Ieri ho camminato per otto ore. Sono stato a Roppongi e ho visto la Tokyo Tower. Ho passeggiato per Shibuya e ho comprato il pranzo in un piccolo market. Due tramezzini e un piatto di spaghetti. Non ho difficoltà a farmi capire. Certo, non posso intrattenere una discussione di teoretica, ma non ho problemi a fare acquisti. Ieri mattina, vicino alla Tokyo Tower ho pronunciato “konnichiwa” in risposta al “good morning” di una guardia giurata: ormai sono pronto per sostituire Shinzo Abe. Non sto spendendo molto e non ho ancora tirato fuori uno dei miei ventisette biglietti da 10000 yen. Devo ancora decidere quando recarmi a Kyoto. Non è difficile muoversi in metropolitana e le indicazioni in inglese semplificano notevolmente la vita agli stranieri che non conoscono il giapponese. Per strada ho incontrato altri occidentali impegnati nel lavoro. Ieri sera, prima di tornare in albergo, ho raziato un distributore automatico a colpi di 100 yen per portarmi in camera qualcosa da bere di buono e analcolico. Oggi andrò a Ginza e mi perderò per qualche ora nel territorio circoscritto dalla Yamanote Line.
Il volo verso Narita e il primo impatto nipponico
Pubblicato lunedì 5 Febbraio 2007 alle 22:37 da FrancescoAd Amsterdam sono salito a bordo del 777 della KLM attorno alle due del pomeriggio dopo i controlli di routine. Hostess bellissime hanno riverito cortesemente il carico umano dell’aereo per undici ore. Sul retro di ogni sedile si trovava un piccolo monitor sul quale era possibile selezionare vari servizi: film, giochi, informazioni turistiche e il tracking dell’aereo. Ho passato il volo accanto a un signore olandese con il quale ho scambiato qualche parola in inglese. Mi ha detto che l’Olanda è il futuro del turismo e che un amico di sua moglie lavora a Casale Monferrato, poi mi ha accennato qualcosa del suo lavoro: a quanto ho capito si occupa del trasporto di qualcosa tra l’India e il Giappone. “Holland is the new Riviera”. Durante il volo ho dormito a fasi alterne e più di una volta ho declinato gentilmente le offerte alimentari di una hostess nipponica che avrei sposato seduta stante con un rito appartenente a una qualsiasi delle tante e fantasiose religioni che galleggiano sul globo. L’aereo ha sorvolato gli Urali, poi la Siberia e la Mongolia oltre, ovviamente, zone di cui non ricordo né il nome né l’ubicazione sul Risiko della Casa Bianca. Ho seguito per un po’ il tracking dell’aereo sul monitor del mio posto e ho trascorso il viaggio tra colpi di sonno e riflessioni esistenziali. Sono arrivato a Narita alle dieci e venti di mattina. Ho compilato un questionario nel quale ho dichiarato di non avere esplosivi né droghe. Ho dovuto attendere fino a mezzogiorno per cambiare i miei euro in yen e con i primi mille ho comprato il biglietto del Limited Expres per raggiungere Ueno attraverso la Kensei Line. Il tragitto in metro è durato ottanta minuti durante i quali ho visto case e casette ai margini della capitale nipponica. Ci ho messo un po’ di tempo per trovare il mio albergo, il New Izu Hotel, ma alla fine ce l’ho fatta. La mia stanza è piccolissima, ma il cesso tecnologico compensa le dimensioni lillipuziane del resto. Sono rimasto un’ora in camera, ho sistemato le mie cose e poi sono uscito. Le strisce pedonali di Tokyo sono enormi e le due schiere di pedoni che le attraversano mi sembrano sempre due squadre di football americano che si affrontano senza remore. Il primo pasto da gaijin è stato modesto ed è economico: un panino targato McDonald per 280 yen e delle bibite che ho acquistato in uno dei tanti distributori automatici che si trovano in ogni dove. Mi è piaciuto molto il Royal Milk Tea: costa appena 130 yen e si mantiene sempre caldo. Per le vie di Ueno ho visto vari negozi e piccole attività minori. Le vetrine sono colorate e simpatiche, alcuni commercianti si appostano all’entrata e illustrano le loro offerte leggendole al microfono. Tutto avviene in maniera educata, senza grida acute né isteria. Ho visto qualche esempio di povertà, ma per adesso nulla di sconvolgente. Mi sono addormentato verso le sette di sera e mi sono alzato alle tre di notte. Adesso sono le sei e cinque minuti del sei febbraio mentre in Italia sono ancora le dieci di sera del cinque febbraio. Mi sento nel futuro, in tutti i sensi. Vado a prepararmi per l’esplorazione della metropolitana di Tokyo.
In rotta verso il Giappone: 4 febbraio 2007
Pubblicato lunedì 5 Febbraio 2007 alle 22:02 da FrancescoA Roma
Sono le 9:06. Stamane mi sono fatto accompagnare a Fiumicino da mia madre che fino all’ultimo momento mi ha implorato di chiamarla una volta arrivato in Giappone: ovviamente le ho detto di no e l’ho lasciata in preda alla paura di perdere il suo unico figlio. Adesso mi trovo nella sala d’attesa al gate B1 dopo una lunga fila al check-in. Non ho avuto problemi e per orientarmi ho seguito il vasto e variegato gruppo di giapponesi con il quale condividerò il volo fino all’aeroporto di Narita. I controlli sono stati rallentati dai tacchi improponibili di alcune figlie del Sol Levante. Le donne nipponiche sono tanto minute quanto belle. Sembrano delle statuine di beltà e non mi riferisco solo alle ragazze. Mi diverto a guardare le livree degli aerei e osservo con malcelato entusiasmo i loro decolli. La sala d’attesa è colma di persone assonnate e il piacevole tepore invita ogni passeggero a riposare un po’. C’è qualcuno che si diletta con il PC portatile e chi sfoglia svogliatamente le pagine di un giornale. Alla mia destra si trova un anziano dormiente e alla mia sinistra un aereo della Wind Jet. Manca poco alla partenza per Amsterdam. Continuerò questi appunti di viaggio quando sarò atterrato nella capitale olandese.
Ad Amsterdam
Finalmente ho messo piede nella meta ambita dai tossici europei. Ho passato il volo vicino al finestrino, accanto a una coppia di giapponesi e all’ala sinistra del 737 della KLM. Mi è piaciuto volare di nuovo. Amo la fase di decollo, quando la spinta dei motori si fa sentire con tutta la sua virulenza e si impone prepotentemente sulla forza di gravità. A bordo ho consumato un pasto modesto e ho ammirato uno scenario che ho visto altre volte dall’alto: le Alpi. Durante la fase terminale del volo ho avvertito una fitta all’occhio sinistro, ma per fortuna se n’è andata com’è venuta. Sono un po’ stordito a causa delle poche ore di sonno, avverto i postumi di una probabile sinusite, ho gli occhi rossi, ma la cosa più importante è che non me ne frega un cazzo. Questo breve tappa, da Roma ad Amsterdam, mi ha riportato alla mente le sensazioni dei miei precedenti viaggi aerei. Sono le 13:21, l’imbarco è previsto per le 14:20 e la partenza per le 15:20. Dovrei atterrare all’aeroporto di Narita alle dieci di mattina, ora locale, l’una di notte in Italia. Non avrò problemi ad adattarmi al fuso orario grazie agli orari sballati a cui sono abituato in patria. L’aeroporto di Amsterdam, di cui ignoro il nome, sembra più un tranquillo caffè parigino che una struttura adibita allo smistamento di uomini e merci. L’atmosfera è piacevole. Dietro di me è seduto un uomo anziano che sta parlando con una donna, ma per farsi sentire è costretto ad appoggiare un apparecchio elettronico sulla gola. Ogni tanto volgo lo sguardo a sinistra e osservo il rullaggio degli aerei. Durante il volo verso Narita spero di riuscire a dormire un po’ per mettere piede nel Sol Levante con tutte le mie forze e iniziare a divorare il paesaggio urbano a pieno regime. Spengo il PC, accendo il lettore MP3 e vado alla toilette per pisciare.