Alcune volte non riesco ad accettare l’evenienza che la mia vita possa trascorrere al di fuori della fisica sentimentale e mi stanco inutilmente con la contemplazione di visioni funeree. Mi sono accorto che certi pensieri riescono a farsi strada in me solo quando viene meno la mia capacità di rimanere aggrappato alla realtà . Ogni tanto mi sembra di vivere ai confini dell’autismo e più di una volta ho temuto di essere affetto da una patologia mentale. Il vuoto della mia esistenza è un materiale malleabile, ma non posseggo ancora la maestria per modellarlo a mio piacere. Mi aggrada perdermi in parole ampollose e in frasi criptiche, ma fortunatamente la realtà è molto più semplice ed efficace. Tra le lettere asettiche di queste pagine noto delle venature di malinconia vanesia. Nella mia esistenza latitano elementi importanti, ma mi chiedo se io ne abbia davvero bisogno o se la mia serenità necessiti solo della loro mancanza per nutrirsi con il carico melenso di una giovinezza strappata alla passione o a chi per lei. L’unico banco di prova è la realtà e tra queste righe posso unicamente spargere vocaboli e unire congetture che hanno una valenza prettamente estetica. Forse anche il pensiero ricorrente della morte incide sulla tonalità della mia vita. Per me la finitezza umana non ha sembianze meste e non affermo ciò sulla base di consolazioni religiose che non mi appartengono. Il mio tempo è laico e dilatato. Di tanto in tanto mi chiedo come saranno le mie rughe. I ritmi della parte del mondo in cui vivo falsano le mie preoccupazioni e contribuiscono a farmi sentire il fiato sul collo di una felicità succinta e veloce. Ancora una volta devo riconoscere le proprietà catartiche a questo coacervo di locuzioni. Mi congedo per fare il terzo grado ai miei ventidue anni e mi auguro che oggi non piova.