Mi sto ponendo con forte insistenza alcuni quesiti sull’attività onirica, poiché mi porto ancora dentro il dubbio se essa abbia una sua realtà autonoma o se invece si tratti soltanto di un epifenomeno biologico. In un sogno recente mi sono ritrovato a conversare con una giovane donna e da quel momento alberga in me la sensazione che io debba incontrarla di nuovo, però non ho idea di come possa presentarmi a un secondo rendez-vous.
Dubito che esistano in commercio dei navigatori satellitari per altre dimensioni, ma qualora dovessi ritrovarmi da quelle parti non saprei comunque a chi chiedere indicazioni. Non ho idea di come io possa giungere a un appuntamento che sfugge alla convenzione del tempo ordinario. Mi mancano i riferimenti, non ho una mappa né un numero verde da comporre con il pneuma, eppure dev’esserci un modo tramite cui mi sia dato di ritrovare quelle coordinate tutt’altro che euclidee. Ogni stato di sonno costituisce per me una ricerca di quella ragazza, o almeno del punto in cui ci siamo incontrati, ma la mente mi porta altrove, come se fosse un furbo tassista e fingesse di non capirmi per allungare la strada sbagliata. Può darsi che alla fine sia importante lo sforzo e non già la meta, tuttavia voglio parlare di nuovo sul piano sottile con quella giovane e incontrarla mentre risulto incosciente a livello grossolano.
Mi rendo conto di quanta poca dimestichezza ancora io abbia in ogni stato diverso da quello vigile, ma in una tale inadeguatezza ravviso più stimoli che frustrazioni e conto di migliorare il mio senso dell’orientamento laddove la rosa dei venti non indica alcunché.
Mi domando se la bussola migliore non sia la necessità che pulsa al mio interno, quell’elemento intangibile del quale fatico a dare finanche una forma scritta, ma la cui portata è immensa ed empirica, almeno fino a un certo grado. Insisto a occhi chiusi.
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