Ogni volta che vado in aereo mi sembra di rivivere sensazioni fetali, ma al posto della placenta spesso trovo una hostess incantevole che si occupa di approvvigionarmi. Penso che affidare la propria vita all’efficienza di un aeromobile e alle capacità dei piloti sia un po’ come trovarsi nel grembo di una madre responsabile. Il volo amplifica il mio benessere e mi infonde dei momenti estatici così intensi che persino l’idea della morte non si può ritrarre da un cenno di stupore. Quando viaggio in aereo si riducono i limiti geografici della mia mente, infatti la mia percezione dello spazio si altera e mi sembra di abbracciare con lo sguardo una parte consistente del mondo in miniatura che si trova sotto di me. La mia presenza in un determinato luogo non mi permette di essere altrove nello stesso momento e ovunque io sia questa incapacità di essere onnipresente mi fa sentire distante da un ipotetico centro della realtà , ma questa bizzarra sensazione di inadeguatezza spaziale si riduce notevolmente quando mi trovo ad alta quota. Mi piacerebbe provare l’ebbrezza di un atterraggio di emergenza per ingrandire il mio bagaglio di esperienze. Le mie parole sembrano poco assennate, ma suppongo che lambire la fine della propria esistenza possa portare un individuo alla scoperta di prospettive impensabili con le quali guardare la realtà e ciò che le assomiglia. Se sopravvivessi a un incidente aereo l’ordine delle mie priorità cambierebbe o resterebbe identico? Forse riterrei d’uopo ripetere l’incidente per pormi meglio la domanda e di conseguenza la ricerca spasmodica di un biglietto per un altro sinistro volante diventerebbe la mia preoccupazione precipua.