia navigazione solitaria a bordo della realtà.
Sono trascorsi alcuni mesi dalla penultima puntata del mio videoblog e alla fine mi sono deciso a registrare qualcosa di nuovo. L’obiettivo è sempre l’introspezione, ma credo che questo video sia una sintesi perfetta ed esplicativa delle puntate precedenti. Qualcuno ha frainteso totalmente il mio videoblog, ma non sono disposto a mettere i sottotitoli per dementi e concedo un plauso a chi ha trovato la giusta chiave di lettura tra un mio frame e l’altro. Ho utilizzato un effetto banale per moltiplicarmi e sono ricorso a quest’ultimo per ironizzare su coloro che in passato mi hanno frainteso. Spero che la mia doppia rappresentazione possa aiutare a recepire meglio le mie parole.
Negli ultimi giorni ho parlato con L. dopo oltre tre mesi di distacco, ma i nostri discorsi ci hanno allontanato nuovamente. Ieri lei ha lanciato un sospiro agitato dopo che le ho detto “ti voglio bene” e in quel momento ho capito che è fortemente combattuta. Penso che L. si trovi tra due fuochi incrociati, ovvero tra la consolazione materialistica della sua vita attuale che lei non ama, ma di cui non può fare a meno, e l’ampia gamma di cambiamenti che appartiene al mondo impervio dei sentimenti nel quale non si è ancora avventurata. L. scopa molto, ma il suo cuore è vergine e credo che lei collezioni rapporti occasionali per placare la sua mancanza di amore. Vorrei trarla in salvo dalle sue miserie e dai suoi dolori sulle ali di un romanticismo esistenzialistico che non abbia le banalità delle favole, ma credo che una persona non possa e non debba essere cambiata da terzi: il mutamento deve venire dall’interiorità del diretto interessato e deve essere una sua esigenza, altrimenti si traduce soltanto in una illusione estrinseca. L. non ama se stessa, ma ama distruggersi. Suppongo che lei non abbia una grande opinione di sé, ma se potesse osservarsi con un po’ di imparzialità si renderebbe conto del suo potenziale e manderebbe a fare in culo tutto quell’ambiente di merda che la sminuisce. Se lei avesse posseduto la sua vita sarebbe stata la ragazza ideale per me, ma la realtà purtroppo è diversa e l’atto di amore più grande che io possa fare nei suoi confronti è allontanarmi da lei per consentire che il dolore l’aiuti a riflettere. Se L. mi avesse dato un segno distinto della sua voglia di cambiare io avrei fatto di tutto per starle accanto. Non ho mai avuto una relazione, ma non ho mai tradito la verità e ho sempre reso conto a quest’ultima anche quando non avrei voluto. Sono stato a un passo dall’amore, quello vero, fatto di attrazione psicofisica, di sprazzi d’odio e libero dalle inibizioni comuni che producono coppie di sconosciuti. Concludo con una foto che ho scattato qualche minuto fa per ricordare meglio queste parole. Ho reso la foto in bianco e nero perché credo che il campo delle relazione umane, al di là delle sue innumerevoli sfaccettature, sia una grande dicotomia.
La doccia è un’abluzione che mi consente di ottenere il calore di cui ho bisogno per trascorrere l’inverno e le stagioni che cercano di imitarlo. Quando l’acqua calda si infrange sul mio corpo mi sento al di fuori dello spazio e del tempo. Mi basta girare un rubinetto per aprire le porte del benessere, ma ovviamente si tratta di un’estasi momentanea che si esaurisce con la caduta delle ultime gocce bollenti. Gli effetti della doccia si prolungano per ore sul mio umore e mi permettono di affrontare meglio qualsiasi attività. Mi piace soffermarmi all’interno del mio bagno mentre gli effluvi del balsamo, dello shampoo e del bagnoschiuma si disperdono nell’ambiente circostante. Nel corso di una doccia l’acqua lava il mio corpo e depone la mia mente sopra una tepore liquido per farla riposare. Per me non è semplice sostituire i pezzi mancanti della mia affettività, ma talvolta trovo dei buoni ricambi nelle azioni comuni e nella banalità di alcuni gesti quotidiani. Sono il caporeparto del mio apparato emotivo e ricopro anche altre cariche all’interno di me stesso. Penso che la scoperta dell’acqua calda sia stata rivoluzionaria e mi domando cosa abbia provato il primo uomo che ha messo piede in una sorgente termale: un piccolo passo per l’uomo, ma un grande balzo per i centri benessere.
Dicembre evoca sempre un mostro terribile dal mio vuoto emotivo e sono costretto a combatterci per impedire che la tristezza colonizzi il mio umore. Mi oppongo allo sconforto, ma talvolta devo riconoscere l’efficacia delle sue stoccate. Amo la mia vita e non la idealizzo, ma trovo che sia romantica la lotta che conduco per proteggerla dal dominio delle afflizioni. La mia esistenza non ha un senso e non pretendo che lo abbia, ma la seguo ugualmente passo dopo passo e cerco di arricchirla in modi diversi per ottemperare all’esigenza personale di migliorarmi. Sono ancora giovane, ma non faccio affidamento sulla mia età e non mi ritraggo dalla contemplazione delle evenienze più tetre che pendono sul mio futuro. Devo preparami ad affrontare la vecchiaia con estrema lucidità se voglio concludere con decoro la mia vita e questo comporta un’accettazione completa della fine dell’esistenza, ma ogni tanto ne resto inquietato perché si tratta di un concetto troppo pesante per la mia giovinezza e s’addice di più a un’età veneranda. Cerco sempre di giocare d’anticipo per attutire l’impatto dei grandi cambiamenti a cui è soggetta la vita, ma questo modus operandi ha un costo emotivo molto alto. Me la cavo bene con l’introspezione e mi ritengo fortunato.
Ho soppesato con molta cura le parole che compongono questo scritto e voglio che rimangano immobili per un po’ dato che le ritengo fondamentali. Viaggio con la mente sotto lo sguardo vigile di Ermes e talvolta un manipolo di doganieri metafisici controlla i pensieri che trasporto. Mi sembra che le azioni del mondo siano programmate con un codice binario che si basa sulla presenza d’amore e sulla sua assenza. Penso che nessuno possa illustrare a qualcun altro i meccanismi emotivi che talvolta prevalgono persino sullo spirito di conservazione, ma ritengo che gli schemi della sensibilità appaiano in una maniera impercettibile sulla pelle e immagino che possano essere compresi solo da chi li porta su di sé. Le parole non possono tradurre qualcosa di ineffabile e ogni tentativo in questo senso mi sembra un modo per lenire le ferite del tempo. L’amore è più potente del denaro e di ogni pulsione sessuale, ma circola di meno rispetto agli ultimi due e credo che la sua scarsa diffusione fino a questo momento storico sia anche uno dei motivi che lo rendono più pregiato di ogni aggettivo. L’amore è inamovibile e suppongo che non sia un’invenzione dell’uomo, ma penso che preceda l’avvento di quest’ultimo e ritengo che possa oltrepassare l’eventuale estinzione di chi lo veicola. Non mi riferisco all’amore divino né a nulla di simile, ma le mie parole contemplano un amore carnale che unisce qualcosa di trascendentale e totalmente estraneo a ogni fantasticheria dogmatica. Ho cercato a lungo qualcosa di più elevato dell’amore, ma non ho mai trovato nulla di simile che non fosse un modo per aggirarne l’assenza. Non mi convincono le scelte ascetiche che nascono dalla tradizione o dalle convinzioni che millantano un fine superiore, ma non nego la bellezza estetica della loro perseveranza. Quando due corpi si uniscono su un principio inespresso assomigliano a due viandanti che si dirigono verso un ricordo amniotico. L’amore materno è il preambolo di un legame più forte che non tiene conto della consanguineità e per questo motivo credo che la forma pura di amore sia destinata a un individuo complementare anche se una motivazione istintuale lascia credere che la figliolanza abbia sempre la priorità. L’amore è inattaccabile, ma la sua rappresentazione subisce continuamente le offese della banalità ed essa stessa è un’ingiuria poiché cerca di dare una forma a qualcosa che non può essere intrappolato nelle dimensioni o nei concetti a meno che non si voglia ridurlo a un’abitudine quadrata. Ammiro chi risiede a uno dei due capi dell’amore e stimo chi accetta ciò che si trova in mezzo alle due estremità nonostante sia lontano e isolato in uno spazio vuoto. Ignoro chi vuole alfabetizzare l’amore e in parte provo indifferenza per i miei sforzi esplicativi.
Non è sempre facile dare un significato agli avvenimenti della vita e alcuni episodi di quest’ultima sembrano delle ingiustizie tremende, ma credo che qualche volta vengano esasperati i toni delle circostanze avverse per soddisfare il vittimismo. Le separazioni, le morti, le delusioni, l’invecchiamento, le tasse, i rimproveri, le malattie e gli attriti possono annullare la capacità di carpire la bellezza in ogni sua manifestazione, ma la volontà può evitare che accada una simile sciagura a patto che non si traduca in un ottimismo forzato che considero deleterio quanto la sua antitesi. Il momento che intercorre tra una sconfitta e la vigilia di un nuovo sforzo è il campo di battaglia sul quale si fronteggiano due aspetti del carattere umano che vogliono dominare la personalità e credo che dall’esito di questo conflitto interiore possa scaturire una propensione per la vacuità o un’inclinazione forte per qualcosa di completamente diverso. Lotto molto con una parte della mia volontà perché ciò che talvolta credo di desiderare in realtà non può giovarmi affatto. Cerco di sbarazzarmi delle mie impressioni superficiali per acquisirne altre più vicine ai confini apparentemente irraggiungibili della realtà e questo processo avviene principalmente nell’ambito della mia introspezione. Non cerco una chiave di lettura per il mondo, ma voglio inquadrare dettagliatamente il mio microcosmo per non fare un torto alle mie molecole né alla struttura emotiva che le orchestra. Voglio vedere con chiarezza anche in mezzo ai giochi di luce.