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Gen

Salite e discese

Pubblicato sabato 20 Gennaio 2007 alle 13:32 da Francesco

Io e la mia bicicletta, il freddo e le strade buie. Ho provato molte volte il terrore di non risaltare bene di fronte ai fari delle auto e in più di un’occasione mi sono visto riverso sul cemento con il cranio fracassato. Finora non ho mai lasciato rivoli di sangue ai piedi della segnaletica stradale e mi auguro che il mio appuntamento con la morte non avvenga sulle due ruote. Ogni tanto rievoco il ricordo di alcune pedalate faticose e fuori luogo caratterizzate dal fiato corto e dalla bizzarria del loro scopo. Ho macinato chilometri e ho raggiunto luoghi tanto vicini quanto meravigliosi nei quali ho vissuto momenti di stupenda solitudine. Talvolta ho girato a vuoto per non girarmi indietro, specialmente nel corso di periodo sfavorevoli. Sull’Aurelia, sulle strade di campagna, per le vie della mia cittadina e occasionalmente in altri lidi ameni: io, la mia gioventù e la sua illusione di restarmi accanto per sempre, come una diciottenne che si ostina a costruire una famiglia con l’uomo sbagliato per vivere in funzione del melodramma domestico. Durante ogni mio spostamento ciclistico viaggio con il pensiero lungo le sponde della realtà, ma ogni tanto mi concedo qualche escursione nella fantasia e in particolare nelle sue radure surreali. La fatica in certi momenti mi annienta, in altri mi permette di sublimare. Ho una buona resistenza e riesco scatenare una forza motrice piuttosto duratura grazie alla ingente quantità di energie che non uso per tutte quelle attività a cui sono estraneo: il lavoro, l’amore e lo studio accademico. È una giornata plumbea e qualche vento si diverte a spirare fastidiosamente. Mi arrapa l’aspetto apocalittico del cielo odierno. Tra pochi minuti consumerò il mio pasto solitario e più tardi solcherò le strade del mio comune con le ruote della mia modesta Legnano.

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