Ieri sera sono stato al Paganfest, una rassegna di folk metal che si è tenuta all’Estragon di Bologna. All’evento hanno partecipato cinque gruppi: Arkona, Varg, Dornenreich, Eluveitie e Finntroll. Il mio indice di gradimento è salito progressivamente in corrispondenza dell’ordine di apparizione. Sono stato tutta la sera in prima fila, appoggiato alla transenna mentre per la vicinanza i miei organi interni sobbalzavano ai colpi di doppia cassa. Ho apprezzato gli Arkona, ma ho avuto l’impressione che talvolta durante la loro performance la resa sonora fosse un po’ confusionaria. I Varg mi sono piaciuti e il loro suono è uscito pulito, però un disco intero di questa band non lo ascolterei. I Dornenreich mi hanno colpito poiché non sapevo cosa aspettarmi dal loro. Si tratta di un trio potente: chitarra e voce, violino e batteria. Qualcuno lamentava la mancanza del basso in questa formazione, ma a me è sembrato che le parti di violino la compensassero bene e si inserissero perfettamente con le sonorità che sono state proposte. Gli Eluveitie hanno fornito una prestazione strepitosa sebbene temessi che non fossero in grado di riproporre abbastanza fedelmente i pezzi dei dischi. L’ensemble svizzero mi ha esaltato e ha dipanato in me ogni dubbio sulle loro capacità dal vivo poiché sono stati pressoché impeccabili. Quando è partita “Inis Mona” è scoppiato l’apocalisse benché il pubblico per quanto partecipativo fosse piuttosto quieto e difatti su quest’ultimo punto devo riconoscere al pubblico romano (e limitrofo) una certa superiorità. L’evento è cominciato alle diciannove e si è concluso a mezzanotte con un’esibizione devastante dei Finntroll. La band finlandese forse non ha proposto una scaletta spettacolare, ma ha suonato ogni cazzo di pezzo con intensità e ha tenuto il palco benissimo. Per quanto mi riguarda il Paganfest si è rivelato uno spettacolo interessante, organizzato con tutti i crismi e senza sbavature. Tra la folla ho incontrato e salutato anche il grande G. che si è trasferito in Emilia Romagna. Insomma, è stata una serata piacevole all’insegna della buona musica e di un clima festaiolo che ha evocato tradizioni lontane dalle infamie cristiane.
Diversi internauti giungono su queste pagine attraverso ricerche che concernono la scelta della musica per correre. Credo che l’efficacia di una compilation sia piuttosto soggettiva, ma condivido volentieri le mie esperienze. Nell’ultima settimana ho adottato una nuova playlist per affrontare un percorso di 21,8 chilometri (quasi quattro chilometri in più rispetto allo standard delle mie sessioni). Ho coperto la distanza testé citata in un’ora e trentotto minuti, a una velocità media di 13,35 chilometri orari e con un passo al chilometro di quattro minuti e trenta. Quanto ho descritto finora è il miglior risultato in termini di velocità che io abbia mai ottenuto. Ovviamente i miei dati non si sposano con le possibilità di vittoria in una mezza maratona, però mi soddisfano enormemente e in futuro mi auguro di fissare un nuovo record personale. Tra l’ascolto di un album e l’altro, ogni tanto realizzo una playlist come quella che mi accingo ad appuntare. Le mie prestazioni sono legate alla scelta della musica adatta per correre. Alcune tracce le seleziono per il valore emotivo mentre altre (e queste sono la maggior parte) per le caratteristiche prettamente musicali. In questa quarta compilation ho preso in prestito un po’ di roba dalla colonna sonora di Rocky e qualche cover in chiave metal. La raccolta contiene pezzi piuttosto piuttosto celebri e dunque non escludo che almeno una parte di quest’ultima possa fornire uno spunto per altre persone. La cover di “Eye Of The Tiger” dei Pain Confessor l’ho inserita due volte perché mi motiva molto. Quando la compilation termina e non sono ancora giunto a destinazione, faccio ripartire alcuni pezzi a mia discrezione. La cover di “Take On Me” dei Northern Kings è un pezzo a cui voglio dare una nota di merito perché lo reputo l’episodio più esaltante di tutta la playlist.
- Vince DiCola – Training Montage
- Bill Conti – Gonna Fly Now
- Crossfade – No Giving Up
- Robert Tepper – No Easy Way Out
- R.E.M – It’s The End Of the World As We Know It
- The Trophy – The Gift Of Life
- Bon Jovi – You Give Love A Bad Name
- Northern Kings – Take On Me
- Pain Confessor – Eye Of The Tiger
- Metallica – Whiskey In The Jar
- Survivor – Burning Heart
- Bad Religion – Broken
- Guns N’ Roses – You Could Be Mine
- Pain Confessor – Eye Of The Tiger
- Northern Kings – We Don’t Need Another Hero
- Northern Kings – My Way
Malgrado il sudiciume che impregna il mondo e le mani di chi abbia ricevuto un mandato per governarlo, la buona musica è immune da cotanta pochezza e colgo ogni occasione per attingere dai suoi anticorpi. Sei giorni fa sono stato al Crossroads, un locale romano dove si è esibito Vinnie Moore: ottima atmosfera e acustica impeccabile. Chiunque apprezzi i virtuosi delle sei corde non può prescindere dal chitarrista suddetto. Durante il concerto Moore ha suonato prevalentemente pezzi vecchi, ma ha proposto anche qualche traccia del suo ultimo lavoro, “To The Core”, un album meno neoclassico rispetto ai suoi canoni e ugualmente ben riuscito a mio avviso. Non conoscevo nessuno dei tre musicisti che accompagnavano lo statunitense, però tutti mi hanno fatto un’ottima impressione e ho gradito anche le parti vocali del tastierista benché talvolta la sua voce uscisse un po’ distorta. Vinnie Moore è un tipo simpatico e dopo la conclusione di un pezzo, nominando i membri del suo gruppo, lui si è presentato così: “My name is Eddie Van Halen”. Alla fine del live ho avvicinato il virtuoso e gli ho detto che forse lo avrei rivisto alla data di Pisa e lui mi ha risposto: “It sounds good, bring the girls”. Io ho detto semplicemente “sure” perché non ho avuto la lucidità d’informarlo che ero la persona meno adatta per quel compito. Che risate! Tra marzo e maggio mi attendono alcuni concerti radicalmente diversi tra loro, ma nel mio umore la musica non cambia mai e ogni genere che seguo riesce ad appagarmi.
Prophilax a Roma e Satyricon a Bologna
Pubblicato giovedì 10 Dicembre 2009 alle 10:36 da FrancescoHo deciso di compendiare in un unico appunto le mie impressioni su due concerti a cui ho assistito recentemente. Il dodici novembre sono andato al Qube di Roma per vedere una delle sporadiche esibizioni dei Prophilax. Conosco il gruppo capitolino da quando avevo quindici anni e i loro dischi hanno accompagnato tutte le fasi musicali che hanno contraddistinto la mia evoluzione come ascoltatore. Il pubblico è stato molto partecipe e mi sono aggregato al pogo per tutta la durata del live, inoltre ho cantato ogni pezzo tranne “Frate ‘n kiappetto” di cui non rammentavo il testo. Ceppaflex è un ottimo frontman e un grande intrattenitore, Sbohr è un virtuoso delle sei corde e lo apprezzo anche nelle vesti di chitarrista fusion. Non conoscevo il bassista né il batterista dato che si avvicendano ciclicamente, ma entrambi hanno fornito una grande prova e del primo ricordo con piacere un assolo sublime. L’acustica è stata perfetta e il grande Christian Ice ha dimostrato ancora una volta di essere un fonico preparato. Il gruppo ha suonato circa venti pezzi senza sbavature e nella loro scaletta le nuove produzioni sono state alternate bene alle tracce storiche. Il concerto è stato aperto da “Pornografia Unica Via” e si è concluso con la celebre “Dora Daccela Ancora”, ma dall’inizio alla fine sono stati proposti pezzi come “Ti Ano”, un inno all’uscita di servizio del corpo femminile, “Clerottura de Cojoni”, un’analisi oculata sull’associazione a delinquere che ha sede nel Vaticano, “Atac di Merda”, “Pompotron”, “Sono Un Pornografo”, pezzo inaspettato quanto gradito, “Me Prude Er Culo”, “Re Arcù” e altre gemme di nicchia tra cui quelle in cui figura anche Tizianal, una cantante piuttosto dotata (vocalmente) che ha partecipato all’ultimo album dei Prophilax. Un live eccezionale e gratuito: semplicemente perfetto.
Due giorni fa sono andato a Bologna per assistere al live dei Satyricon anche se il gruppo norvegese ormai è molto lontano dalle sonorità per cui lo ho apprezzato su dischi come “Dark Medieval Times”, “Nemesis Divina” e “The Shadowtrone”. Sapevo a cosa sarei andato in contro, ma ho deciso ugualmente di assistere a questo concerto poiché i Satyricon sono parte della storia del black metal e dunque il mio è stato un tributo a ciò che questo gruppo ha rappresentato per il genere suddetto. Prima dei Satyricon hanno suonato gli Shining che mi hanno fatto veramente cacare e hanno fornito la prestazione peggiore che io abbia mai visto dal vivo. Ancor prima hanno suonato i Dark Fortress che ho apprezzato molto e forse la loro parentesi è stata la nota più lieta della serata, tuttavia nonostante l’impegno e le capacità non ascolterei mai per intero uno dei loro dischi. I Posthum hanno suonato per primi e negli ultimi due pezzi mi sono piaciuti. Com’era prevedibile la scaletta dei Satyricon non mi ha entusiasmato, ma avevo già previsto tutto ciò. Frost dietro le pelli è una macchina e Satyr sa tenere benissimo il palco, ma sfortunatamente le loro ultime produzioni mi tediano.
Il ventitré ottobre sono andato a Roma per assistere al concerto dei Marduk e dei Vader. Prima delle leggende svedesi e polacche hanno suonato due gruppi validi che malgrado la loro bravura non sono riusciti a impressionarmi. Il pubblico era scarso, l’acustica vomitevole, il fonico incapace e il locale angusto, ma il live è stato potente e violento, inoltre a una bancarella ho rimediato una copia originale di “Macedonian Darkness” dei Baltak per soli dieci euro! I Vader non hanno suonato molto, però hanno fornito una prestazione intensa. Io ero più interessato ai Marduk benché riconosca l’importanza storica dei Vader. La formazione svedese ovviamente non era quella originale, ma devo ammettere che Mortuus in qualche modo è riuscito a sostituire degnamente Legion dal punto di vista musicale e sotto l’aspetto della presenza scenica. L’esibizione dei Marduk si è protratta a lungo e il concerto è terminato attorno alle due di notte. Per me il punto più alto della serata è stato l’esecuzione di “Baptism By Fire” dall’album “Panzer Division Marduk”; esaltante e devastante. Il pubblico è stato partecipe e ha accennato qualche moshpit nonostante fosse poco nutrito. A mio avviso la scarsa affluenza ha arricchito l’atmosfera di nicchia dell’evento e per questo motivo l’ho apprezzata. Ho assistito a un pezzo di storia del black metal e del death metal, ma qualche giorno prima ho perso la data capitolina dei Cannibal Corpse e Dying Fetus. Spero di assistere a qualche altro live prima della fine dell’anno anche se per adesso, all’orizzonte dei concerti italiani che sono previsti per i prossimi due mesi, non scorgo gruppi di cui mi interessi un’esibizione dal vivo. Dato che i Marduk non hanno mai realizzato video interessanti, appunto ai piedi di questo righe il nuovo video dei loro connazionali: i Dark Funeral.
Ho preparato e collaudato una terza raccolta di tracce power metal e heavy metal da ascoltare durante le mie sessioni di corsa. Ho affiancato qualche band meno nota a dei gruppi blasonati e il risultato per me è stato stupefacente: un mix stimolante di vecchie glorie e nuove leve. Ho provato quest’ultima compilation lungo un percorso di ventisei chilometri (circa otto chilometri in più rispetto alla distanza che copro abitualmente) e ne ho tratto grande beneficio, specialmente in salita. Tra tutti i grandi pezzi che ho scelto credo che “Heading Northe” degli StormWarrior sia il punto in cui la mia esaltazione raggiunge il culmine e difatti si rivela un aiuto potente quando aumenta la pendenza verso l’alto.
- Axxis – The Fire Still Burns
- Angra – Carry On
- Astral Doors – Black Rain
- Astral Doors – Raiders Of The Ark
- Axel Rudi Pell – Fly To The Moon
- Domine – True Leader of Men
- Gamma Ray – Send Me a Sign
- Gamma Ray – It’s a Sin
- Iron Maiden – Flight of Icarus
- Iron Maiden – The Evil That Men Do
- Judas Priest – A Touch of Evil
- Kotipelto – Sleep Well
- SevenGates – I Don’t Believe
- StormWarrior – Heading Northe
- Stratovarius – 4000 Rainy Nights
- Stratovarius – Black Diamond
Per questa seconda raccolta ho utilizzato dei pezzi hip hop mentre per la terza compilation userò nuovamente delle tracce power metal e heavy metal. Trovo che, salvo poche eccezioni, l’efficacia della musica durante la corsa tenda a diminuire ed esaurirsi ogniqualvolta non venga diversificato l’ascolto dopo un numero variabile di sessioni. Penso che sussistano delle analogie tra la differenza di potenziale che si trova in campo elettrico e l’adozione della musica come elemento di tensione per intensificare l’attività fisica, perciò a mio avviso è necessario che la mente non si abitui mai a certi suoni e per evitare d’incorrere in questa condizione ho notato che almeno nel mio caso è sufficiente sostituire all’uopo il contenuto dell’ausilio musicale. Attraverso un continuo riciclo di tracce mi sono reso conto di come ogni pezzo valido ricarichi la propria efficacia dopo un periodo nel quale non giunga mai all’udito.
- Army Of The Pharaohs – All Shall Perish
- Fat Joe – King Of N.Y.
- Goodie Mob – Still Standing
- Ill Bill – What’s Wrong
- Immortal Technique – The Poverty of Philosophy
- Juelz Santana – Shottas
- Killah Priest – One Step
- Killah Priest – B.I.B.L.E.
- Kool G Rap – My Life
- Large Professor – Stay Chiseled
- M.O.P. – Ante Up
- Sticky Fingaz – No More
- Talib Kweli – Beautiful Struggle
- Three 6 Mafia – Late Night Tip
- Tragedy Khadafi – Hood Love
Ho realizzato un paio di raccolte musicali per correre e le ho provate durante le mie sessioni di allenamento per comprenderne l’efficacia. Entrambe si sono rivelate ottime e per questo motivo ho intenzione di crearne altre. Questa playlist è composta da brani heavy e power metal, ma ne ho già pronta un’altra che è formata da pezzi hip hop d’oltreoceano e per le raccolte future attraverserò almeno altri due generi musicali che a mio avviso si adattano bene alla corsa. Ho cucito la compilation sottostante su misura per me, ma non escludo che qualcun altro possa trarne spunto o utilizzarla. Le tracce possono essere ordinate a seconda delle esigenze e l’ordine alfabetico è soltanto un mio vezzo. La durata complessiva di queste tracce è di circa un’ora e otto minuti, perciò qualcuna l’ascolto più volte per raggiungere il tempo di un’ora e venticinque minuti circa che ormai impiego regolarmente per coprire il mio percorso abituale di diciotto chilometri.
- Blind Guardian – Mirror Mirror
- Bruce Dickinson – Tattooed Millionaire
- Bruce Dickinson – Chemical Wedding
- Domine – The Ride of the Valkyries
- Dream Theater – Another Day
- Evergrey – Words Mean Nothing
- Helloween – I Want Out
- Iron Maiden – The Wicker Man
- Luca Turilli – Legend of Steel
- Manowar – Return of the Warlord
- Manowar – Call To Arms
- Sabaton – Primo Victoria
- Sabaton – 40:1
- Stratovarius – S.O.S.
- Stratovarius – Hunting High And Low
Spesso so scegliere bene un ausilio musicale che faccia al caso mio in una data situazione e questa capacità mi facilita molto la vita. Usando un gioco di parole inglese potrei dire che quasi sempre sono in grado di procurarmi un “eargasm”; almeno quello!
Tra il margine stradale e il pentagramma
Pubblicato domenica 26 Luglio 2009 alle 23:32 da FrancescoOltre che nella mia esistenza, la musica svolge un ruolo importante anche nel mio allenamento fisico e cerco sempre di scegliere quella che possa incentivare la mia motivazione. Durante le mie sessioni podistiche ascolto spesso metal di varia natura, sporadicamente hard rock e qualche pezzo pop piuttosto sostenuto. Nel corso degli anni ho affinato la mia capacità di scegliere singole tracce e dischi interi per la mia attività fisica, tuttavia immagino che l’efficacia di queste scelte sia personale e la reputo fortemente dipendente dall’identità musicale d’ognuno. Ho sperimentato su me stesso quanto le mie prestazioni possano subire un miglioramento sensibile ogniqualvolta io accompagni i miei sforzi con sonorità adeguate. Talvolta considero il mio lettore mp3 un organo artificiale, ma non ne abuso per evitare di fottermi l’udito troppo presto. In queste righe voglio appuntare qualche album e qualche gruppo che mi aiutano o mi hanno aiutato nei miei movimenti sull’asfalto. Un elenco completo richiederebbe troppo tempo e quello che segue probabilmente non rispecchia neanche l’ordine d’importanza, tuttavia non me ne frega un cazzo. Ovviamente ci sono dischi eccezionali che non posso ascoltare mentre corro. Riuscirei a fare i miei soliti diciotto chilometri con John Coltrane o Thelonious Monk? Forse sì, ma impiegherei più tempo e la mia sensazione della fatica probabilmente verrebbe accentuata.
Blackguard – Profugus Mortis
In questo album il gruppo canadese fonde sapientemente black metal e musica folk. Il risultato è un mix letale di potenza, cattiveria e melodia che non sfigura affatto accanto a nomi più celebri quali Finntroll e Korpiklaani. Per me questa è una delle migliori produzioni degli ultimi anni nel campo del metal estremo.
Lost Horizon – Awakening The World
Il gruppo in questione ha sfornato soltanto due dischi (quello in esame è il primo) che considero due pietre miliari del power metal sebbene a mio avviso non abbiano ricevuto gli onori che meritavano. La voce di Heiman, i ritmi serrati, l’assenza di qualsiasi ballad e la velocità di esecuzione sono gli elementi che prediligo di questo lavoro della band svedese. Per una volta concedo una nota di merito anche ai testi poiché mi ci rivedo molto.
Guns N’ Roses – Chinese Democracy
Sono sempre stato un fan dei Guns N’ Roses e avevo seri dubbi che il solo Axl Rose potesse sfornare qualcosa all’altezza del monicker di cui si è appropriato, ma il disco che è uscito lo scorso anno mi ha sorpreso enormemente e non ho mai condiviso le polemiche né le critiche a cui è stato sottoposto. In passato ho già dedicato qualche riga a questo album e non intendo ripetermi, ma ne sottolineo soltanto l’ottima resa che ha sulla mia andatura.
Dio – Holy Diver
Il capolavoro di Ronnie James Dio è uno di quei dischi che secondo me non risulta mai fuori luogo e difatti lo considero ottimo per correre. Trovo che “Caught In The Middle” sia la punta di diamante della tracklist e non è raro che il suo ascolto mi provochi qualche brivido lungo la schiena.
Luca Turilli – King of the Nordic Twilight
Il primo album da solista del chitarrista dei Rhapsody of Fire è stato il disco che mi ha introdotto al power metal. Ricordo ancora quando nel 1999 un mio coetaneo (il grande G.) mi fece ascoltare questo lavoro. Quando corro di solito salto le tracce lente (che trovo splendide nel contesto di un ascolto diverso) e mi godo l’atmosfera epica che la voce di Olaf Hayer cavalca con maestria.
Sabaton – The Art of War
Adoro il sound e il concept dei Sabaton su questo album. Tra tutte le tracce “Unbreakable” e “40:1” primeggiano nelle mie prefrenze, ma tutto il disco scorre perfettamente e mi induce a distogliere la mente dalla fatica per immergerla nella descrizione degli eventi bellici che caratterizzano questo parto del gruppo svedese.
Blaze Bayley – The Man Who Would Not Die
Ho visto Blaze dal vivo e probabilmente il ricordo della sua performance ha influito sul modo in cui successivamente ho recepito il suo album. Per me si tratta di un grande disco da cui trasuda una passione fortissima che si traduce puntualmente in una spinta heavy metal di proporzioni enormi.
DragonForce – Valley of the Damned
Conosco questa band da quando usava ancora il nome di DragonHeart per distribuire un demo straordinario (che in seguito è diventato l’album d’esordio) sul proprio sito. Non impazzisco per questa formazione, ma la loro velocità è un notevole aiuto durante le mie sessioni di allenamento.
Sam Cooke – A Portrait of A Legend 1951-1964
Questa raccolta di una leggenda del soul è un ausilio efficace per la mia corsa, ma funziona soltanto in quei giorni in cui il mio umore sia ben disposto ad accettarla.
Ieri mi sono recato insieme al grande B. al Siddharta di Prato per una serata dedicata agli Iron Maiden. Tra gli interpreti della Vergine di Ferro spiccava un nome che suona familiare a ogni amante dell’heavy metal: André Matos. Quest’ugola doro del Brasile ha eseguito i pezzi di Steve Harris e soci con l’ausilio dei Clairvoyants che strumentalmente hanno reso giustizia alla band inglese. Matos oltre ad avere doti canore fuori dal comune è anche un ottimo intrattenitore e una persona umile, infatti dopo il live si è dedicato a una lunga sfilza di autografi. Oltre alle cover degli Iron Maiden sono stati proposti altri classici tra cui “Burn” dei Deep Purple. Alla fine di “Flight of Icarus” il pubblico (me compreso) è rimasto un po’ perplesso perché il brano non era stato concluso, ma dopo un minuto, quando sembrava che stesse per iniziare un altro pezzo, Matos ha detto queste testuali parole: “Italia, devo dirvi una piccolissima cosa”. Qualche secondo dopo l’ex frontman degli Angra ha lanciato un grandissimo acuto e ha completato “Flight of Icarus” che io e il resto dei presenti credevamo ormai incompiuta. Devo ammettere che questo exploit mi ha esaltato moltissimo. L’acustica del Siddartha alle mie orecchie è risultata buona come nei concerti precedenti. Per quanto mi riguarda Matos ha interpretato Bruce Dickinson come pochi sanno fare, ma la mia stima nei suoi confronti proviene da più lontano e in particolare dai suoi dischi con gli Angra con i quali ho imparato a conoscerlo e di cui ho le copie originali da qualche anno: “Angels Cry” e “Holy Land”. La chiusa perfetta di questo appunto è un video di Matos in cui quest’ultimo esegue la celebre “Carry On” durante la sua parentesi con gli Shaaman.