Da alcuni giorni nell’etere e nei miei dintorni aleggia un clima da sagra dell’Apocalisse, ma io continuo a non capire dove si faccia la fila per l’estinzione di massa. L’irrazionalità umana si staglia sulle paure archetipiche della mia specie e costringe taluni ad assumere comportamenti inconsulti. Credo che l’individuo e la collettività siano speculari sotto certi aspetti, quindi l’analisi dell’uno può svelare qualcosa dell’altra e viceversa. La soggettività non gode di un esclusivismo assoluto, ma solo di uno relativo e fuorviante.
Il senso dell’esistenza terrestre non ha qualcuno o qualcosa a cui rendere conto nel resto dell’universo, perciò è autoreferenziale in maniera subdola e si appunta surrettiziamente presupposti teleologici che non hanno altro riconoscimento al di fuori del proprio. Se mi ponessi troppi dubbi finirei per pormi quello del loro numero. In queste ultime righe ho divagato dal tema principale, ossia quello che possiede il patrocinio del panico e della stupidità, però la mia assenza temporanea può contare sulla giustificazione scritta dalle scempiaggini altrui. Qualcosa di veramente virale è diventato virale: molteplici accezioni, nessuna eccezione, praticamente un en plein. I momenti peggiori forse sono i più veritieri, ma poiché al peggio non c’è mai fine immagino che la verità non mostri mai di sé una nudità integrale. Forse nel vaso di Pandora c’è una razione K per l’introspezione, ma non è detto che tutti la possano digerire. Una pandemia può rivelare o ricordare molto degli esseri umani agli… esseri umani; quanto ciò sia utile non sono in grado di affermarlo poiché la storia si ripete con pervicace insistenza.
Ultime dai campi: San Valentino e White Marble Marathon
Pubblicato domenica 23 Febbraio 2020 alle 22:35 da FrancescoWhite Marble Marathon 2020 – 23/02/2020
Continua a divertirmi oltremodo questo clima da sagra dell’Apocalisse, ma non ho capito dove si faccia la fila per l’estinzione di massa. Ogni tanto mi ascolto in repeat un vecchio singolo dei R.E.M., "It’s the end of the world as we know it", ma a breve conto anche di giocare il remake di Resident Evil 2.
Stamani invece, a sette giorni dalla maratona di San Valentino, ho corso in quel di Carrara la quarta edizione della White Marble Marathon e l’ho conclusa in 2h49’46": quinto uomo e sesto assoluto. L’ennesima sotto le due e cinquanta. È stata la mia trentaquattresima maratona e la quarantunesima gara di lunga distanza (comprese sette ultramaratone). In questi anni ho maturato un po’ di esperienza, ma di tanto in tanto faccio ancora degli errori madornali, vere e proprie minchiate sesquipedali.
Due anni or sono impiegai otto minuti di meno sul vecchio percorso (che era più lento), ma non importa: al momento non posso fare molto di più.
In quest’occasione ho cambiato un po’ il mio assetto, infatti ho indossato la maglia che ho trovato nel pacco gara e ho messo ai piedi un paio di A2, precisamente le Freedom ISO 2 della Saucony.
Forse le scarpe più ammortizzate hanno scongiurato l’insorgenza di quei disturbi intestinali che in alcune recenti occasioni mi hanno arrecato nocumento. D’altro canto con la mia attuale velocità non sono più in grado di sfruttare le A1, ma a tempo debito le calzerò di nuovo.
All’inizio ho provato a impostare il passo attorno ai 3’52" al chilometro e più o meno l’ho tenuto fino alla mezza, ma poi ho avuto un bel calo. Tutto sommato è andata bene lo stesso perché devo abituarmi nuovamente alle A2. Just a matter of time.
Al di là di tutte ‘ste stronzate ringrazio di cuore le persone con le quali ho passato il fine settimana: gente squisita con cui mi sono divertito molto!
E un altro ringraziamento lo rivolgo a quel ragazzo che in uno degli ultimi ristori mi ha inseguito a corsa per darmi un bicchiere d’acqua che non era riuscito ad allungarmi poco prima! Quel gesto mi ha rinfrescato più di quanto abbia fatto l’acqua stessa. Namasté.
Qui la classifica: https://www.endu.net/en/events/white-marble-marathon/results
Qui la traccia Strava: https://www.strava.com/activities/3126410961
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Maratona di San Valentino 2020 – 16/02/2020
Se ne avessi la facoltà intitolerei una via o una piazza all’inventore dei bagni chimici: che Krishna l’abbia in gloria!
Stamane a Terni ho corso la maratona di San Valentino e per concluderla ho impiegato tredici minuti in più rispetto allo scorso anno: 2 ore, 56 minuti e 45 secondi. Diciassettesimo assoluto e primo di categoria.
Poco prima del ventesimo chilometro ho cominciato ad avvertire qualche disturbo intestinale e ho valutato subito il ritiro, ma poi ho cercato di resistere e mi sono posto dei traguardi intermedi.
Al ventiseiesimo chilometro ho trovato un bagno chimico che si è rivelato salvifico.
Appena ho ripreso a correre ho notato che avevo ancora buone possibilità di finire la gara sotto le tre ore, il mio minimo sindacale, e allora mi sono prestato al piccolo calvario dei restanti sedicimila metri
Non riesco a ritrovare la forma pregressa e questi incidenti di percorso non mi aiutano, ma prima o poi ce la farò.
Qui la classifica: https://www.icron.it/newgo/#/classifica/20190684
Qui la traccia Strava: https://www.strava.com/activities/3105698724
Stanotte ho vissuto un sogno molto intenso. Mi ritrovo in una stanza simile alla mia, ma sono ospite di una famiglia meridionale. Vicino a me siede una ragazza dai capelli corvini che identifico subito con una vecchia conoscenza: oltre a noi due vi sono anche sua sorella e suo fratello.
La ragazza è ostile nei miei confronti, insofferente, e assume comportamenti bizzarri, come se fosse posseduta. D’un tratto parlo di questa situazione a sua sorella e poi a suo fratello che invece si dimostrano pacati e ragionevoli, mentre lei nel frattempo si fa sempre più aggressiva.
A un certo punto il sogno cambia e si susseguono delle immagini che mostrano la ragazza nel pieno di vari amplessi, ma in quelle scene pornografiche percepisco la stessa forma di disprezzo nei miei confronti che già avevo avvertito all’inizio. Alla fine la sequenza lasciva cessa e io mi ritrovo all’esterno, ma non riesco a capire se sia sera o se siano imminenti le prime luci del giorno: questo è l’ultimo particolare che ricordo.
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La spiegazione di questo sogno può essere ricondotta ancora una volta a quelle istanze che respingo dalla vita vigile, ma di cui quella inconscia non può sbarazzarsi. Si tratta della perpetua mancanza nella mia esistenza di relazioni sentimentali e di una profonda reciprocità con un altro essere umano, perciò ciclicamente tale condizione riaffiora nottetempo per chiedere udienza.
Questo movimento onirico mi ricorda quelli sistolici e diastolici, paragone che si presta anche a una metafora melensa, perciò non ci trovo niente di preoccupante. È normale amministrazione, il consueto via vai di pulsioni naturali e razionalità.
Non ho ragioni apparenti per cercarne di sostanziali e dunque mi oriento al di là di certe premesse che si legano alle loro naturali conseguenze. Attorno a me percepisco la vacuità di ogni linguaggio e la profonda incomunicabilità che caratterizza ogni tentativo dialogico.
Le parole non riescono a sostenere il peso di ciò che rappresentano e non di rado le reciproche incomprensioni risultano la massima espressione di una velleitaria autenticità. Secondo me i silenzi sono gli unici depositari delle domande e delle risposte a cui ognuno può accedere soltanto dentro di sé. Scrivo per me stesso e a me stesso parlo poiché le mie frasi non potrebbero raggiungere nessun altro neanche se fossero diffuse a reti unificate. Riconosco ovunque il dominio del soliloquio, anche quando presto attenzione ai miei interlocutori e sulla base di quest’ultima fornisco poi uno spontaneo contributo alla conversazione, ma ai miei occhi e alle mie orecchie la questione si risolve quasi sempre in un gioco di ruolo. Non mi disturbano simili dinamiche, anzi, talora sono contento di prendervi parte per mero diletto, come una serata in un luna park, però cerco di soppesarle per quello che sono, ovvero poca cosa, e quindi non mi aspetto nulla di quanto possono millantare.
Trovo che le speranze siano piuttosto ingombranti e, per mia somma fortuna, non so neanche se me ne sia rimasta qualcuna incastrata nel recente passato. Cerco di vivere con la maggiore leggerezza possibile, a volte come in uno stato di abbandono sull’orizzonte del fatalismo: in questo modo riesco a regalarmi molti momenti di quiete. Non m’interessa granché la vita altrui in quanto mi bastano i difetti del mio egocentrismo e non intendo farne una collezione. Sono autoreferenziale da molto tempo, ma forse certe cose sarebbe andate meglio se avessi cominciato da quand’ero in fasce. Talora l’esperienza è una insegnante tardiva e la sua supplente, l’intuizione, non si dimostra sempre pronta a subentrarle.
Sabato a Sabaudia: fine dell’allitterazione. Domenica nell’Agro Pontino ho preso parte alla prima edizione della Maratona della Maga Circe e l’ho chiusa al secondo posto in 2 ore, 47 minuti e 40 secondi. Quinto podio sulla distanza, ventiduesima maratona sotto le 2 ore e 50 minuti, trentaduesima su trentadue sotto le tre ore.
Il mio obiettivo era quello tornare a correre almeno sotto le 2 ore e 45 minuti, ma il percorso si è rivelato più muscolare di quanto mi aspettassi. Per fortuna Circe non ha invitato Eolo e difatti il vento è stato un assente ampiamente giustificato. Ho cercato di fare una gara in progressione e ho raggiunto il terzo attorno al ventesimo chilometro. Da lontano vedevo l’immenso Giorgio Calcaterra e fino al trentaduesimo chilometro ho provato ad avvicinarlo, ma poi lui ha fatto un cambio di passo magistrale e si è trasformato in una figura sempre più indefinita e lontana: alla fine gli ho detto che anch’io facevo il tifo per lui!
Al trentacinquesimo chilometro ho iniziato a rallentare, il trentottesimo l’ho corso addirittura in 4’31” e a un certo punto mi sono quasi rassegnato all’idea di finire fuori dal podio, ma dietro di me il terzo era ancora lontano e non sapevo dove fosse il quarto, perciò in quel momento avevo ancora un buon vantaggio da gestire. A un certo punto mi sono detto: “Rifiato fino al quarantesimo e cerco di spingere gli ultimi due chilometri”. E così negli ultimi duemila metri ho sofferto come un cane e ho provato a dare tutto quel poco che mi rimaneva.
Una volta giunto al traguardo ho fatto qualche altro passo in avanti per non ingombrare l’arrivo e poi mi sono disteso sull’asfalto per almeno cinque minuti. Avevo i quadricipiti che chiedevano pietà. Poche altre volte sono stato al contempo così esausto e contento.
Non è stata la mia gara migliore, ho gestito malino le energie, in certi punti ho osato troppo e non sono riuscito a spingere nel finale, però ci ho messo davvero tanto cuore e devo confessare che alla fine un moto di commozione l’ho avuto anche se me lo sono tenuto dentro.
Condividere il podio con il mio idolo, il mio punto di riferimento, è già uno dei ricordi più belli che mi accompagnerà fino alla fine dei miei giorni: di ciò sono certo.