18
Gen

Affluenti di coscienza

Pubblicato sabato 18 Gennaio 2025 alle 01:38 da Francesco

Assimilatomi al tempo corrente, ne guardo assorto gli istanti che riesco a catturarne. Implicite nel loro dispiegarsi, azioni mie ed estranee vanno planando verso gli unici punti contro cui possono sbattere. Forse i bambini si aggrappano alle inferriate per giocare, gli adulti invece fanno altrettanto perché il gioco è venuto loro meno: l’ipotesi è attendibile nella sua somma vaghezza e si addice all’inconcludenza per la quale non agisco né progetto.
Pernotto sotto il tetto del mondo, ma per praticità ne uso anche un altro che poggia su quattro pareti: sono coperto due volte e non possiedo la vergogna da usare come terzo strato né come stato d’animo. Dopo il quarto potere si trova il quinto elemento e poi, il sesto senso che lo segue, viene intuito da chi già ne disponga. La selezione all’ingresso può avvenire secondo i crismi di un locale alla moda o in osservanza ai parametri di un gulag, anch’esso all’ultimo grido.
I loschi scambi di parole rendono sempre incomplete le rispettive collezioni: doppioni su doppioni mentre l’idea del presente, de facto, viene doppiata dalla velocità con la quale si accorciano i telomeri. Se avessi consigli da dispensare ci aprirei una rivendita autorizzata dal buonsenso: invero vorrei che venissero erogati da dei distributori automatici per rendere possibile la mia assenza e farne un pregio. Metto a verbale cose che non sono mai state dette, come se frequentassi l’asilo e avessi una divisa da sporcare. Credo che le libere associazioni siano sovente legate a dei princìpi, perciò si trova sempre un ancoraggio laddove non ci siano scuse che tengano. A volte, quando qualcuno si rivolge a qualcun altro, è come se gli si rivoltasse. Si può immaginare cosa certuni immaginino, perciò certe astrazioni hanno qualcosa in comune con le litografie dozzinali. Le imperfezioni fanno parte del pacchetto perché lo rendono incompleto.

Categorie: Parole |

8
Gen

Peppermint Candy di Lee Chang-dong

Pubblicato mercoledì 8 Gennaio 2025 alle 20:50 da Francesco

Per i miei gusti la perfezione può raggiungere una sua compiutezza anche nella settima arte e trovo che Peppermint Candy ne sia un fulgido esempio. Secondo me si tratta d’un film esente da difetti, ma credo che tra i suoi punti di forza emerga soprattutto la recitazione titanica di Sol Kyung-gu, difatti tanto nelle inquadrature più larghe quanto in quelle più strette, quindi con il linguaggio dell’intero corpo o con la mimica facciale, il protagonista a mio parere ha una resa magnetica ed equilibrata: in lui non v’è mai nulla di troppo a parte la vita e in questo eccesso rinvengo l’essenza del racconto.
La regia aggiunge poesia a poesia e mi dà l’impressione che non lasci nulla al caso neanche nei momenti di raccordo. Uno dei miei passaggi preferiti consiste nell’uso della camera fissa su un parabrezza battuto dalla pioggia, quando il volto del protagonista appare come un mosaico grazie alle luci: questo artificio non se l’è inventato Lee Chang-dong, però lui vi è ricorso con il tempismo implicito nella sua maestria. Gli interventi della colonna sonora sono essenziali e a mio parere mettono in risalto l’escamotage con cui il racconto viene inframmezzato, ovvero mentre accompagnano le soggettive di un treno che procede placido in uno scenario bucolico: questi momenti stridono con il treno delle scene iniziali, forse lo stesso, il quale procede a grande velocità mentre il protagonista gli si offre con tutto il corpo. La narrazione non è canonica, non procede dall’inizio né entra in media res, bensì principia dalla fine e quindi la storia di Kim Yong-ho è un nastro che si riavvolge: questa andatura a ritroso per me è un valore aggiunto in quanto, ricostruendola, sottolinea gli aspetti e le cause della tragedia umana di cui è latrice. Non v’è un effetto sorpresa, ma soltanto la nostalgica cronaca di una felicità che è sempre mancata o s’è fatta sfuggente.

Categorie: Cinema, Immagini, Parole |

1
Gen

Il segno del comando

Pubblicato mercoledì 1 Gennaio 2025 alle 21:14 da Francesco

Oggi ho corso venti chilometri in poco meno di un’ora e venti minuti: fuori non spirava un alito di vento e in me non c’era perturbazione alcuna. Ho intenzione di gareggiare di nuovo, ma solo a fronte di una forma fisica che mi consenta di fare dei buoni tempi, altrimenti continuerò ad allenarmi per rimanere in salute e per giocare con il cronometro.
Si è rivelato buono l’inizio del corrente anno, ma non posso fornirmi garanzie per i tempi venturi. La mia prassi è sempre la stessa e, stando alle cronache nazionali e internazionali, mi pare che anche quella del mondo non presenti cambiamenti di sorta. Si sostituiscono i numeri sui calendari per confermarne altri di diversa natura.
Avverto una nuova e accresciuta sicurezza in me, intendo superiore al solito e più intensa delle precedenti, perciò al momento non ospito dubbi e al contempo non escludo che possano arrivarne in seguito: per adesso non ho ricevuto prenotazioni e non me ne aspetto.
Se mi guardo attorno vedo precipizi ovunque, come se mi trovassi su un crinale, ma il colpo d’occhio è meraviglioso e io non sono tipo da farne uno di testa: mi trovo in quota senza protezioni e devo solo stare attento a non mettere male i piedi. Non so se valga anche per altri, immagino di sì, ma per me ogni cosa e ogni evento sono anzitutto cause ed effetti di precisi equilibri: occorre concentrazione e io cerco di coltivarla anche nelle piccole cose, o almeno ci provo.
Mi alletta il futuro prossimo e non vedo l’ora che diventi un passato della stessa risma affinché possa misurarne l’impatto. C’è sempre qualcosa che bolle in pentola, ma di sicuro non sono io: non mi appartiene il ruolo di vittima sacrificale. Non ho alleati, ma soltanto orde di entusiasmi che attendono il segno del comando: oltre all’equilibrio anche il tempismo è capitale e forse il secondo è già implicito nel primo.

Categorie: Parole |

31
Dic

Narcisismo di vita, narcisismo di morte di André Green

Pubblicato martedì 31 Dicembre 2024 alle 13:26 da Francesco

Ultima lettura dell’anno, invero conclusasi settimane or sono con somma soddisfazione.
Di norma non accetto consigli perché temo che mi scompiglino la hybris, quindi parlare con me si rivela spesso inutile, ma il suggerimento per questo scritto è comparso durante una fortuita e proficua conversazione che ho avuto con una signora dotata di raro acume.
Io (già specificare il pronome personale dice molto) considero il narcisismo una vox media, tema ampio e dirimente sul quale molto di giusto credo che abbia scritto Heinz Kohut, ma in Green ravviso un maggiore accento su come questo, in determinati casi, si leghi anche alla pulsione di morte.
A un certo punto c’è una divertente citazione di Goethe con cui Green dà corpo a un suo excursus e che secondo me riassume molte mentite spoglie: “Io t’amo, ma questo ti riguarda?”.
I concetti di non-rimosso e di vuoto psichico sono interessanti sviluppi post-freudiani, quasi una naturale emanazione a cascata del senex, ma dal mio punto di vista sono anche e soprattutto ulteriori strumenti per l’introspezione giacché non devo analizzare altro all’infuori di quanto di me mi risulti accessibile: si fa quel che si può e sovente manco quello. Ovviamente le stesse astrazioni all’uopo si rivelano utili per certe e opportune demolizioni.
I moti dell’animo sono più quantizzati di quanto taluni vogliano ammettere (ci sono di mezzo le negazioni atte a salvaguardare la portata di slanci grotteschi), si ripetono in modelli coattivi e la loro decifrazione ne rende becere le manifestazioni più comuni.
Il logos non abbraccia tutto, ma cinge più di quanto serva ai servi.

Categorie: Immagini, Letture, Parole |

22
Dic

A me sono rivolto

Pubblicato domenica 22 Dicembre 2024 alle 18:02 da Francesco

Non ho novità di rilievo in questo mio incedere verso l’attimo che segue. Un’anziana signora mi ha preso in simpatia e ogni tanto mi fa qualche piccolo regalo, ma io non posso contraccambiare i suoi doni con più di quanto lei proietti su di me: nulla ho da offrirle se non l’immagine di cui mi ritiene origine. La vecchiaia non è sempre terribile, di questo ne ho avuto prova per interposti senescenti, ma credo che si riveli tragica quando a monte manchi un certo lavoro interiore. L’intuito forse lo nega, tuttavia sono d’accordo con chi sostiene che sia la gioventù l’età della saggezza e non quanto la guarda volgendosi indietro.
Non ho arte né parte, nella vita non ho combinato nulla e non ho coltivato in profondità alcun genere di relazione umana, però mi sento in equilibrio sulla grande onda e per adesso non ho nulla di cui lamentarmi. Miei e solo miei sono stati i giorni dei risvegli più fausti, perciò il ricordo non può essere ripartito né parcellizzato con nessuno, ma anch’io per ogni altro ho lo stesso nome con cui Odisseo si presentò a Polifemo: è l’equa indifferenza che rende meritevole di sé chi di sé meritevole sia davvero. Poco m’importa del nome che porto e non ambisco a sentirne l’eco, ma ci sono delle istanze al mio interno di cui sono l’entusiasta interprete e ogni tanto mi chiedo quanto di me rivelino a me medesimo.
A volte forse mi dimentico di quanto sia grande il privilegio di una certa consapevolezza, al netto delle mancanze e degli errori che può implicarne un’incauta custodia. Il mio spirito non ha ancora iniziato la sua parabola discendente e sento come anche il mio corpo non abbia raggiunto la sua massima efficienza. A conti fatti, nonché al confronto diretto con la realtà, la mia età anagrafica al momento risulta inattendibile: un numero perso tra i suoi simili. Non ho missioni da compiere né sogni da coronare, non ho abilità particolari e non ho importanza che per me, tuttavia rifulgo ed esisto perché quello dell’amor proprio è uno dei miei tratti preminenti. A me sono rivolto.

Categorie: Parole |

11
Dic

Io sono io

Pubblicato mercoledì 11 Dicembre 2024 alle 17:10 da Francesco

Il clima mite di questo dicembre inoltrato mi ricorda il periodo natalizio che ebbi a trascorrere dieci anni or sono in mezzo all’Oceano Pacifico. I ricordi dei miei viaggi sono tutti belli e di questo mi rallegro oltremodo. Per mia fortuna non devo sobbarcarmi l’onere d’impacchettare doni o d’infiocchettare mezze verità: i miei regali partiranno da me e a me giungeranno, come in una sorta di economia circolare. Non so se la condivisione mi manchi giacché talora può implicare delle profonde rotture di palle, tanto nel senso degli addobbi quanto in quello delle gonadi maschili: credo che tale interrogativo sia destinato a rimanere insoluto.
Vi sono isole in lenta deriva, pianeti che si allineano, effetti carsici in divenire e movimenti stazionari di cui nessuno si avvede: molto manca all’elenco e forse non è manco il caso di stilarne uno. Sono orfano d’idee, però mi sento figlio del mio tempo e adoro l’anonimato della mia esistenza. Prima o poi dovrò dismettere il corpo che indosso come abito e del quale mi prendo cura, ma non so cosa ne sarà della vita interiore da cui traggo intense suggestioni.
Sfrutto ciò di cui dispongo, ma un domani potrei vedermi costretto ad avvalermi della facoltà di non rispondere in quanto defunto: insomma, spero che da morto il mio silenzio non venga preso per maleducazione. Mi sento ancora in espansione nella mia dimensione psicofisica, sono alimentato da entusiasmi che non devo neanche rinforzare poiché la loro è una combustione continua e spontanea. Ho cose da fare per il piacere di farle e il resto vada pure come deve andare. Sono sereno e non vedo né sento sirene.

Categorie: Parole |

1
Dic

In memoriam

Pubblicato domenica 1 Dicembre 2024 alle 00:39 da Francesco

Una morte improvvisa ha colto una persona di mia conoscenza. Taluni lasciano il corpo senza preavviso e senza affiggere biglietto alcuno giacché non torneranno subito: forse un domani, chissà dove, vi sarà la rimpatriata delle anime perse. Tutto è vanità. Anche i miei giorni sono contati senza che ne enumeri ognuno. Tutto è destinato all’estinzione e al superamento, perciò non resta che l’attimo stesso nella sua natura fugace e spesso intangibile. Qualcuno, forse uno scrittore esistenzialista o uno dei suo personaggi (Camus? Sartre?), un giorno ebbe a dire qualcosa del genere: “Anche se nulla ha senso è bene che io ceni”.
A tutta prima mi pare che la morte non riguardi i defunti, bensì concerna i vivi o presunti tali. Un evento inaspettato può confondere un soggettivo ordine delle cose, perciò solo l’individuo può ristabilirlo dentro di sé e immagino che spesso il tempo sia il migliore tra i suoi possibili alleati. I lutti non mi appartengono, sono di taglia troppo ampia per la mia vita stretta, perciò partecipo all’altrui dolore nella forma di una privata comunione col ricordo del defunto: chi egli fu è ancor un po’ per me, nelle mie sparute memorie delle parole che furono e dei gesti a cui gli arti diedero seguito. La natura dell’assenza è uno specchio che nulla riflette, è l’imperfezione di un ronzio a cui non si possono mai riconoscere i titoli di silenzio compiuto.
La morte altrui parla della nostra e per una volta mi fa usare il plurale maiestatis, ne fa annuncio a data da destinarsi: essa rammenta l’inesorabile facendosi inesorabile. Così passa la gloria del mondo e un giorno anche al mondo stesso, in ragione della sua scomparsa, non sarà più riconosciuta gloria alcuna. Riposi in pace chi già l’abbia trovata, morto o vivo che sia.

Categorie: Parole |

18
Nov

Nulla di serio

Pubblicato lunedì 18 Novembre 2024 alle 20:32 da Francesco

Secondo me è assurda la pretesa di chiunque si aspetti sempre onestà intellettuale dagli altri, ma a buon titolo quest’ultima può essere richiesta a sé stessi e per sé stessi, come se fosse un  imperativo categorico atto a risolversi nel tempio della soggettività. Più che avere ragione m’interessa sapere se questa, quando mi venga accordata, abbia una sua fondatezza o se sia solo il frutto di qualche sofisma o di espedienti analoghi; è anche in virtù di questo mio tratto indagatore se io mai inseguii una carriera forense benché, a onor del vero (appunto), il motivo principale ebbe a essere a mia renitenza agli studi universitari e persino al loro cominciamento.
A me lo scambio di opinioni spesso pare uno scambio di accuse o di insulti gratuiti, ma talora può essere divertente e gli riconosco un suo scopo ludico, l’unico. Credo che i più tirino l’acqua al proprio mulino, a costo di prosciugare gli oceani, però neanch’io mi ritraggo da questo approccio e mi limito soltanto ad aggiungere un contorno di domande su quello stesso operato che le ingenera, come se le seconde sputassero sul piatto del primo: tanto modo di lavarlo c’è, magari insieme alla coscienza, no? Di Ponzio Pilato o Mastrolindo. Le mie idee non spostano una foglia a meno che io non ci cada sopra con la stessa testa con cui le ho pensate, perciò sono astrazioni a cui talora do voce con fonemi e grafemi le cui tracce si perdono nell’aere.
Non devo convincere nessuno di nulla, non ho cause perse da sposare o perorare né clienti da difendere, inoltre se facessi vendite porta a porta cercherei di recarmi subito alla casa del Padre. Secondo me conviene tagliare la testa al toro quando ci si ritrovi in quello di Falaride, ma credo che il più delle volte basti lasciare ogni faccenda al livello di nulla quaestio.

Categorie: Parole |

2
Nov

Passando per caso

Pubblicato sabato 2 Novembre 2024 alle 21:50 da Francesco

Mi appoggio ai silenzi che si susseguono senza soluzione di continuità, tuttavia con la stessa indolenza di chi sieda su un muretto e vi lasci ciondolare le gambe. Altre volte ricerco suoni che sovrastino rumori anonimi e non tanto per un disprezzo verso i secondi quanto per il piacere dei primi. So cosa mi piace ascoltare e tendo a mantenere le distanze da ciò che non incontra il mio gusto o da quanto non desti la mia curiosità. Non è sempre possibile compiere una libera scelta e forse questa, in ultima analisi, non è mai davvero libera, però io non mi formalizzo e l’accetto per come si presenta al tribunale della mia ragione.
In uno dei vangeli v’è scritto di lasciare che i morti seppelliscano i morti, ma se dipendesse da me chiederei loro anche di potare i cipressi del cimitero. Non pratico il culto dei defunti né quello dei vivi: tutt’al più posso fermarmi per strada a comprare una torta gelato e qualche cialda, giusto per non presentarmi a mani vuote. Se la morte fosse una cosa seria non riuscirebbe a tutti: almeno la nascita implica un gioco a premi tra i gameti. Mi viene da pensare che la vita sia tassata alla fonte. Se tornassero gli anni passati questi verrebbero meno al proprio nome e si chiamerebbero ricorrenti. Al momento non ho nostalgie d’alcun tipo, o perlomeno non le sento mie, però non escludo che ne abbia qualcuna in frigorifero da scongelare in mancanza di meglio. Prima o poi le campane suonano per tutti, ma io, intanto, opto per dischi di mio gradimento e non sto ad aspettare rintocchi che non potrò manco udire. V’è da capire se certe decisioni sia meglio metterle ai voti o all’asta: nel primo caso io mi asterrei e le urne sarebbero deserte, nella seconda circostanza invece non farei né accetterei offerta alcuna. E allora? E allora niente!

Categorie: Parole |

27
Ott

La stagione delle piogge

Pubblicato domenica 27 Ottobre 2024 alle 02:10 da Francesco

Funesti e ottobrini all’esterno, finora i giorni del corrente mese hanno invece irradiato la mia vita interiore. Mi sento mosso da entusiasmi endogeni che hanno il diritto e il dovere di risolversi nel loro luogo d’origine. Sono pieno di energie e, sebbene anche prima lo fossi, adesso le avverto in misura maggiore. È come se stessi rivivendo uno di quei periodi a cui ero aduso anni or sono, puntuali nella loro balsamica comparsa, perciò ne sfrutto l’esaltazione per cavalcare il tempo presente. V’è un modo di dire secondo il quale “se Atene piange, Sparta non ride”, ma nel mio caso “se il mondo salta in aria, il sottoscritto quasi non se ne cura”.
Di solito periodi del genere sono per me precursori di orizzonti ancor più rosei, ma io preferisco quelle notti a cui concederei volentieri durata eterna se solo avessi da elargirne. Lunghe, dritte e buie vie che al calar delle tenebre conducono verso mondi lontanissimi, dove pensieri fervidi e phronesis convolano a nozze mistiche e poliandriche. Più che vivere, io vengo vissuto da fasi del genere ed è come se non vi svolgessi parte attiva: forse in un tale ambito il concetto di merito rimane alla porta o si perde negli immediati dintorni insieme al proprio senso, valevole solo fino all’uscio di cui sopra come di sotto, come in alto così in basso.
Lodi sperticate per ragioni indebite si perdono in frasi stolide, critiche sterili per motivi futili si azzerano in parole simili, perciò non resta che guardare il fiume mentre porta i corpi a valle.

Categorie: Immagini, Parole |