Nei miei anni efebici ho sempre vissuto giugno come il momento di una ritrovata libertà dall’inutile tedio dell’istruzione obbligatoria. A scuola ho perso tempo e basta, assiso com’ero ad ascoltare rumori di fondo da cui non imparavo nulla. Io ero uno studente svogliato e nei miei insegnanti vedevo spesso reificato il concetto di sinecura, perciò ci completavamo a vicenda. Non ho vissuto attimi fuggenti e nei corridoi non ho mai incontrato Robin Williams (o forse non l’ho riconosciuto).
Or bene, quest’ultimo giugno invece è stato proficuo sotto molteplici aspetti, ma, tra le tante questioni a latere, ho riservato quasi tutto il mio entusiasmo per l’esperimento podistico a cui ho deciso di sottopormi.
Negli ultimi trenta giorni (di cui ventiquattro consecutivi) ho corso 651 chilometri, 162,5 a settimana, per un totale di 48 ore e 7 minuti, quindi a un passo medio di 4’26” al chilometro. Ho svolto diversi lavori di qualità a ritmi a cui non ero molto abituato (dai 3’30” in giù) e ho ritrovato il piacere di sondare i miei limiti.
Probabilmente a luglio non riuscirò a ripetermi in quantità, ma intendo mettere in cascina almeno 500 chilometri con maggiore enfasi sulle andature veloci. Questi volumi per me non costituiscono sacrifici in quanto amo correre e mi considero un privilegiato, inoltre so che tutto quello che ho fatto finora mi servirà per quando non potrò più farlo.
Ad agosto avrò un paio di occasioni per giudicarmi come atleta e come allenatore di me stesso, ma senza scadere in velate ambizioni ipostatiche.
Ormai sono cominciate le grandi manovre e spero di condurle fino alla fine. È previsto anche un rendez-vous con un amico maratoneta che sta recuperando da un incidente di percorso, ma tutto ciò a patto che una morte prematura non mi colga.
Chilometraggio mensile: un nuovo record
Pubblicato domenica 30 Giugno 2019 alle 23:29 da FrancescoNelle prime ore di questo venerdì equinoziale mi trovo ad ascoltare un vecchio disco mentre mi rilasso davanti alle deboli radiazioni di un monitor. Fuori quasi tutto tace e il silenzio subisce i soli affronti di qualche marmitta o l’uso improprio di un clacson. Nella mia stanza rossa aleggia una pace archetipica e nel mio cerebro non si abbatte nulla d’incongruo.
Non ho immagini di me stesso che alberghino nella mente di qualcun altro, non sono oggetto dei pensieri di terzi o trini, non ho una mia proiezione di stanza in menti lontane e quindi non mi può essere ascritta alcuna complicità né ingerenza. Mi immergo nella mia individualità perché sono in grado di farlo e quindi sfrutto questo grande privilegio per fabbricare bei ricordi. Perseguo ciò che mi fa stare bene ancorché talora gli effetti dei miei sforzi non siano immediati e non abbiano valore al di fuori del mio microcosmo, ma d’altro canto ogni semina richiede un certo tempo e l’importanza delle cose non si annida mai nelle cose stesse. Non posso mettere i sottotitoli alle mie intenzioni, anche perché non sono in grado di tradurre dalla lingua del fraintendimenti. La stabilità di un’intesa trova le proprie conferme nei suoi sviluppi, quindi la prova di sé risulta ancora più autoreferenziale delle parti che coinvolge, come se ne trascendesse non solo la singolarità ma anche la somma: qui sorge spontaneo il più celebre dei principi olistici. Credo che in ogni fase della vita vi siano delle priorità a cui una mente poco addestrata non sappia conferire la dovuta importanza e io non voglio pagare dazio per la mia stupidità, perciò mi seguo. Tempo al tempo.
In merito alla natura della coscienza non so se debba rivolgermi al positivismo o a certa metafisica che talora finisce per scadere in derive new age: le aporie sono fastidiose.
Nelle ultime due settimane ho corso 287,5km in 21h49′, quindi a una media di 4’33”. Continuo a vedere progressi grazie al calo di peso e di massa grassa: poco meno di 65kg il primo, stabile al 15% la seconda.
Il mio fisico sta rispondendo bene ai molti chilometri e a qualche lavoro di qualità. A forza di correre si è estinto anche un dolorino che avevo allo psoas sinistro o forse l’ho perso per strada, only God knows. La scorsa settimana sono riuscito a correre i 10km in 36’19” durante una sessione di 21km, il giorno dopo li ho fatti in 36′ netti (3’36”) sempre all’interno di un totale di 21km: per me non sono tempi stellari, ma trovo significativo che mi siano venuti di seguito e in giornate di forte scirocco. Ieri ho corso 26km facili ma con un buon tremila (3’21”, 3’19”, 3’19”) e oggi 22,5km con un tremila simile (3’22”, 3’23”, 3’22”), ma all’interno di 15km a 3’44” (l’allenamento in oggetto): sono numeri che mi dànno fiducia. Non faccio vere e proprie ripetute brevi, però di tanto in tanto un po’ di fartlek in salita. Al momento mi sento in grado di battere i miei record personali su qualsiasi distanza, dai cinquemila metri ai cento chilometri. Sono curioso di vedere quali responsi avrò ad agosto durante qualche test di velocità che svolgerò per i fatti miei a mo’ di gara.
Talora il destino si accanisce con prematura ferocia verso chi non ha avuto tempo sufficiente per conseguire meriti o colpe, ma questa è l’insondabile precarietà della vita. Non mi considero un individuo emotivo perché ho colto da tempo l’invito heideggeriano di essere per la morte, nel senso ontologico dell’espressione, ma ho provato un forte moto di commozione quando ho appreso la tragedia che ha colpito una mia conoscente, anch’essa atleta.
Ho provato un’irrazionale senso di colpa nel momento in cui mi sono trovato a fare ciò che anche lei era solita fare, ossia allenarsi, quindi l’ho pensata a lungo e le ho augurato ogni bene da qui in poi, come se avesse già pagato per tutta la sofferenza che una persona è tenuta a esperire nell’arco della sua esistenza. Suppongo che le mie reazioni interiori siano scaturite in parte da un certo livello d’identificazione, ma di sicuro vi ha concorso anche molta empatia.
Di fronte a quanto è indicibile le parole non possono nulla e io ne vergo qualcuna a suo corredo solo per rimarcarne l’impotenza, ma credo che la scrittura mi aiuti comunque a dare una forma a quelle circostanze che le negano tutte. Probabilmente vedrò altre persone soffrire e lasciare anzitempo questo pianeta, inoltre può darsi che in un futuro più o meno lontano io stesso diventi il protagonista di una catastrofe personale, ma continuerò a fare quanto è in mio potere per arginare tutte le forze contrarie e accetterò la sconfitta solo se questa dovesse risultare totale. In me si annida una forte propensione alla vita, ma quest’ultima non è ammantata d’ingenuità. Per aspera ad astra.
I cambiamenti che ho impresso alla mia alimentazione e ai miei allenamenti continuano a dare i loro frutti. Ho chiuso maggio con 375km e ieri ho svolto l’ultima sessione del mese con un piccolo test di velocità. Ho corso i primi cinque chilometri in 17’23”, a una media di 3’29”, con lo scopo d’impostare un’andatura sostenuta che al tempo stesso non mi debilitasse del tutto, e sono riuscito nel mio intento in quanto ho mantenuto un buon ritmo medio negli altri undici chilometri della sessione, in particolare negli ultimi tre corsi sotto i 3’40”: precisamente in 3’33”, 3’39” e di nuovo in 3’33”.
Avverto da un po’ di tempo un lieve fastidio all’altezza dello psoas sinistro, ma nulla che pregiudichi i miei sforzi: ci convivo in attesa che passi, proprio come ho sempre fatto in casi analoghi. D’altro canto non posso pretendere che certi ritmi e certe distanze non mi rechino mai qualche disturbo.
Sono contento perché sto cominciando a ripagarmi la disciplina a tavola e spero che ulteriori miglioramenti arrivino nei prossimi mesi. Benefico della diminuzione di peso e di massa grassa, a riprova di come non mi sia possibile prescindere da tali parametri per tentare a un salto di qualità.