Ultima lettura dell’anno, invero conclusasi settimane or sono con somma soddisfazione.
Di norma non accetto consigli perché temo che mi scompiglino la hybris, quindi parlare con me si rivela spesso inutile, ma il suggerimento per questo scritto è comparso durante una fortuita e proficua conversazione che ho avuto con una signora dotata di raro acume.
Io (già specificare il pronome personale dice molto) considero il narcisismo una vox media, tema ampio e dirimente sul quale molto di giusto credo che abbia scritto Heinz Kohut, ma in Green ravviso un maggiore accento su come questo, in determinati casi, si leghi anche alla pulsione di morte.
A un certo punto c’è una divertente citazione di Goethe con cui Green dà corpo a un suo excursus e che secondo me riassume molte mentite spoglie: “Io t’amo, ma questo ti riguarda?”.
I concetti di non-rimosso e di vuoto psichico sono interessanti sviluppi post-freudiani, quasi una naturale emanazione a cascata del senex, ma dal mio punto di vista sono anche e soprattutto ulteriori strumenti per l’introspezione giacché non devo analizzare altro all’infuori di quanto di me mi risulti accessibile: si fa quel che si può e sovente manco quello. Ovviamente le stesse astrazioni all’uopo si rivelano utili per certe e opportune demolizioni.
I moti dell’animo sono più quantizzati di quanto taluni vogliano ammettere (ci sono di mezzo le negazioni atte a salvaguardare la portata di slanci grotteschi), si ripetono in modelli coattivi e la loro decifrazione ne rende becere le manifestazioni più comuni.
Il logos non abbraccia tutto, ma cinge più di quanto serva ai servi.
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