Mi osservi di nascosto perché l’orgoglio non può sporgersi più di tanto. Le parole che non ci doniamo a vicenda restano appese al silenzio. Nessuno di noi compie il primo passo perché entrambi crediamo che possa essere l’ultimo e attendiamo vigliaccamente che il tempo calmi le acque per affogare nell’indifferenza. Siamo muti e distanti, ma in realtà vorremmo leggere il nostro labiale a occhi chiusi. I nostri pensieri viaggiano sulla stessa lunghezza d’onda e non abbiamo potere su di loro né sulle loro evoluzioni acrobatiche. Fingiamo che il nostro regno sia un castello di carte, ma in realtà non è mai apparso nulla di più adamantino delle nostre incertezze simbiotiche. Un triangolo con un punto interrogativo per ogni vertice rappresenta la perfezione della nostra stupidità . Non vogliamo che la somma dei nostri giorni giaccia nel nulla, ma non muoviamo un dito per accarezzare il pensiero di tornare in auge. L’entusiasmo è evaso e il risentimento ci ha preso in ostaggio. Siamo le parti mancanti di un problema reciproco, ma non riusciamo a capirlo e ci ostiniamo a patire. Ingrandiamo le nostre delusioni perché sono l’ultimo ostacolo che si frappone tra noi e qualcosa che non ha nome né forma. Abbiamo ascoltato la cattiva consulenza dell’impulsività e abbiamo rifiutato un processo equo. Un errore ci ha giustiziato e poi è scomparso insieme alla causa della nostra morte. Cucirò un monogramma sulla mia aorta se torneremo a vivere e sarà una elle: la elle di Lazzaro.