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Vivisezione visionaria

Pubblicato lunedì 6 Marzo 2006 alle 06:44 da Francesco

Non ricorda il suo nome né la natura della sua lingua madre. Osserva le sue braccia, le ruota, le analizza con attenzione certosina e le ripone nella loro posizione naturale. Capovolge nuovamente il suo avambraccio destro, ma il risultato è il medesimo; non vede più le vene del suo corpo, ma solo radici vischiose che nutriscono il suo organismo con un terrore senza nome. La sua pelle cade come fosse una chioma autunnale e lascia nudi gli arti d’ottone. Le sue sembianze hanno assunto la forma di un homo sapiens forgiato dai libri dell’alchimia. Si trova in una stanza oscura e ovattata, in cui aleggiano polveri viola che emettono luci tenui e inquietanti sorrisi amorfi. Le pareti sono tappezzate di porte; ai lati, sul pavimento e sul soffitto. Ogni porta ha tre maniglie e ognuna di esse apre una realtà diversa. Esistono combinazioni infinite con le quali osservare le varibili infinite degli eventi infiniti che si alternano tra genesi e distruzione nella crescente infinità della concezione di spazio e tempo. Le dinamiche dell’eternità restano proibitive per le menti delle razze primitive assorte nel ludo del livello primordiale dello scibile: altalene di eternit, risate al monossido di carbonio ed eruzioni radioattive. Lui, la forma di vita antropomorfa, corre per la stanza, ma essa adatta la sua posizione al movimento del folle maratoneta e rende vano ogni suo tentativo di fuggire dalla scelta di una realtà. Egli deve scegliere una porta e girare una delle tre maniglie. Lui non vuole aprire nessuna realtà perché teme ciò che si trova al di là di ogni parete, ma non ha altra scelta, se non quella di trascorrere la sua breve eternità tra i riflessi accuminati delle serrature. Adesso è tutto fermo: sono immobili sia la stanza che l’ennesimo protagonista di una storia mai scritta. Alcune gocce di sudore cadono e rimbalzano prima di toccare una qualsiasi delle sei facce della stanza cubica. Egli se ne accorge ed è intimorito dal moto indipendente del liquido espulso dalla sua cute. Le gocce di sudore si moltplicano e tracciano traiettorie elittiche ad altà velocità, il timore cresce parimenti e permette anche alle lacrime di iniziare la loro evasione dal corpo per aggregarsi alla ridda del sudore; la stanza è affollata dalla rapidità liquida. La danza delle secrezioni umane si chiama angoscia, ma è anche conosciuta come tormento o pena e costringe ogni affittuario ad agguantare una maniglia della stanza dalle mille porte. Spesso una scelta dettata dalla tempesta di lacrime e sudore è pari a una morte consenziente dentro quelle quattro mura traboccanti di scelte. È indispensabile ponderare la scelta con attenzione e comportarsi come un meditabondo invece di agire come un aspirante moribondo. L’imperfezione della razza dalla quale egli proviene, quella umana, è originata dall’incapacità di fondere la ragione e il sentimento per creare una lega metallica decisionale. La ragione è l’alfiere del sentimento e solo il connubio tra questi due elementi permette di indicare alla mano su quale pomello posarsi. Ed egli? Egli non è. Talvolta è utile sostituire egli con la seconda persona singolare di una lingua neolatina.

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