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Ott

Dissolvenze

Pubblicato martedì 9 Ottobre 2012 alle 00:14 da Francesco

A me non interessano i piani pensionistici né le prospettive di crescita economica, tuttavia non mostro disprezzo per scadere in un anticonformismo banale né tanto meno per darmi un tono. Io vorrei avvicinarmi davvero a quella mentalità che permette di accogliere la morte in qualsiasi momento, senza l’ausilio di ciarle roboanti che hanno il solo scopo d’intonare una virilità stantia. Per me questo è un tema ricorrente poiché lo considero un punto di svolta per la mia esistenza e al tempo stesso un obiettivo irraggiungibile. Non so proprio come spiegarmi senza prestare il fianco all’approssimazione. La cultura cristiana non facilita il raggiungimento di questo obiettivo perché infonde una parvenza d’eternità nella percezione del tempo anche in alcuni di coloro che fanno professione d’ateismo: questa è una delle tante colpe che imputo alla fede monoteistica di cui sopra. Per me il culto della morte non deve essere contrapposto alla vita né tanto meno deve ridursi ad un’autodistruzione che usurpi il buon nome del nichilismo, bensì lo considero un modo per comprendere la propria finitezza. Io devo morire. Il mio cuore smetterà di battere, il mio ricordo sarà spazzato via e prima o poi la stessa fine toccherà al sistema solare nel quale ho avuto il privilegio di vivere per quello che è un battito di ciglia nei tempi dell’universo.
Queste parole restano banalità a meno che non producano un minimo livello d’inquietudine in grado di certificare il loro impatto sulle profondità di chi le verga e di chi le legge. Con tutto ciò io non intendo disinnescare qualunque anelito, ma rafforzarlo in favore di quella clemenza cosmica che è la fine. A me spaventerebbe l’idea di vivere per sempre. Rinuncerei all’immortalità anche se la prossima finanziaria la prevedesse per tutti i cittadini maggiorenni: tutt’al più mi potrebbe andare bene una proroga di qualche secolo per mera curiosità, ma poi saluterei tutti e mi ritirerei nel nulla senza più abiti né carne.
Alla fine di questo appunto mi rendo conto che non riesco neanche a scalfire il muro che separa la mia capacità di esprimermi dal concetto che io cerco d’illustrare senza successo, come se quest’ultimo fosse ineffabile: non so se lo sia davvero o se sia la mia mediocrità a renderlo tale.

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