Di recente ho visto questo film del 1973 che a mio parere possiede un’atmosfera fiabesca e un finale meraviglioso. Di norma tendo a non dare troppo peso alle assegnazioni dei premi Oscar, ma secondo me fu ampiamente meritato quello conferito nel 1974 a Tatum O’Neal come miglior attrice non protagonista per il ruolo di Addie: un’interpretazione adorabile a soli dieci anni!
Credo che Paper moon si possa definire un road movie, difatti la piccola Addie, rimasta orfana, viene affidata a Moze affinché questi la porti da alcuni parenti presso cui deve trasferirsi: Moze è un giovane truffatore che conosceva la madre di Addie e forse è proprio lui il padre della bambina sebbene egli lo neghi. La coppia scopre subito di avere delle affinità elettive nell’arte di arrangiarsi benché tra i due ci siano dei contrasti, difatti Addie è molto sveglia per la sua età e Moze, nonostante viva di espedienti, dimostra di possedere un’indole buona.
Per me il film è dettato da un ritmo perfetto, con un giusto equilibrio tra le scene urbane e quelle bucoliche, tra i momenti di rabbia e gli slanci di affetto, tra l’azione concitata e la piccola suspense. Azzeccata anche la scelta del bianco e nero per la quale Bogdanovich aveva già optato ne L’ultimo spettacolo. Per come i due protagonisti diventano partners in crime mi è tornato in mente un film di Luc Besson uscito circa vent’anni dopo: Léon.
Venerdì tredici ottobre mi sono recato in una squallida periferia capitolina per assistere a un concerto dei Vomitory, leggendaria band death metal: già dieci anni fa avevo avuto modo di apprezzare dal vivo questo gruppo svedese nel tour d’addio alle scene, proposito poi smentito con tanto di nuovo album. È stato un bel concerto sebbene i polacchi Vader fossero la band di punta: anch’essi hanno suonato egregiamente.
Nel corso della serata non sono stati uditi colpo di Kalashnikov né giubbetti esplosivi con biglie di ferro in comodato d’uso, ma ormai tutto mi fa pensare che nuovi attentati siano imminenti
Circa un mese fa, constatando attraverso alcuni recenti filmati la recrudescenza della guerra civile in Siria, ho ipotizzato un ritorno del terrorismo in Europa, di conseguenza ho visto nello studiato ed efficace attacco di Hamas a Israele un preludio di quanto da me prospettato.
Nelle operazioni congiunte dei palestinesi mi è parso di cogliere un salto di qualità in termini di coordinazione ed equipaggiamento, difatti l’iniziativa è stata descritta come “senza precedenti”, ma questo cambio di passo lascia supporre che Hamas abbia ricevuto ausilio da altri nemici storici d’Israele: su tutti, l’Iran.
Ho raccolto, compulsato e messo insieme vari filmati di ambo le parti per ricavare un’idea più precisa degli eventi, scremando notizie e video falsi (i quali di solito documentano fatti diversi e lontani nel tempo) che in questi casi inondano tutti i canali della rete. Mi ha colpito l’attacco al rave organizzato nel deserto, dove frotte di ragazzi si sono trovati alla mercé dei loro carnefici, e l’incursione dei militanti palestinesi con i parapendii a motore: quest’ultima è stata una scena surreale, da videogioco.
Oggi, vedendo gli attacchi israeliani a Gaza, ho pensato che i palestinesi si siano condannati a morte da soli sebbene non siano tutti terroristi, ma per quanto “intelligenti” le bombe non distinguono i colpevoli dagli innocenti; una volta un inquisitore, rispondendo a un sottoposto che gli chiese come distinguere gli eretici catari da chi eretico non fosse, disse: “Uccideteli tutti, Dio riconoscerà i suoi”. Un alto ufficiale israeliano ha definito l’attacco a sorpresa come l’undici settembre del paese e secondo me, fatte le debite proporzioni, il paragone regge.
Mi chiedo se questa ennesima goccia geopolitica sia destinata a far cascare il vaso di Pandora, il quale ormai è già scoperchiato da tempo e attende solo di frantumarsi a terra, come se un nuovo conflitto su scala mondiale fosse imminente e ineluttabile: in ogni caso sono certo che gli attentati di matrice islamica torneranno in Europa.
Non aderisco a quelle convinzioni nostalgiche che negano ai tempi odierni la possibilità di figliare ottima musica, difatti ancor oggi compulso le nuove uscite nei miei generi preferiti e non di rado compio piacevoli scoperte. Non vivo nel passato sebbene quest’ultimo dimori ed echeggi in me. Certo, sono molto legato ad alcune pietre miliari, però non lascio che si trasformino in zavorre e mi tengo a galla nel presente grazie all’ambigua posizione del morto.
Negli ultimi sette giorni ho ascoltato oltre novanta volte Zio Klaus, quarta traccia di Imilla, il nuovo disco de Il Bacio della Medusa (band che seguo dal 2008 e di cui posseggo quasi tutta la discografia), un simpatico concept album di rock progressivo italiano (prog, per amici ed estimatori) che racconta la parabola di Monika Ertl, la militante dell’ELN che sparò tre colpi a Quintanilla Pereira (formandogli in petto una vu di vittoria), reo quest’ultimo di aver mozzato le mani al cadavere di Che Guevara. L’intero disco è grandioso, intriso di atmosfere da spy story che sono rese in maniera magistrale dal classico stile del gruppo, ma in Zio Klaus sento forte la vocalità alla Peter Hammill e l’impronta dei Van Der Graaf Generator, inoltre il testo di Simone Cecchini è un vero gioiello. Spero di rivedere presto Il Bacio della Medusa dal vivo in quanto serbo un bel ricordo di un loro concerto a Perugia a cui io presenziai e in occasione del quale la band registrò il suo primo live.