L’inflazione è un problema, però anche lo scirocco ha le sue ripercussioni sui miei lunghi capelli. Presi a sviluppare il cirro negletto durante la panzana della pandemia giacché non accettai la più famosa delle inoculazioni. Grazie al governo Draghi mi posi una domanda capitale, a riprova di come certi automatismi si rivelino tali solo quando sussista l’impossibilità di assecondarne la meccanicità: “Perché cazzo vado dal barbiere?”. La mia risposta fu: “La forza dell’abitudine”. In ragione di tutto ciò non raccolsi l’invito a farmi una pera di Stato, bensì la palla al balzo e dissi a me stesso: “Non me ne fotte niente dei capelli, lascio che si allunghino fino a quando non intervenga un’eventuale calvizie o un trattamento chemioterapico”. E fu così che vissi capellone, o meglio, lo ridivenni. Forse mi reincarnerò in un phon o nella phoné.
Detesto la peluria, urta il mio senso estetico e in particolare la barba mi dà proprio fastidio, ma sono insofferente anche verso i barbari. Non potrei mai amare una donna barbuta, questo mi sento di affermarlo senza tema di smentita, ma non potrei bere manco del Bourbon poiché ho in orrore tutti gli alcolici. Altre assonanze? Sostanze, mai, tranne quelle che si sanno secernere in autonomia con le dovute tecniche e l’occorrente dedizione. Com’è tarda la notte dalla quale mi affaccio. A ognuno i suoi tempi, le vane attese, le inaspettate manifestazioni dell’universo e ogni cosa. Sì, è tarda la notte che mi ospita, però mi piace assai questo suo arieggiato silenzio e me ne sento parte o forse provo soltanto a imbucarmi in un buco nero: mi piacerebbe sbirciare oltre l’orizzonte degli eventi. Sì, ma in concreto, cosa ho scritto finora? C’è un fil rouge, un gomitolo, un filo di Arianna o bisogna portarsi l’occorrente da casa? Il significato al sacco. L’esigenza è quella di parlarmi addosso, di farmi da vecchio conoscente, ruolo che mi riesce bene: tutto il resto è altro da me com’è inevitabile che sia.
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