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La lettura come meditazione

In passato, a mia totale insaputa, ho cercato per lungo tempo delle forme di raccoglimento e concentrazione, ma solo a un certo punto della mia giovane esistenza mi sono reso conto che svolgevo certe attività per il surrettizio perseguimento di quegli scopi. Ho corso migliaia di chilometri nell’illusione che il podismo fosse per me un passatempo spontaneo, ma in realtà già dai primi passi costituiva un metodo meditativo e uno strumento introspettivo. Solo dopo anni alcune cose hanno cominciato a prendere forma ai miei occhi in maniera progressiva, un pezzo alla volta, fino a quando mi hanno restituito una visione d’insieme che mi è apparsa coerente. Avrei un bel vantaggio sugli eventi se riuscissi a comprenderne la natura primeva sulla scorta delle loro immediate manifestazioni, ma forse i miei limiti cognitivi mi costringono ad attendere una certa latenza: io compirei un’opera meritoria per me stesso se cercassi di capire come ovviare a tale ritardo o se almeno trovassi un modo per ridurne la portata.
In questo quadro di considerazioni la lettura è un’altra delle forme di meditazione a cui ricorro. Leggo sempre ad alta voce e ultimamente lo faccio in piedi con l’ausilio di un vecchio leggìo il quale mi piace pensare che non abiti per caso nella mia magione. La scansione delle parole mi ricorda una giaculatoria o un mantra e l’apprendimento che ne deriva mi offre un appagamento di cui mi piacerebbe monitorare i correlati neurochimici. Con questo procedimento provo un senso di rilassatezza e concentrazione, come se lambissi o esperissi in modo passeggero ciò che in un altro linguaggio è chiamato “centro di gravità permanente”. La postura, l’impostazione della voce, la mia attenzione e il contesto ambientale concorrono a creare quelle circostanze in forza delle quali il mio cerebro secerne sostanze endogene a cui sono riconducibili gli effetti anzidetti.
Ho notato come io avverta un profondo senso di soddisfazione quando mi riesca di leggere molteplici paragrafi senza alcuna esitazione, con la voce ferma e una postura corretta ma al contempo rilassata. Queste sensazioni sono diverse da quelle che mi cagiona l’allenamento fisico, ma hanno un comune denominatore che non sono in grado di specificare e di cui riesco solo ad avvertire il fil rouge. Per allungare il brodo potrei lanciarmi in ipotesi speculative senza capo né coda, le quali potrebbero risultare valide soltanto con la complicità delle coincidenze, ma preferisco che quest’appunto mantenga un carattere descrittivo.

Francesco

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