Non so da cosa si ricavi la misura del possibile nelle situazioni più disparate, ma cerco di essere sempre cauto con le previsioni e preferisco assistere alla loro epifania piuttosto che suggerirne il compimento per conto di eventuali speranze, di aspettative omologhe o di pretese eccessive. Le ipotesi e le possibilità reali mi ricordano le molte teste dell’idra, perciò cerco di non farmene mai carico più dello stretto necessario al fine di risparmiare sulle bocche da sfamare.
Non so se io possa definirmi un fatalista, finora non ho mai inoltrato la richiesta per aderire al club e non ho in mente d’iscrivermi a nulla del genere, però non escludo che certe circostanze possano rendermene un membro onorario. Sono restio all’associazionismo e quello che mi risulta più inviso consta dell’intera umanità , me compreso, tuttavia non ho in progetto di porre in essere un’estinzione di massa né di porre un essere nella massa.
Se avessi vocazioni distruttive forse passerei i pomeriggi a schiacciare con le dita certi tipi d’imballaggio, ma la mia è una natura incline all’evoluzione individuale e io cerco di assecondarla entro i limiti che mi ritrovo: non è nulla di avvincente e al contempo è forse più di quanto mi serva davvero. A volte sono d’accordo con qualcuno, ma non partecipo a nessuna cordata e non ho risonanze che abbiano carattere di reciprocità perché prediligo le cose semplici sebbene io stesso talora fatichi a convincermene.
Assiepati in un maggio sempre più caldo, i miei attuali pensieri si annullano nell’inutilità che ne contraddistingue il peso specifico e formano quanto l’attività elettrica del cerebro lascia come materiale di risulta. Verranno tempi e modi per riflessioni all’apparenza meno vane e vaghe.