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Questione di proporzioni e condizionamenti

Per me un’opera meritoria nei propri confronti (e dunque conforme all’amor proprio) consiste nel ruminare concetti edificanti. Non mi cale molto di come si propaghino le onde elettromagnetiche, ma cerco di attenuare l’impatto di quelle vibrazioni negative che provengono dagli altrui pensamenti e il mio strumento d’elezione per questo scopo è un’ironia di cui le presenti righe non dànno conto: poco male. Urta il mio senso estetico e trovo dunque molto stucchevole l’ebete ottimismo di un sorriso perenne, come se una paresi facciale fosse conditio sine qua non per la concessione del favore da parte degli dèi. Non cerco troppe ragioni al cospetto dei fatti né provo a piegarne le dinamiche affinché rientrino nella mia visione del mondo, bensì inquadro i singoli eventi come movimenti ordinari di quello spirito assoluto su cui Hegel tanto si spese nelle proprie elucubrazioni.
La storia si articola in momenti più o meno conformi ai rispettivi e soggettivi modi d’intendere la realtà dell’epoca di turno a cui spetti il ruolo di presente, perciò il bene e il male sfuggono a classificazioni assolute e durature giacché si alternano nello spazio e nel tempo come le offerte nei supermercati.
Tutto sul piano umano risulta molto aleatorio e non di rado la massima manovra possibile sul corso degli eventi consiste nella maniera di viverne le conseguenze. A volte l’inazione è una scelta obbligata, ma l’insofferenza verso quest’ultima produce decisioni impulsive e sbagliate (ma non sbagliate in quanto impulsive) ed esiti nefasti: ognuno è artefice di sé. Qualcuno si reca al fiume per ammirarne il corso, per godersi da laggiù un’alba o un tramonto, oppure per aspettare che le acque portino i cadaveri dei nemici, qualcun altro invece raggiunge l’oceano e prova a prosciugarlo con un cucchiaino.

Francesco

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