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Frammenti d’oltralpe

Pubblicato giovedì 9 Marzo 2006 alle 06:40 da Francesco

Oggi Luis è un uomo abbastanza alto, sovrappeso e villoso. Sul suo cranio non fioriscono più i capelli e anche le sue speranze hanno smesso di sbocciare. È nato in Portogallo, ma da bambino si è trasferito in Francia, a Lione, per il lavoro del padre. Sua madre era una donna devota alla religione, mentre suo padre, nonostante un’apparente morigeratezza, era un habitué dei bordelli, e provava una forte attrazione per le prostitute minorenni. Un giorno ci fu una retata e suo padre venne arrestato, sua madre, nonostante conoscesse già le perverse abitudini del marito, cadde in depressione per lo scandalo e pochi mesi dopo si uccise con una forte dose di barbiturici. Luis lasciò Lione dopo la morte della genitrice e si trasferì a Parigi alla ricerca di una nuova vita. A diciassette anni iniziò a lavorare come barista in una bettola della banlieue parigina, conobbe personaggi pittoreschi e madame dagli abiti succinti. Trascorse tre anni tra i fumi dell’alcol e dei revolver. Una notte ci fu una violenta rissa e il suo capo venne ucciso a bastanote fuori dal locale, Luis capì che era ora di cambiare aria e se ne andò prima dell’arrivo dei gendarmi, portando via con sé l’incasso delle ultime serate. Durante quegli anni visse come squatter assieme a Jerome, il più grande figlio di puttana di tutta la parte est di Parigi, come egli amava definirsi. Un giorno Luis conobbe la sorella di Jerome, Juliette, che viveva a Bercy e lavorava come cameriera a Montparnasse. Lei era una bellissima ragazza, figlia della Parigi popolare. Longilinea. Aveva i capelli castani e lisci fino alle spalle, degli zigomi pronunciati che sottolineavano lo splendore del suo sorriso, una bocca meravigliosamente carnosa e un seno caratterizzato da una perfetta simmetria che le conferiva una profonda femminilità. Luis, grazie all’esperienza triennale nella bettola di periferia, trovò nuovamente lavoro come barista nei pressi di Saint Germain. Alcune sere staccava prima dal lavoro per accompagnare Juliette fino a Bercy, dove ella viveva con la madre. Le stagioni mutavano, i clienti andavano e venivano, la routine non accusava il peso degli anni e il rapporto tra il fuggiasco di Lione e la sorella del più grande figlio di puttana della parte est di Parigi continuava la sua ascesa. Luis e Juliette passarono la notte di un Capodanno imprecisato tra lenzuola di lino e fragranze d’incenso. Lei era stupenda, sorrideva con malizia e lasciava che i suoi capezzoli mostrassero tutto il loro vigore, lui la guardava con soddisfazione mentre la sua mano lusitana accompagnava un bicchere di Chardonnay alla bocca della sua raison d’etre. Passarrono gli anni, le sere, le scopate, e iniziò ad accumularsi il denaro, lo stress e l’adipe sui fianchi. Luis e Juliette ebbero alcune crisi durante la loro relazione e si separarono più volte, ma alla fine, in un giorno di giugno decisero di sposarsi. Nel frattempo la madre di Juliette era morta e questo permise a Luis di andare ad abitare nella casa della sua sposa. Anche Jerome era morto, era stato ritrovato disteso davanti ad alcuni vespasiani sporchi e maleodoranti; le sue braccia avevano così tanti buchi da sembrare alveari per le api drogate. Nonostante i lutti e il peso degli anni non mancarono nuove occasioni per i tumulti di gioia. Juliette dette i natali a una bambina, ma morì durante il parto senza che nessuno se ne accorgesse. Anche la bambina morì perché l’ostetrica che la teneva in braccio svenne e la piccola cadde come corpo morto cade. Fu una semplice tragedia, un dramma troppo essenziale per trovare un posto temporaneo tra i quotidiani. Luis non seguì le pratiche giudiziare, preferì la consolazione delle parole liquide dell’alcol. Vagò lungo ogni rue di Parigi per mesi e spese gran parte del denaro che aveva risparmiato per Juliette e per il frutto della loro passione. Trascorse alcune sere seduto nel buio, nei pressi di un ristorante, i pensieri erano offuscati e il vuoto dell’animo suo era scandito dalle note stonate di un ragazzino rom che suonava con la fisarmonica al collo in cambio dell’elemosina. La fin de sa vie.

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