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Ott

Il tempo e la coscienza

Pubblicato sabato 14 Ottobre 2006 alle 13:18 da Francesco

Sono recluso in un penitenziario formato da paesaggi di varia natura e da lingue antiche. Non riesco ad assimilare le sensazioni che emanano i luoghi in cui mi trovo a respirare. A volte ho la sensazione che al posto della mia coscienza ci sia l’ambasciatore di me stesso in visita ufficiale. Non mi sento autentico quando tento di vivere quell’incalcolabile lasso di tempo che viene comunemente appellato “presente”. La mia serenità alienante si è nascosta da qualche parte e ha lasciato solo l’alienazione a farmi compagnia. Cerco di essere sereno, ma pensieri inutilimente grevi attanagliano la mia testa e mi impediscono di frenare il grande carro di visioni meste. Vedo arcobaleni in bianco e nero, campi brulli e immagini autunnali. Vorrei verniciare la mia esistenza bicromatica con tinte bellissime. Mi piacerebbe fare il passo più lungo della gamba, ma devo ancora saldare il conto per tutti i passi falsi che ho commesso durante il mio primo ventennio. Non ho reminiscenze né ricordi così importanti in grado di giustificare la comparsa di una nostalgia sincera e per questa ragione tengo a bada il mio passato per evitare che assuma un’importanta eccessiva. Finora il mio tempo è stato scandito da equilibri precari e da eventi di scarsa importanza per la mia vita. Sono afflitto dall’angoscia per il futuro descritta da Kierkegaard, ma a differenza di quest’ultimo non ho una fede religiosa con la quale alleviare il mio stato interiore. Credo che la mia angoscia per il futuro derivi dalla mancanza di un passato sereno e dalla costanza di un presente vuoto.

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