Non ho novità di rilievo in questo mio incedere verso l’attimo che segue. Un’anziana signora mi ha preso in simpatia e ogni tanto mi fa qualche piccolo regalo, ma io non posso contraccambiare i suoi doni con più di quanto lei proietti su di me: nulla ho da offrirle se non l’immagine di cui mi ritiene origine. La vecchiaia non è sempre terribile, di questo ne ho avuto prova per interposti senescenti, ma credo che si riveli tragica quando a monte manchi un certo lavoro interiore. L’intuito forse lo nega, tuttavia sono d’accordo con chi sostiene che sia la gioventù l’età della saggezza e non quanto la guarda volgendosi indietro.
Non ho arte né parte, nella vita non ho combinato nulla e non ho coltivato in profondità alcun genere di relazione umana, però mi sento in equilibrio sulla grande onda e per adesso non ho nulla di cui lamentarmi. Miei e solo miei sono stati i giorni dei risvegli più fausti, perciò il ricordo non può essere ripartito né parcellizzato con nessuno, ma anch’io per ogni altro ho lo stesso nome con cui Odisseo si presentò a Polifemo: è l’equa indifferenza che rende meritevole di sé chi di sé meritevole sia davvero. Poco m’importa del nome che porto e non ambisco a sentirne l’eco, ma ci sono delle istanze al mio interno di cui sono l’entusiasta interprete e ogni tanto mi chiedo quanto di me rivelino a me medesimo.
A volte forse mi dimentico di quanto sia grande il privilegio di una certa consapevolezza, al netto delle mancanze e degli errori che può implicarne un’incauta custodia. Il mio spirito non ha ancora iniziato la sua parabola discendente e sento come anche il mio corpo non abbia raggiunto la sua massima efficienza. A conti fatti, nonché al confronto diretto con la realtà , la mia età anagrafica al momento risulta inattendibile: un numero perso tra i suoi simili. Non ho missioni da compiere né sogni da coronare, non ho abilità particolari e non ho importanza che per me, tuttavia rifulgo ed esisto perché quello dell’amor proprio è uno dei miei tratti preminenti. A me sono rivolto.