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Ovvietà granitiche e propedeutiche

Non ho ragioni valide per sporgermi oltre il solipsismo, ma talvolta mi piacerebbe valutarne alcune e se non lo ammettessi farei un brutto torto alla verità. Vivo con me stesso e per me stesso, perciò mi ritengo abile e fortunato. C’è molto al di fuori del mio microcosmo, di ciò sono consapevole, però in quel mare magnum si trovano anche acque pericolose.
Non so se io abbia fatto una precisa scelta di vita, tuttavia nel corso degli ultimi anni la mia esistenza ha tracciato i contorni di qualcosa che le assomiglia molto. Quello attuale per me è un periodo tranquillo e in parte anche prolifico, quindi non ho nulla di cui lamentarmi e mi godo la quotidianità delle mie buone abitudini. Anche l’inconscio non mi manda più certi segnali con la stessa frequenza di prima, come se anch’egli avesse compreso l’impraticabilità di una profonda consonanza. Un’autentica reciprocità è difficile da stabilire e allo stesso tempo, secondo la mia modesta opinione, la sua assenza va salutata con gaudio qualora si riveli la salubre alternativa a qualcosa di autodistruttivo. In certi ambiti non mi piacciono le forzature perché non portano nulla di buono, ma capisco come esse possano costituire una tentazione irresistibile per taluni. Comprendo anche il bisogno dell’identificazione con una realtà endogena, ma per me il gioco non vale necessariamente la candela e trovo che in alcune circostanze sia preferibile un placido buio, altrettanto gravido di possibilità inesplorate e meno tetro di quanto lasci intendere il suo nero dominio.
Credo che la presenza di spirito faccia la differenza tra l’accettazione di compromessi nocivi e il loro netto rifiuto, però in tutto ciò un po’ di lungimiranza si presenta quale condito sine qua non. Avvisi chiari ne ho visti negli esiti delle vite altrui e a me già quelli sono bastati per assumere la dovuta circospezione. È vero, intanto il tempo passa, ma d’altro canto mi viene da scrivere: ci manca solo che si fermasse a guardare come un voyeur!

Francesco

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