Un tempo mi piacevano le illusioni muliebri, quegli orizzonti d’affetto che alla fine non sono mai stati altro, però gli anni mi hanno reso invise le impraticabili vie su cui s’inerpica la reciproca conoscenza. Il pessimo tempismo degli eventi è una costante o un segnale di cui sospetto che l’universo sia il mittente: chi lo sa. Ha un sapore beffardo la regolarità con cui le cose giuste avvengono nei momenti (altrui) sbagliati: a me è dato di rispondere soltanto con l’accettazione, un pilastro dell’esistenza che ho imparato… ad accettare!
Di recente ho capito che certi entusiasmi sono ancora nelle mie corde e in tutta onestà non me l’aspettavo, ma restano comunque a distanze siderali e impossibili. Ogni tanto mi presto a quel gioco di banalità nel quale provo a fantasticare come sarebbe finita se le cose fossero andate in maniera diversa. Forse l’età e l’inesperienza mi hanno indotto a una comoda e incondizionata resa. Non mi sono mai sentito importante per qualcuno e di contro credo che io, fatta eccezione per me stesso, non abbia mai dato a nessuno la sensazione di risultarmi indispensabile.
Dimoro in un meraviglioso deserto interiore, con alte dune da cui ammirare cieli sempiterni, perciò non posso pretendere molto di più ancorché di più esista. Restano i silenzi, le distanze, l’indifferenza, le dimenticanze mai fattesi nostalgie, le sabbie del tempo che tutto coprono e obliano, resta il Sé con la esse maiuscola e le sue risorse.