Mi chiedo se l’attuale annus horribilis voglia intrattenere con ulteriori giochi di prestigio il suo pubblico di candidati alla morte, ineluttabile protagonista sul fatiscente proscenio di un presente diroccato. Una claque di fantasmi e un sipario stracciato dalle intemperie.
Cosa si può regalare a chi abbia donato tutto se stesso? Io non mi sono mai trovato in una situazione di cotale altruismo e annullamento, invero neanche l’anelo, però compio uno sforzo empatico per capire la difficoltà di chi davvero debba trovare un piccolo presente per un siffatto individuo. Non sono votato alle cause perse né mi piace salire al volo sul carrozzone dei vincitori, tuttavia sarebbe buffo se le prime dirottassero il secondo: ecco, quello è uno spettacolo per il quale sarei disposto a saltare il mio unico pasto o a farne uno con il servizio a tavola dal distributore di merendine.
Non credo che l’assurdità dei tempi correnti vesta abiti poi così diversi dalle sue precedenti colleghe. Bene o male le cose sono sempre le stesse, però è sufficiente non crederle tali per viverle come inedite e primarie.
Non so se sia peggio uscire dal seminato o da un utero, ma di certo il corpo è una prigione che io curo come se fosse un tempio da lasciare in eredità agli agenti atmosferici. Per qualcuno non ha senso morire sani, come se l’organismo fosse soltanto il faccendiere dell’appagamento subitaneo dei sensi, per me invece il momento della morte è fondamentale e credo che dipenda molto da come sia stata condotta la vita, perciò io agisco in accordo con questa piccola convinzione. La mia è un’accortezza metafisica che ha tante buone ripercussioni sul piano ordinario dell’esistenza, ergo non ho proprio bisogno di consultare il libretto delle istruzioni né il manuale dell’altrui disfacimento. L’impalpabile pochezza dell’avvenire è visibile a occhio nudo, la verità invece mi pare assai più casta e pudìca.
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