Non ho tenuto fede alle buone premesse che ho raccolto con la vittoria alla maratona di Pescara e il quarto posto, la settimana successiva, a quella di Forlì, difatti poi mi sono visto costretto al ritiro per due volte di fila sulla distanza regina, rispettivamente a Parma e a Ravenna. Credo che quest’anno mi siano mancati i chilometri preautunnali, difatti con il caldo anomalo dell’estate non sono riuscito a macinare il volume necessario per ambire a certi risultati cronometrici.
Ho all’attivo quarantadue maratone, tutte sotto le tre ore, ventinove sotto le due ore e cinquanta minuti, sedici sotto le due ore e quarantacinque minuti e tre sotto le due ore e quaranta minuti, vari podi, due modeste vittorie più tutto il resto nelle gare brevi e nelle mie sette ultramaratone, ergo posso trovare lo stimolo agonistico solo in un netto miglioramento: in ragione di tutto questo mi sono ripromesso di non partecipare più a nessuna manifestazione fino a quando, in allenamento, non riuscirò a correre molto vicino al mio record personale di maratona. Chissà, può darsi che io abbia chiuso con l’agonismo, ma se anche questo fosse il caso di certo continuerei a correre per stare in forma.
Spero di riuscire a fare progressi notevoli da sottoporre alle dovute prove entro febbraio: la voglia e l’entusiasmo non mi mancano. Sono consapevole di come io ancora non abbia espresso tutto il mio potenziale nella corsa, ma riuscire a farlo non è cosa semplice e al contempo si prospetta avvincente. Ho avuto molte piccole soddisfazioni in ambito podistico, tuttavia ancora mi piace la dimensione giocosa che contraddistingue il mio approccio alla disciplina e anche per questo motivo non temo il carico psicofisico da sostenere nel tentativo di battere me stesso.
Gli orsi non esistono di Jafar Panahi
Pubblicato martedì 8 Novembre 2022 alle 01:36 da FrancescoNel novembrino pomeriggio della scorsa domenica mi sono infilato dentro un piccolo cinema di Grosseto per vedere un recente e premiato film iraniano, Gli orsi non esistono, ultima fatica di Jafar Panahi. Di norma non amo molto il metacinema benché in suo nome siano stati realizzati dei capolavori, ma in questo caso l’ho apprezzato in quanto mezzo e non fine, difatti la storia di un film dentro a un film è funzionale al messaggio di opposizione al regime di Teheran e non si arena nel pur nobile esercizio di stile. A mio parere quest’opera rientra tra quelle che più di altre richiedono allo spettatore uno sforzo di attenzione nei suoi tempi dilatati, ma per me l’impegno risulta spontaneo e non si fa mai gravoso.
Nella narrazione viene dato conto di due mondi apparentemente agli antipodi: da una parte c’è il protagonista, ossia un regista abbiente e metropolitano che possiede auto, fotocamere e soprattutto una coscienza politica; dall’altra gli autoctoni del viaggio al confine con la Turchia dove egli dirige le riprese del proprio film da remoto: ivi si trovano individui ancorati e mossi da quei retaggi e da quelle scale di valori con cui deve fare i conti anche il primo ancorché per ragioni diverse e con una differente consapevolezza.
Per me la carta dell’impegno civile non gioca alcun ruolo, infatti non opero una divisione tra buoni e cattivi, bensì sono i ritmi del racconto, i dialoghi, gli espedienti da metacinema, le soggettive e tutta la messa in scena che secondo me rendono il film riuscito ed esauriente. Forse gli orsi non esistono in questa diegesi, ma di sicuro a quelle latitudini esiste del buon cinema che riesce ancora ad arrivare in Occidente.