Talora il destino si accanisce con prematura ferocia verso chi non ha avuto tempo sufficiente per conseguire meriti o colpe, ma questa è l’insondabile precarietà della vita. Non mi considero un individuo emotivo perché ho colto da tempo l’invito heideggeriano di essere per la morte, nel senso ontologico dell’espressione, ma ho provato un forte moto di commozione quando ho appreso la tragedia che ha colpito una mia conoscente, anch’essa atleta.
Ho provato un’irrazionale senso di colpa nel momento in cui mi sono trovato a fare ciò che anche lei era solita fare, ossia allenarsi, quindi l’ho pensata a lungo e le ho augurato ogni bene da qui in poi, come se avesse già pagato per tutta la sofferenza che una persona è tenuta a esperire nell’arco della sua esistenza. Suppongo che le mie reazioni interiori siano scaturite in parte da un certo livello d’identificazione, ma di sicuro vi ha concorso anche molta empatia.
Di fronte a quanto è indicibile le parole non possono nulla e io ne vergo qualcuna a suo corredo solo per rimarcarne l’impotenza, ma credo che la scrittura mi aiuti comunque a dare una forma a quelle circostanze che le negano tutte. Probabilmente vedrò altre persone soffrire e lasciare anzitempo questo pianeta, inoltre può darsi che in un futuro più o meno lontano io stesso diventi il protagonista di una catastrofe personale, ma continuerò a fare quanto è in mio potere per arginare tutte le forze contrarie e accetterò la sconfitta solo se questa dovesse risultare totale. In me si annida una forte propensione alla vita, ma quest’ultima non è ammantata d’ingenuità . Per aspera ad astra.