Per me l’anno si appresta a una conclusione anonima e incolore giacché non ho fatto ricorso a pastello alcuno: ho trascurato i cromatismi e le loro dirette implicazioni sul corso degli eventi. Negli ultimi dodici mesi non ho acceso nuovi fuochi né interessi, bensì ho provato a custodire l’antica e modesta fiamma della mia individualità. Non ho dei buoni propositi da lanciare davanti a me, come se dovessi approntare bastone e carota per pedinare l’incedere del tempo: il mio rapporto con gli eventi va da sé come quello con tutto il resto.
Potrei cercare d’invertire la tendenza se in primo luogo ve ne fosse una, ma invero è tutto più aleatorio di quanto già non sia e io non pongo in essere il benché minimo sforzo per dare altra impronta al divenire. Forse la mia libertà di scegliere si risolve anzitutto nell’assenza di una scelta, quasi che le opzioni disponibili mi fossero tutte invise. Poco male, poco bene, insomma poco di tutto, come in una dieta equilibrata. Faccio la differenziata ma non getto basi solide per alcunché e così finisco per vivacchiare nei giorni di cui testimonio l’avvicendamento. Non mi sopravvaluto, infatti non penso che le mie iniziative possano produrre grandi stravolgimenti per la mia realtà immediata: evito sforzi inutili e non accendo entusiasmi effimeri con i fiammiferi altrui. Mi piacerebbe avere un piano da seguire o avere chiaro l’orizzonte migliore da scorgere, ma sono informazioni segrete e non ho gole profonde con cui barattarle nella piena tradizione del do ut des.
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