Non ho molto da scrivere né granché a cui pensare, perciò mi trovo a corto di parole e non ho intenzione di chiedere un prestito alla fantasia. Non amo i debiti di riconoscenza e per fortuna non ne ho manco uno da saldare. Sono al centro di me stesso e non ho ramificazioni altrove. Se volessi mettere radici di certo non potrei piantare le mie poiché non ne possiedo e forse neanche le desidero. Sono un peregrino del tempo come tanti altri e passo in secondo piano mentre tengo me stesso al primo posto.
Non esercito alcuna forma di reciprocità che travalichi la goliardia o il formalismo d’una spontanea cordialità , quindi sono esentato da tutte quelle incombenze di cui necessitano le relazioni umane più profonde: vivo a ridosso della mia ombra e in accordo con la sue prolungate assenze. Ho entusiasmi che sono soltanto miei, però non ne rivendico la paternità perché non voglio essere genitore biologico né adottivo: preferisco il mio ruolo a latere. Esistono dinamiche su cui non posso incidere, quantomeno non in maniera diretta, quindi volente o nolente non mi resta che accettare il corso degli eventi nei suoi imperscrutabili sviluppi.
A volte riesco a fare del mio meglio, ma in certe circostanze il mio meglio non basta né si avvicina allo stretto necessario. L’impegno può avere nobili intenzioni e di norma riscuote un plauso, ma non è garanzia di riuscita e talora si riduce a vano sforzo tra le cose del mondo. Se volessi prestare il fianco al facile fatalismo lo farei senza troppi giri di parole, però sono proprio le scorciatoie che mancano: una strada a senso unico si snoda innanzi e porta chissà dove. Non è tutto possibile, ma talora lo diventa quanto è meno probabile: secondo me è sempre una questione di tempismo. È tarda notte, quasi tutto tace e nemmeno io faccio troppi rumori.