Non sono in grado di descrivere il mio stato d’animo, perciò attendo che ne subentri uno più deciso. A volte ho la sensazione che le giornate mi sfuggano, quasi che non riesca a coglierne la parte essenziale e finisca per ritrovarmi spesso in perdita (di tempo). Non posso badare a tutti i malfunzionamenti della realtà né sono titolato a metterci mano: è così che va.
L’esistenza segue regole e curvature di cui non sempre riesco a farmi interprete, perciò non mi fisso su certe idee né pianto paletti nei cuori per accamparmici. Se avessi qualcosa d’importante da dire o da scrivere immagino che mi scapperebbe dalla faringe o dalla tastiera, ma il mio è più l’atteggiamento di chi non deve dare conto a nessuno, spesso compiaciuto nel suo arresto a un passo dallo spleen. Forse non so nemmeno io cosa tutto questo significhi di preciso, però mi va di girarci intorno, come se dovessi portare il cane invisibile a pisciare. Non ho un problema vero e proprio, una questioncina autentica, un’opera prima, ma se ne avessi davvero bisogno potrei contraffarne uno e mettermelo come fermo sul pneuma.
Se avessi qualcosa da obiettare non saprei a quale indirizzo farlo presente. Non ho arte né parte perché mi piace viaggiare leggero. Ogni tanto mi domando a quanto ammonti il tempo restante, intendendo con ciò il mio saldo residuale. Almeno a volte dovrei dare un’altra impronta alle mie ore, come se potessi appicciarci sopra un significato che non mi sia noto o abituale, un colpo di spugna o di coda, l’inopinata caduta di ragioni incidentali. Non ho esami né sguardi da sostenere, tuttavia anche se mi venisse data una pagella non saprei a chi mostrarla né a chi nasconderla: tutt’al più potrebbe diventare un sottobicchiere per le mie tazze di ginseng.