Io, a differenza di certi figuri, nel periodo dell’emergenza mi sono attenuto alle disposizioni governative, perciò sono uscito di casa soltanto per fare la spesa, buttare la spazzatura e, in un paio di occasioni, per recarmi alle poste. La mia ultima corsa all’aperto risaliva alla sera del tredici marzo. In questi mesi ho provato a tenermi un po’ in forma su un vecchio tapis roulant, ma nelle ultime settimane l’ho lasciato perdere del tutto. Quest’oggi mi sono detto: “Mese nuovo, vita nuova!”. E così qualche ora fa ho provato a muovere un po’ le gambe come solevo fare prima di codesto casino. Mi sono reso immediatamente conto di come nel frattempo la mia meccanica di corsa sia andata a puttane e ho avvertito con altrettanta rapidità dei dolori all’altezza dell’inguine, ma sono consapevole di come sia tutto nell’ordine delle cose.
Il mio corpo deve riabituarsi a certi movimenti continui e agli sforzi prolungati di cui comunque conserva la memoria muscolare, perciò conto di ritrovare una forma dignitosa nell’arco di uno o due mesi. Alle fine, in questa prima ed estenuante seduta, ho rotto il ghiaccio (che con il caldo odierno si sarebbe sciolto anche se non fossi intervenuto) con venti chilometri a un ritmo imbarazzante di 6’43” al chilometro. Per me la perdita di velocità e resistenza non è frustrante poiché ci sono già passato e conosco tanto i tempi quanto i modi per il loro ripristino. La mia priorità non è agonistica, anche perché non ci saranno gare per molto tempo ancora, e comunque sotto quell’aspetto mi sento già appagato, bensì punto prima di tutto a ristabilire una buona sensazione psicofisica nei miei sforzi, conditio sine qua non per il resto.
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