Mi sento bene e sono contento. Ho agguantato di nuovo la mia serenità immotivata. Il mio stato d’animo ha oscillato sopra delle pagine oscure per alcuni giorni. Il malessere non riesce più a ingannarmi come una volta e ogni suo tentativo di turbare la mia quiete si esaurisce velocemente. Credo che mi attendano altri duelli con gli aspetti negativi delle mie percezioni erronee, ma grazie all’esperienza che ho accumulato non temo di subire ferite profonde. Mi curo da solo ogni volta che la mestizia riesce a infettarmi. Credo che sia un errore madornale affidare la propria stabilità agli altri. Penso che sia pericoloso vivere in funzione dell’amicizia, dell’amore, degli ideali e delle soddisfazioni materiali senza avere una via di fuga in sé stessi da usare nel caso tutti i valori sopraccitati vengano meno. La solitudine è uno strumento potentissimo e può essere utilizzata positivamente o negativamente. Durante il preludio dell’adolescenza ho utilizzato la solitudine in modo distruttivo, ma se non lo avessi fatto non ne avrei mai scorto le capacità costruttive. Le lacune affettive e la mancanza di obbiettivi primari non mi impediscono di vivere in pace con me stesso. La mia esistenza non è condizionata dai difetti che non mi hanno permesso di fabbricare degli affetti e non è consolata dalla consapevolezza che tutto può essere riparato all’interno di una personalità . La mia esistenza è splendida e le mancanze che la compongono sono solo i capricci doverosi dell’indole umana. Credo che le ramificazioni dell’amore e dell’odio siano fondamentali, e suppongo che in loro si annidi il motivo di una scalata verso una forma di energia che è puramente materiale nonostante non appaia come tale. I miei pensieri, almeno a livello conscio, non sono condizionati da dottrine esoteriche né da discipline affini, ma sono solamente il frutto di osservazioni silenziosamente spensierate e parzialmente disinteressate.