Con lo pseudonimo di Izdubar (l’errata traslitterazione di Gilgamesh) sto cercando di traslare sul piano sonoro la tecnica dell’immaginazione attiva di Carl Gustav Jung.
Non si tratta di un discorso musicale poiché le regole vengono infrante senza che a monte ve ne sia una piena padronanza, conditio sine qua non per una sperimentazione che non risulti la parodia di se stessa.
Cerco i rumori di fondo dell’inconscio e senza volerlo (cioè, al di fuori della giurisdizione della coscienza) lo faccio con un linguaggio che ricorda certe cose a cavallo del noise e dell’ambient, con qualche inciampo nel post-rock: insomma, un grande casino. La scelta delle immagini segue lo stesso procedimento. Questa cosa di tre minuti si chiama “Italian Poetry”. In tempo per il due giugno.
Assimilatomi al tempo corrente, ne guardo assorto gli istanti che riesco a catturarne. Implicite nel…
Per i miei gusti la perfezione può raggiungere una sua compiutezza anche nella settima arte…
Oggi ho corso venti chilometri in poco meno di un'ora e venti minuti: fuori non…
Ultima lettura dell'anno, invero conclusasi settimane or sono con somma soddisfazione. Di norma non accetto…
Non ho novità di rilievo in questo mio incedere verso l'attimo che segue. Un'anziana signora…
Il clima mite di questo dicembre inoltrato mi ricorda il periodo natalizio che ebbi a…