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La comunicazione è disturbata

Il mondo occidentale barcolla sull’orlo del precipizio, il futuro è sinonimo di azzardo, sul mio orizzonte non si staglia nulla di nuovo e aleggia nell’aria, già di per sé pesante, la sensazione che il peggio debba ancora venire, ma io cerco di rendermi estraneo a tutto, anche a me stesso, e in una certa misura ci riesco. Conosco i limiti del linguaggio umano e sono consapevole della sua inaffidabilità, perciò cerco di guadare i fiumi laddove l’acqua sia più bassa e non tento di gettare ponti che sono destinati a perire nelle correnti delle mistificazioni o dei malintesi.
Credo che la necessità di comunicare sia immanente all’uomo, ma questo bisogno può essere soddisfatto senza che diventi la croce vitalizia di chi provi ad appagarlo: est modus in rebus. Vi sono delle priorità e io non posso snaturarmi per condividere qualcosa con qualcuno, manco in quest’epoca di distanziamenti e sospetti.
Prediligo il soliloquio in quanto traggo sommo giovamento della discussioni che intavolo tra me e me, però talora vi coinvolgo anche qualche gatto di passaggio. La realtà è più sfaccettata di quanto traspaia dal mio pragmatico riduzionismo, ma io semplifico tali cose poiché non mi va di perdere tempo nelle loro complicazioni. Non intendo costruire edifici o cattedrali nel deserto che rischino di crollare al primo accenno tellurico, però non escludo che qualcuno possa riuscirci con tutte le intenzioni antisismiche e il favore delle forze cosmiche.
Sono poche le volte in cui mi sono sentito veramente connesso ad altri individui della mia specie e mi pare che questo tipo d’esperienza sia piuttosto diffusa, ma io ne ho fatto la mia forza e quindi non ho proprio niente di cui lamentarmi: posso comunque cercare qualcos’altro per dare volume e forma a una rimostranza di facciata; tanto alla fine qualcosa si trova sempre.

Francesco

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