A volte il pensiero retrocede a tempi d’illusorio entusiasmo, ma non riesco a condannare queste sue divagazioni e quindi le accolgo nella misura in cui non mi sinistrino. Forse alla mia esistenza manca qualcosa ed essa me ne chiede conto nei modi più disparati, ma io non posso dare seguito alle sue istanze e quindi la invito a desistere per mezzo dell’inazione nei suoi campi d’interesse.
Per quanto lentamente, l’età avanza e tale incedere attenua le richieste di cui sopra, perciò ho più margine di manovra e controllo a livello cosciente, piano quest’ultimo sul quale riesco a trovare appagamento e sublimazione al di fuori delle vie ordinarie. Sarei al contempo folle, ingenuo e paranoico se pretendessi di reprimere ogni appello della mia parte più recondita, giacché se provassi a misurarmi con le sue insistenze finirei per alimentarne la tenacia e dunque mi affido all’introspezione come strategia preminente. Mi pare che le scelte migliori non siano sempre intuitive e devo distrarre a intervalli regolari una certa quantità delle mie energie per rammentarmelo con la dovuta perseveranza.
Lo strumento più potente in mio possesso è il dialogo che ho instaurato con me stesso e l’ipertrofia dell’amor proprio ne è una chiara conseguenza benché non presenti complicazioni egoistiche. Non mi reputo adatto a un ruolo preciso, non rintraccio in me talenti particolari e non ho l’ambizione di diventare il pilastro di un’altra esistenza. Il mio raggio d’azione è limitato alla mia sfera personale e se già non fosse così mi adopererei per ridurne la gittata. Non ho nulla da insegnare e quello che condivido arriva eventualmente a terzi come effetto secondario di una causa catartica, inoltre modulo la mia propensione a imparare sulla possibilità di farlo da autodidatta.
Mi considero in una zona grigia, ovvero a debita distanza da molta mediocrità grazie a uno iato che cerco di salvaguardare, ma lontano dalle migliori declinazioni di qualunque sodalizio, ergo il mio solipsismo è una scelta obbligata di cui al contempo mi compiaccio. In estrema sintesi, non amo le rotture di coglioni.