Prossimo a una grande partenza, mi sento investito da forze superiori al netto delle cose fatte e di quelle incompiute. Ho una grande voglia di solcare i cieli dentro una fusoliera mentre due ali possenti fendono l’aria. Il volo dà un’idea perfetta di come possa essere sublime e determinato ogni fenomeno transitorio. Il cambiamento di stato, il passaggio da una forma a un’altra, la caducità e l’eterno ritorno. So di essere in un viaggio cosmico di cui la mia esperienza terrestre è una tappa, ma non riesco a spiegare questa consapevolezza in quanto immagino che la sua comprensione risulti alla sola portata di chi la sviluppi da sé in maniera spontanea o se la ritrovi nel proprio intimo dal momento della nascita.
Se tentassi di definire certe realtà farei un torto a quegli stessi tentativi e nel migliore dei casi scadrei in parodie metafisiche, perciò mi guardo bene da chiunque operi in questo senso, come se cercasse di convincere terzi col subdolo scopo di persuadere se stesso per credere a quanto non è un atto di fede e somiglia invece, almeno io suppongo, a una particolare forma di gnosi.
Mi mantengo entro i confini di quello che è nelle mie corde e posso fare soltanto una stima approssimativa di quanto si snodi al di là dei miei limiti, tuttavia mi ritengo già fortunato per ciò a cui sono andato incontro più o meno consciamente e per quanto forse mi è caduto in testa dal cielo. Non mi rimane che assistere alle scene restanti mentre io ne preparo e ne sovrappongo delle altre in base alle possibilità permesse dalle leggi immanenti della mia attuale dimensione. Qui l’ermetismo non è voluto, ma fa parte dell’impasto, quello primigenio.
Ci sono dinamiche e cose a cui non riesco ad attribuire nomi e contorni, ma con l’avanzare dell’età a volte sento sempre meno il bisogno di scendere in troppi e inutili dettagli.
Mi accingo a chiudere un cerchio di cui in seguito scriverò anche su queste pagine e sono pervaso da sensazioni che ancora non riesco a distinguere nettamente, però m’è dato di mettere insieme i pezzi degli anni passati per ricavarne una visione generale il cui risultato non mi dispiace affatto. A volte un senso si forma a posteriori o forse per qualcuno come me è possibile coglierlo soltanto con un certo ritardo, ma questa sfumatura non la reputo un problema. Ultimamente sto prendendo in considerazione la possibilità di trascorrere il resto della mia vita terrena in un continente diverso, tuttavia devo fare ancora le dovute valutazioni. Non avrei problemi a trapiantarmi altrove se le circostanze si rivelassero propizie. C’è molto di superfluo a cui posso rinunciare, e di ciò in parte ho già dato prova a me stesso, ma il gioco deve valere la candela. Sono contento che gli anni della mia gioventù stiano scemando inesorabilmente e spero di lasciarmi alle spalle ancora molte primavere. Non ho nostalgie e non uso il passato come pietra di paragone.
Non cado vittima come coloro che s’identificano con l’anagrafe o con le aspettative altrui e per questo motivo sono già più libero di tanti altri individui. Forse le mie catene sono semplicemente più lunghe della media e quindi m’illudo che io goda di un autentico arbitrio, ma prima o poi conto di appurare il reale stato delle cose e di giungere preparato all’abbandono del corpo.
Devo fare mia la buona abitudine di rispondere all’entusiasmo biologico con un’osservazione ontologica di Cioran: "L’essere è sospetto. Che dire allora della vita che ne è la deviazione e l’avvilimento?".
Domenica a Terni ho corso la Maratona di San Valentino e mi sono classificato al quarto posto assoluto con il tempo di 2h43’55". Purtroppo il podio non era nelle mie corde e un po’ mi è dispiaciuto perché quest’oggi nel mio cambio pulito figurava la t-shirt di Rommel.
A proposito, secondo il regolamento avrei dovuto ricevere 150€, ma poiché non ho una squadra (né la voglio) le regole della FIDAL m’impediscono d’incassare la pecunia. Finora ho rinunciato a 410€ di premi in denaro per la ragione anzidetta, ma spero che almeno vengano devoluti a favore di qualche nobile causa, tipo una modesta decalcomania da applicare su un Eurofighter.
Fino al 12° chilometro sono stato insieme ad alcuni atleti della mezza, ma quando loro hanno girato mi sono ritrovato senza punti di riferimento e ho corso da solo per trenta chilometri: non vedevo nessuno davanti a me né alle mie spalle. Poco male, per me non è stato un problema.
Ho osato sin dalla partenza e ho avuto un calo negli ultimi undicimila metri perché ho accusato il dislivello pregresso, però sono riuscito a conservare il quarto posto: dall’inizio alla fine non ho superato nessuno e nessuno ha superato me.
Ho impiegato un minuto in più rispetto alla scorsa edizione per raggiungere il traguardo, tuttavia la prestazione di quest’anno per me è risultata più allenante. Ho avuto il piacere di rivedere qualche faccia nota e ancora una volta mi sono trovato benissimo con l’organizzazione della gara!
Il quarto posto l’ho pagato con delle emorroidi da sforzo che per fortuna sono rientrate due giorni dopo. Per la prima volta nella vita ho visto le mie feci macchiate di sangue e non ho interpretato l’oracolo del mio culo come un segno di buon auspicio, ma una sgradevole e necessaria ispezione anale da parte del mio medico ha escluso qualcosa di grave.
Mi sono ritrovato nella rara circostanza di assumere un farmaco per qualche giorno e ho avuto cura di farmene prescrivere uno che non fosse cortisonico, ossia il Daflon: quest’ultimo punto ci tengo a sottolinearlo per ridicolizzare ancora di più tutti quei dopati di merda (e gli imbecilli che credono alle loro cazzate) che fanno finta di cadere dalle nuvole ogniqualvolta venga contestato loro l’uso improprio di medicinali.
Qui la classifica: https://www.icron.it/services/classifica/icron.php…
Qui la traccia Strava: https://www.strava.com/activities/2155979280
Ho letto “Origini” con lo scopo di procurarmi una visione d’insieme su quant’è successo dall’inizio dell’universo fino all’Olocene, un altro riepilogo delle puntate precedenti, ma non ho affrontato questa lettura con l’ansia di comprenderne ogni passaggio poiché quello di Baggott è un testo interdisciplinare.
Nelle prime pagine è ribadito il carattere relativo di spazio e tempo, ma anche la possibile assolutezza dello spaziotempo e la relazione di quest’ultimo con la materia così come è stata sintetizzata da un’acuta osservazione di John Wheeler: “Lo spaziotempo dice alla materia come muoversi, la materia dice allo spaziotempo come curvarsi”.
V’è poi tutta la carrellata dell’inventario atomico e subatomico con le relative proprietà: i leptoni, i vari tipi di quark, lo spin, il campo di Higgs e la massa delle particelle che deriva dall’interazione delle seconde col primo. Altresì immancabili l’esperimento della doppia fenditura, con tutto ciò che ne conseguì da una prospettiva quantistica, e il corpo nero quale oggetto teorico il cui studio fu propedeutico alla scoperta dei fotoni.
In buona sostanza, dalle prime fasi dell’universo il focus si sposta verso la formazione del sistema solare con ipotesi da me già incontrate in letture votate alla sola cosmologia: il testimone passa poi alla chimica, sezione che mi è risultata come al solito tanto ostica quanto interessante, alla biologia, alla genetica e infine all’antropologia, con doverose integrazioni paleontologiche e tassonomiche.
Quattrocento pagine piuttosto scorrevoli, scritte bene e nelle quali mi è parso centrato l’obiettivo di trovare un equilibro tra dovizia di particolari e proprietà di sintesi, tuttavia letture di questo tipo mi lasciano sempre un senso d’incompiutezza a causa degli attuali limiti epistemologici della mia specie. Secondo me la divulgazione rischia di diventare fine a se stessa qualora non si evolva in approfondimenti specifici che comunque non rientrano nelle mie corde, ragion per cui d’ora in poi virerò verso altre tematiche dello scibile.
La lettura de ”I vagabondi del Dharma” ha costituito invece un’eccezione narrativa alla mia predilezione saggistica. Nulla da eccepire su Kerouac: è uno dei pochi autori per cui sono ancora disposto a prendere un romanzo in mano, un fratello cosmico, un visionario, e infatti mi sono procurato anche una copia di “Big Sur”, mentre quella di “Sulla strada” campeggia ancora nella mia libreria e non c’è polvere che riesca a offuscarne la portata letteraria. Penso che la prosa di Kerouac sappia risollevare lo spirito di chiunque sia in grado d’immergercisi e questa peculiarità ai miei occhi ha sempre reso Jack qualcosa di più d’un semplice romanziere.
Giovedì ho corso da solo una maratona al Velodromo di Grosseto in 2h40’29”, ossia a un passo di 3’47”. Ho stoppato il GPS dopo 42 chilometri e 340 metri per simulare eventuali errori di traiettoria. Quando mi sono fermato ho provato una soddisfazione smisurata, perché oltre a una prova di forza e resistenza in solitaria la mia è stata anche una sfida con lo spirito puer che mi accompagna in questo sport.
Dopo quest’ultima sessione ho chiuso il mese di gennaio a quota 513,4 chilometri.
Mai come giovedì mi sono reso conto di quanto la corsa costituisca il mezzo attuale con cui posso prepararmi al momento della morte, all’elaborazione di un lutto, all’insorgenza di una malattia. Mi chiedo se l’attraversamento del Bardo si possa fare ad ampie falcate. Ho pensieri e immagini troppo pesanti per i gaglioffi.
In alcuni dei miei allenamenti vi sono delle volte in cui la metafisica invade il campo dell’atletica leggera, ma so che un domani la mia meditatio mortis dovrà trovare altre vie e allora darò più spazio all’immobilità e al silenzio.
Nella corsa il mondo assume sembianze più meritocratiche e meno ingiuste, severe certo, ma non efferate.