“Fisica quantistica per poeti” si rivolge a quei lettori che come il sottoscritto nutrono un grande interesse verso certi temi sebbene non siano muniti delle sufficienti competenze nel campo della fisica: il catalogo di Bollati Boringhieri annovera varie opere con questa vocazione e infatti io ne ho già lette molteplici con sommo piacere.
Non mi annoia mai l’excursus introduttivo a cui presta il fianco ogni libro di fisica che abbia un taglio divulgativo come quello suddetto, quindi lo colgo ogni volta come una piacevole occasione per ripassare l’aspetto storico della disciplina: repetita iuvant.
Ho finito dunque per rileggere il collegamento operato da Max Born tra l’onda associata all’elettrone e quella di probabilità che concerne quest’ultimo, la scoperta da parte di Faraday di come un campo magnetico variabile crei un campo elettrico in base a cui poi Maxwell intuì il campo elettromagnetico; Niels Bohr e il suo modello atomico, con particolare riguardo verso le orbite degli elettroni; l’opera semplificatrice di Schrödinger che attraverso le idee di De Broglie facilitò i tecnicismi di Heisenberg fino ad arrivare alla funzione d’onda, atta a descrivere la particella quantistica con tutte le implicazioni del caso, in primis la visione controintuitiva secondo cui la conoscenza della posizione di una particella influenzi la sua velocità e viceversa; Pauli e il suo principio di esclusione con ciò che ne consegue nella formazione degli orbitali e il mare di Dirac in cui al vuoto si possono strappare elettroni a cui subentrano antiparticelle (come il positrone).
Mi ha divertito ancora una volta e mi ha lasciato un po’ perplesso rileggere l’ostinazione con cui Einstein (di concerto con Podolsky e Rosen) si oppose alle conclusioni della fisica quantistica, a riprova di come la fede acritica in una certa visione possa indurre persino un genio a sbagliare clamorosamente.
Le suggestioni più forti le ho (ri)trovate nella teoria delle stringhe e nell’ipotesi secondo la quale l’esistenza dell’universo sia dovuta alla rottura di un’originaria e perfetta simmetria tra materia e antimateria, ma anche e soprattutto nell’idea di Penrose per il quale la coscienza è un fenomeno quantistico poiché somma coerente di molte possibilità.
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