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Il 1984 nel terzo millennio

Nelle ultime settimane è tornata di moda l’iconoclastia e certe immagini mi fanno pensare banalmente ad alcuni passaggi di 1984. Il celebre romanzo di George Orwell è evocato a ogni piè sospinto e talora in maniera esagerata finanche per degli usi iperbolici. A me sembra che il conio di una neolingua stia avvenendo per mano e bocca di chi teme le parole, ovvero individui ai quali è caro soltanto quanto possa dirsi politicamente corretto. La storia comincia a perdere la propria vocazione e viene forzata a svolgere funzioni edificanti, così qualcuno vuole mutarne l’insegnamento e qualcun altro ne abbatte tutti quei simboli che contrastano con la loro visione del mondo.
Taluni in nome della libertà di culto attentano a certe culture, spesso quella da cui provengono, in nome dell’uguaglianza tendono a discriminare chi non la pensi come loro, in nome di un’equa ripartizione delle risorse puntano a espropriare chi si è costruito qualcosa con le proprie forze, poiché per costoro l’individualismo è ammesso solo quando sia incarnato in determinati tratti razziali e sociali. Non contesto queste prospettive, anzi, non me ne fotte proprio un cazzo, e neanche scomodo termini inflazionati come ipocrisia o incoerenza per descriverne la sostanza, bensì mi limito a prenderne atto. Il mondo va come deve andare e i suoi impazzimenti sono l’espressione di una ciclicità che prescinde da chiunque s’illuda di esserne il primo artefice. D’altro canto vi è chi deve trovare un’ancora di salvezza nella vita o almeno uno scopo in cui identificarsi per sopportare il resto della propria esistenza, quindi immagino che taluni sposino certe cause non perché vi credano fortemente, ma per un’esigenza esistenziale di cui secondo me neanche si accorgono. Le fluttuazioni della morale umana sono poca cosa nell’ordine dei secoli, ma possono sembrare imponenti davanti alla durata media della vita umana. Al netto di tutto a me l’epoca attuale fa schifo e non ne salvo le eccezioni poiché esse lo fanno già da sole.

Francesco

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