Avevo già apprezzato lo stile corale di Altman nel corso di M*A*S*H* (acronimo per Mobile Army Surgical Hospital), sua opera del 1970, però io trovo che in Nashville questo modus operandi venga impiegato con un’efficacia persino superiore.
Nel film non vi è un protagonista in senso classico e stretto, ma molti comprimari dall’apparenza di monadi che la narrazione via via tesse e interseca in modo eccelso a favore del suo stesso ritmo, difatti per me scorrono alla perfezione le oltre due ore e trenta di questa pellicola del 1975 dopo Cristo. Il titolo si riferisce alla celebre città del Tennessee, mecca del country, perché la musica ha un ruolo preminente nella storia e, non di rado ma volutamente, viene sovrapposta ai dialoghi, perciò ne consegue un muro sonoro un po’ confusionario in ragione di cui trovo opportuni i sottotitoli in inglese: invero non so se ne esista una versione doppiata in italiano e adoro il carattere grottesco, surreale ed esagerato di tutte le miserie ivi rappresentate.
A mio parere una parvenza di protagonista può essere rintracciata non tanto in un ruolo, bensì in una vicenda, ossia la campagna elettorale di un fantomatico politico che si manifesta solo come voci fuori campo, tuttavia è su quest’ultima circostanza che i vari personaggi si stagliano e alla fine confluiscono: lo sviluppo di questo iter è puntellato da una sagacia spassosa e da un approccio caricaturale nei suoi tratti apparentemente documentaristici.
Il country non è il mio genere musicale d’elezione, ma le numerosi canzoni presenti si sposano bene con il resto del film senza che il tutto trascenda mai negli stilemi di un musical vero e proprio. In conclusione: per me Nashville è un film tanto lungo quanto divertente e lo reputo attuale giacché ancor oggi, secondo me, dice molto della società statunitense.
Non ho nulla d’annunciare alle spalle dell’equinozio d’autunno, ma d’altronde anche alle stagioni non resta che ripetere i propri canoni. Cosa mai dovrei dire al cospetto del tempo? E soprattutto chi mai dovrebbe pormi domande in merito? Un bel tacer non fu mai scritto e una fantastica estinzione non fu mai vissuta. Le parole sono le peggiori nemiche di loro stesse e le scambio con piacere giacché non mi servono davvero.
Per motivi pratici (il tempo) o per ragioni semantiche (l’incomprensione), i dialoghi sono a loro volta negazioni composite di loro stessi, elevazione in scala dell’equivoco elementare da cui si formano per giustapposizione di fraintendimenti. Io parlo per parlare (pour parler in senso letterale e quindi, a ulteriore riprova, inautentico); inoltre scrivo per scrivere e penso giusto per pensare, ma se ne fossi in grado mi affrancherei dal pensiero invece di tirarmelo dietro come copia carbone della mia presunta e mutevole identità. Cosa rimane di quanto non permette a nulla di restare? È un gioco di rimandi e di superfici riflettenti che non si possono relazionare tra di loro manco, o forse soprattutto, in presenza delle migliori intenzioni. La descrizione è una ciarla che pretende il rango di necessità ed è l’abitudine ad accordarle quanto vuole, ma la sua divisa più plausibile è quella da usciere perché pone fuor di sé ogni senso reale o apparente.
Se dovessi partire da un presupposto ne sceglierei uno tra i volontari, così da non far ricadere su di me la scelta di un punto di partenza, difatti l’arrivo non cambia mai in sua ragione ed è sempre il medesimo, ossia privo d’indicazioni e sostanza, refrattario a ogni mappatura.
Il mondo al contrario di Roberto Vannacci
Pubblicato venerdì 15 Settembre 2023 alle 15:00 da FrancescoÈ mio costume leggere con attenzione e ad alta voce, prassi che ho seguito anche per “Il mondo al contrario” del Generale Vannacci (rimandando l’inizio de “La parte maledetta” di Georges Bataille).
Non so se la mia copia sia difettosa e manchi di qualche pagina, ma non ho trovato né razzismo né omofobia e anche la misoginia risulta assente: forse non sono inclusi (ops, inclus*) nel prezzo e vanno aggiunti di propria sponte in base alla faziosità di riferimento. Chiunque decontestualizzi le frasi altrui compie un’opera meritoria giacché palesa agli altri la propria disonestà intellettuale. Per me pari(ah) sono coloro che hanno stigmatizzato o lodato “Il mondo al contrario” per partito preso: gente da cui guardarsi, gonzi di prim’ordine, danni collaterali del suffragio universale a prescindere dalle inclinazioni politiche. Lo scritto del Generale Vannacci raccoglie le idee di un uomo posato, convintamente democratico (questo per me è un difetto), pragmatico e ragionevole.
Nulla da eccepire su quanto afferma in merito alle energie rinnovabili, ossia un traguardo da raggiungere facendo però valere il principio di realtà, senza porre in essere quell’evirazione economica a detrimento dei ceti medi e meno abbienti di cui le sinistre progressiste (per me regressive) sono sostenitrici; ovvie e condivisibili le sue considerazioni in termini di giustizia, tasse e immigrazione: tutti questi argomenti sono suffragati da dati riportati come corollario e di cui ognuno può verificare motu proprio l’attendibilità. In oltre trecento pagine non vi è una sola virgola che possa indurre qualche magistrato a formulare un’ipotesi di reato, però immagino quale grande dispiacere ciò provochi lungo tutte le ZTL popolate dalla gauche caviar italiana. Il concetto di “normalità” evocato da Vannacci in merito all’orientamento sessuale fa leva su un dato statistico e non è un giudizio di valore né ha presupposti discriminatori, ma al contempo è una ghiotta occasione per chi voglia distorcere il significato delle parole pro domo sua: tanto chi se ne frega dell’autenticità, no?
Il pregiudizio diventa l’arma di chi millanta una lotta al pregiudizio stesso: questo cortocircuito mi fa pisciare addosso dalle risate. Dovrò cambiarmi il pannolone, ancora una volta.
Il Generale Vannacci non ha lo stile di Tommaso Landolfi e nel testo si succedono refusi (che ho appuntato in un file), un uso della di eufonica a me sgradito e qualche passaggio incerto, ma credo che il suo scritto non abbia intenzioni né vocazioni letterarie e quindi ogni critica esasperata alla forma mi fa sospettare che ci siano serie difficoltà a controbattere la sostanza.
Forse qualche “giornalista” non ha mandato giù il successo di un’autopubblicazione e può darsi che qualcun altro abbia dovuto accorgersi controvoglia di quale sia la maggioranza silenziosa del paese. Se Vannacci scendesse in politica io non lo voterei perché non credo nella democrazia, ma se facesse un colpo di stato avrebbe il mio pieno supporto.
Sono sempre qua nei modi che mi appartengono
Pubblicato mercoledì 6 Settembre 2023 alle 22:39 da FrancescoLa mia ultima gara podistica risale a gennaio, tuttavia nell’ultimo trimestre dell’anno intendo partecipare a qualche evento agonistico ed è in ragione di questo che proposito che da giugno ho ripreso ad allenarmi con fortune alterne, difatti luglio e buona parte di agosto si sono dimostrati periodi difficili per impostare certe andature con determinati volumi.
Quest’oggi sono riuscito a fare un cosiddetto “lungo” di qualità, ossia trenta chilometri a un ritmo di medio di 4’04” al chilometro, tra l’altro in una giornata un po’ ventosa, a tratti ancora calda e con delle gambe nient’affatto riposate: me gusta!. Nei primi sei giorni del mese ho incamerato novantasette chilometri in 6 ore e 27 minuti, perciò con un passo medio di quattro minuti spaccati al chilometro: sono numeri che mi soddisfino sebbene ancora non indichino la mia forma migliore di sempre.
Mi sento un privilegiato perché m’è dato di correre e questa mia passione ormai si basa su un rapporto di lungo corso (appunto) tra me, la distanza e il tempo, insomma una sorta di ménage à trois! Forse è anche per la bontà e l’efficacia di questo triangolo che io non ho mai avuto relazioni sentimentali né carnali. A trentanove anni mi sento in uno stato psicofisico eccelso per il quale sono molto grato a me stesso, tanto per non smentire ancora una volta i miei marcati tratti solipsistici e autoreferenziali. Il tempo scorre e io con lui.