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E Kabul cadde come corpo morto cade

Seguo la nuova ascesa dei talebani in Afghanistan e per tenermi aggiornato sugli sviluppi raccolgo filmati amatoriali a cui aggiungo delle didascalie imparziali, infine carico i risultati sotto forma di collage riassuntivi sul mio canale YouTube, ordinati in una playlist di conflitti bellici.
In questo modo riesco a procurarmi una visione d’insieme e ad approfondire questioni che, fatta eccezione per certe agenzie di stampa estere tra cui Reuters e Associated Press, sono trattate quasi sempre con un certo ritardo e approssimazione rispetto ai tempi e ai modi di Internet.
Se fossero ancora vivi mi piacerebbe leggere i punti di vista di due miei corregionali, Tiziano Terzani e Oriana Fallaci, ma forse basta sfogliare le pagine di qualche loro vecchio articolo per capire come, in fondo, nulla sia cambiato da allora.
Da quanto ho visto e letto non mi sembra che in Afghanistan vi siano molti individui pronti a immolarsi per la democrazia, a riprova di come quest’ultima probabilmente è stata sostenuta perlopiù da chi l’ha usata come pretesto per ragioni egemoniche ed economiche.
Molteplici filmati in diverse città del paese ritraggono la popolazione autoctona che accoglie entusiasta l’arrivo dei talebani, perciò la rapida ascesa degli insorti implica anche un certo grado di concorso da una parte dei civili.
Le similitudini con la guerra in Vietnam si sprecano, però forse quella afghana ha come aggravante l’illustre precedente del sud est asiatico, il quale con il senno di poi non è servito da monito. Miliardi e miliardi di dollari, eccidi, distruzioni, sindromi da stress post-traumatico e altri cosiddetti “danni collaterali” per nulla. L’occupazione del paese è iniziata con dodici anni di operazione “Enduring Freedom” ed è finita con un talebano, probabilmente sotto l’effetto d’oppio, che danza allegramente in un palazzo governativo.
La democrazia non è un valore universale e pretendere che lo sia, almeno a questo stadio della storia umana, rasenta quello stesso fanatismo contro cui essa si leva, perciò la caduta di Kabul offre anche questa chiave di lettura e ricorda le tante sfaccettature della mia specie.
È difficile sconfiggere chiunque sia disposto a farsi martire per un’idea. Con estrema lucidità e obiettività va dato atto ai talebani di possedere un indomito spirito guerriero, il quale ha avuto la meglio su tutti i propositi più o meno buoni dell’Occidente; Occidente che, secondo me, deve considerare questa sconfitta come foriera di futuri attentati nei suoi confini sempre più aperti e instabili.

Francesco

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