Secondo me è assurda la pretesa di chiunque si aspetti sempre onestà intellettuale dagli altri, ma a buon titolo quest’ultima può essere richiesta a sé stessi e per sé stessi, come se fosse un imperativo categorico atto a risolversi nel tempio della soggettività. Più che avere ragione m’interessa sapere se questa, quando mi venga accordata, abbia una sua fondatezza o se sia solo il frutto di qualche sofisma o di espedienti analoghi; è anche in virtù di questo mio tratto indagatore se io mai inseguii una carriera forense benché, a onor del vero (appunto), il motivo principale ebbe a essere a mia renitenza agli studi universitari e persino al loro cominciamento.
A me lo scambio di opinioni spesso pare uno scambio di accuse o di insulti gratuiti, ma talora può essere divertente e gli riconosco un suo scopo ludico, l’unico. Credo che i più tirino l’acqua al proprio mulino, a costo di prosciugare gli oceani, però neanch’io mi ritraggo da questo approccio e mi limito soltanto ad aggiungere un contorno di domande su quello stesso operato che le ingenera, come se le seconde sputassero sul piatto del primo: tanto modo di lavarlo c’è, magari insieme alla coscienza, no? Di Ponzio Pilato o Mastrolindo. Le mie idee non spostano una foglia a meno che io non ci cada sopra con la stessa testa con cui le ho pensate, perciò sono astrazioni a cui talora do voce con fonemi e grafemi le cui tracce si perdono nell’aere.
Non devo convincere nessuno di nulla, non ho cause perse da sposare o perorare né clienti da difendere, inoltre se facessi vendite porta a porta cercherei di recarmi subito alla casa del Padre. Secondo me conviene tagliare la testa al toro quando ci si ritrovi in quello di Falaride, ma credo che il più delle volte basti lasciare ogni faccenda al livello di nulla quaestio.
Mi appoggio ai silenzi che si susseguono senza soluzione di continuità, tuttavia con la stessa indolenza di chi sieda su un muretto e vi lasci ciondolare le gambe. Altre volte ricerco suoni che sovrastino rumori anonimi e non tanto per un disprezzo verso i secondi quanto per il piacere dei primi. So cosa mi piace ascoltare e tendo a mantenere le distanze da ciò che non incontra il mio gusto o da quanto non desti la mia curiosità. Non è sempre possibile compiere una libera scelta e forse questa, in ultima analisi, non è mai davvero libera, però io non mi formalizzo e l’accetto per come si presenta al tribunale della mia ragione.
In uno dei vangeli v’è scritto di lasciare che i morti seppelliscano i morti, ma se dipendesse da me chiederei loro anche di potare i cipressi del cimitero. Non pratico il culto dei defunti né quello dei vivi: tutt’al più posso fermarmi per strada a comprare una torta gelato e qualche cialda, giusto per non presentarmi a mani vuote. Se la morte fosse una cosa seria non riuscirebbe a tutti: almeno la nascita implica un gioco a premi tra i gameti. Mi viene da pensare che la vita sia tassata alla fonte. Se tornassero gli anni passati questi verrebbero meno al proprio nome e si chiamerebbero ricorrenti. Al momento non ho nostalgie d’alcun tipo, o perlomeno non le sento mie, però non escludo che ne abbia qualcuna in frigorifero da scongelare in mancanza di meglio. Prima o poi le campane suonano per tutti, ma io, intanto, opto per dischi di mio gradimento e non sto ad aspettare rintocchi che non potrò manco udire. V’è da capire se certe decisioni sia meglio metterle ai voti o all’asta: nel primo caso io mi asterrei e le urne sarebbero deserte, nella seconda circostanza invece non farei né accetterei offerta alcuna. E allora? E allora niente!