Ogni decisione presa può generare molte ipotesi e molte riflessioni. Qualunque azione può essere giudicata in modi differenti e può assumere una miriade di sfumature a seconda del background di chi osserva e sentenzia. Più passa il tempo e più mi rendo conto di quanto siano vacui i giudizi che emetto e quelli che ricevo. Questo breve scritto rischia di trasformarsi nella solita cantilena sterile e puerile sull’inconoscibilità di ciò che è giusto e sbagliato, ma spero che faccia una fine migliore. Le dissertazioni sulla moralità mi hanno sempre dato l’idea di avere dei fini puramente speculativi e poco concreti. Le parole allontanano dalla concretezza e anche per questo ogni tanto le ripudio. Mi sembra che sia piuttosto difficile salvaguardare il valore di una frase. Il tempo erode il significato delle espressioni linguistiche e ne ridimensiona l’importanza. Le opinioni spesso cambiano e penso che la loro natura mutevole mostri quanto esse siano volubili e inaffidabili. Certe volte credo di avere ragione su questioni di poca importanza, ovvero inezie comuni e discussioni patetiche, ma anche quando ricevo il consenso di altre persone non mi convinco automaticamente dell’esattezza dei miei pensieri. Non mi interrogo su grandi questioni morali, ma su vicende comuni e non lo faccio come semplice atto di masturbazione mentale. Dalle mie riflessioni oziose tento di ricavare dei risvolti pratici, ma spesso mi sembra di rincorrere solo uno sfogo linguistico.