Non so se sia vero, ma tendo a credere che le disgrazie non si presentino mai da sole e quindi preparo altri posti a sedere per l’ultima cena. Quando le avversità si concentrano in un breve intervallo di tempo può sembrare che esse prevalgano da sempre, ma la misura del loro dominio va circoscritta in un andamento generale e di più lunga durata. In altre parole, quelle forse più banali da proferire ma più complicate da rendere proprie e accettare: fa più rumore la caduta di un albero rispetto alla foresta che cresce.
Credo che la pazienza sia una grande virtù così come viene decantata dalla saggezza popolare, ma non la trovo di semplice impiego per gli ostacoli di cui la mente è un’alacre costruttrice e mi sento di scriverlo in ragione della mia esperienza personale.
Ho molto a cuore la lucidità e non le ho mai teso attentati psicotropi in quanto mi ripugna ogni forma d’intossicazione. Nei periodi di alterne fortune non cerco di esigere da me stesso più di quanto io possa darmi e quindi provo a godermi lo spettacolo della tempesta nell’attesa che la stessa esaurisca i suoi impeti. Le cose me le vivo sempre da solo e comodamente in prima fila, perciò lo spettacolo mi è assicurato e non rischio distrazioni di sorta (tutt’al più di sorte). Il mio approccio è quello di sistemare ogni cosa in una sequenza che a sua volta faciliti le singole soluzioni, ma per seguire questo modus operandi devo mantenere un certo distacco da quanto mi riguarda direttamente: scriverlo è facile, farlo è arduo e appagante.
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