Non ho idea di quali eventi siano in avvicinamento, ma sono pronto a convergere verso quanto di meglio mi si prospetti. L’autunno fatica a prendere posizione e non capisco se il suo ritardo dipenda dall’espansionismo estivo o da un improvviso ritorno delle mezze stagioni, così come auspicano ogni dì turbe ottuagenarie nelle sale d’attesa dei medici di base.
Stamane ho visto l’inizio di un funerale, ma sono più curioso di assistere alla fine della morte. I miei pensieri mi portano laddove neanche un paio di ali funzionanti e abbondantemente piumate potrebbero consentirmi di giungere, però non trovo sempre delle radure dove atterrare per una breve sosta e talvolta le mie evoluzioni metafisiche hanno esiti rovinosi. Per quanto io mi libri in volo, rimango comunque confinato nell’atmosfera controllata dei miei stati di coscienza, ma essi costituiscono una minima parte delle mie possibilità più proprie. Mi godo la libertà di manovra di cui dispongo, tuttavia non m’illudo che costituisca il limite ultimo di quanto esiste. Vorrei conoscere quel linguaggio che si oppone a ogni fraintendimento, involontario o deliberato, ma non so chi lo insegni né se esistano dei corsi serali per assistere a nuove albe. Tendo ad alzare lo sguardo verso i nembi quando pare che siano sul punto d’assoggettare il cielo una volta per tutte, ma non ci vedo mai una macchia di Rorschach e in quest’ultima mai scorgo i primi. Cerco di non confondere le apparenze e non mi preoccupo che esse lo facciano tra di loro.
Vanto una bella distanza da qualunque richiamo della foresta e non corro neanche il rischio di sentire le sirene sugli scogli, ma non ho un biglietto per Itaca e anche se ne vincessi uno non lo userei: il mio viaggio di ritorno segue rotte cosmiche. Ogni tanto avverto una nostalgia di cui non colgo neanche i contorni e dunque non so da cosa dipenda, però ci riconosco una lontananza nel tempo e nello spazio che non sono in grado di ricondurre a un distacco esperito per davvero: v’è molto che non conosco di me, qualunque cosa io sia.
A volte sono attraversato da una forza di cui non conosco né l’entità né la provenienza, come se fossi investito da un fulmine che trasforma la notte in giorno e squarcia il cielo prima di schiantare al suolo la sua elettrica possanza.
Faccio il possibile per sviluppare e mantenere attorno a me una carica che respinga tutto quanto non mi appartenga, ma sia al contempo capace d’assimilare ciò che di positivo e negativo risulti conforme alla mia natura. Conosco il carattere ondulatorio degli eventi, la loro perenne alternanza tra vette serafiche e abissi strazianti, ma io non faccio parte del corpo di ballo che va a tempo di un ritmo così lunatico e bipolare. Voglio essere un degno parigrado della mia parte più autentica, riconoscere la sua egemonia in ogni minimo atto e pensiero, così che mi sia dato di trascendere lo stato attuale invece di rimanerci da trascurabile osservatore di cose lontane. Mi domando se concetti quali inizio e fine abbiano davvero asilo nel cosmo o non siano invece dei difetti logici di prima necessità per una specie ancora sottosviluppata, primitiva. Dove finisce quello che non mi tange e subisce deviazioni? Ciò su cui solamente il calcolo probabilistico si può esprimere, nel pieno rispetto della tradizione quantica? Mi allarmano le certezze che non credono in loro stesse e di conseguenza rifuggo dalla loro cattiva compagnia.
Scrivo nel pieno possesso delle mie facoltà, ma nella totale assenza di ragioni valide. La mia interlocuzione è una strada interrotta da lavori che non sono affatto in corso, perciò non mi resta che mandare segnali nello spazio profondo per chiedere ragguagli sull’esistenza o per un breve saluto tra figli di galassie gemelle. Non riesco a capire se la ristrettezza terrestre sia figlia di mancanze ordinarie o scaturisca da aneliti che le prime hanno il pregio di porre sotto la giusta luce. Non può essere messo ai voti quanto di assiomatico superi in esattezza finanche l’aggettivo che pretenda vanamente di definirlo, ergo non vi è nulla da deliberare in pompa magna.
Ieri ho tagliato il traguardo della mia dodicesima maratona in dodici mesi, ma è stata una corsa folle che malgrado tutto mi è valsa il terzo posto assoluto. Caldo nella seconda parte, percorso nervoso e soprattutto un’andatura pretenziosa, però io amo la distanza regina proprio perché punisce severamente la hybris.
Alla fine ho chiuso in 2h53’07”, un tempo altino in relazione alle mie prestazioni nell’ultimo anno, ma comunque indice di una buona forma perché è stato conseguito in una gara già difficile di per sé, su cui io ho poi avuto cura di mettere il peso da novanta dell’arroganza.
Alla vigilia predicavo prudenza, però appena mi sono trovato in seconda posizione mi sono lasciato prendere la mano come gli americani a My Lai.
Ho tentato di guadagnare il massimo vantaggio possibile sull’atleta che in quel momento era terzo, ma quest’ultimo ha avuto una condotta di gara migliore della mia e mi ha ripreso meritatamente a poco meno di settemila metri dal traguardo.
Fino al ventinovesimo chilometro ho viaggiato sui 3’39” di media e ho anche stabilito il mio record sui trenta, 1h51’36”, ma poi sono esploso come un sunnita durante l’Ashura degli sciiti.
In pratica ho fatto un lungo specifico con sette chilometri di defaticamento che invero sono stati una lenta agonia.
È stata la mia maratona più dura e avrei potuto fare meglio faticando di meno se non avessi osato troppo, ma in parte sono contento che sia andata così perché è stata una prestazione molto allenante. All’arrivo non sono neanche riuscito a rispondere allo speaker e mi sono dovuto sdraiare sul prato per un quarto d’ora mentre bruciavo come Londra nel 1666.
La calma segue la tempesta e lascia quest’ultima a elaborare il lutto per la fine della furia cieca, come una madre mancata che si chiuda in se stessa dopo l’interruzione di gravidanza. La vita riprende il proprio corso quando la morte cessa e durante la stagione delle piogge si può entrare in sintonia con tutti gli altri elementi oltre a quello che più fu caro a Talete. Se avessi un paio di occhi sulla nuca potrei scorgere il ritorno del passato senza distogliere lo sguardo dal futuro, ma la mediocrità del presente e l’anatomia della mia specie non mi consentono di operare più di quanto prevedano i loro limiti. Ho ragione di credere che non sentirei la nostalgia di casa se riuscissi a trovarmi al di là di me stesso, come se all’improvviso mi scoprissi straniero in patria.
Nei paraggi della fantasia si profilano le stesse cose di cui le sue frontiere estreme già traboccano, perciò il concetto di limite ne spiega ogni altro, incluso il concetto in quanto tale. La proprietà di linguaggio non è mai privata perciò non v’è nessuno che sia in grado di espropriarla, ma le afasie possono cagionarle qualche guaio. Taluni avanzano sfrontatamente la pretesa di essere capiti e con le loro istanze inflazionano il già biasimevole uso della parola, inoltre mi chiedo se a forza di battere i piedi per terra costoro non inducano gli inquilini dei piani inferiori, gli spiriti ctoni, a protestare con l’amministratore dell’abominio. Scorgo fortissime similitudini tra l’universo tolemaico e l’idea più modesta, ma proporzionalmente simile, di chi si ritenga il centro del mondo. Se i meridiani e i paralleli esistessero davvero forse il sole a scacchi non sarebbe appannaggio dei carcerati, ma in quel caso le prigioni rimarrebbero le stesse e quindi continuerebbero a prescindere dalle sbarre. La reciproca comprensione è sempre ardua, e non solamente quando si affidano i messaggi ai piccioni viaggiatori nel pieno della stagione venatoria.
Nelle ultime settimane ho svolto alcuni allenamenti specifici per la maratona e in particolare me ne sono imposti due dai quali ho tratto dei buoni responsi in merito alla mia attuale forma. Sono dunque soddisfatto per la mia duplice natura di atleta e di allenatore di me stesso. Anzitutto ho eseguito quello che tecnicamente rientra nella categoria dei lunghi specifici, ovvero 35km corsi a 3’55” di media su un tracciato pianeggiante ma che presentava dodici chilometri di strada bianca. Non ho avuto modo di bere durante questa sessione e quindi dopo venticinque chilometri ho accusato parecchio la sete, ma alla fine sono rimasto soddisfatto; riporto di seguito il tracciato GPS: https://www.strava.com/activities/1798381815
Tre giorni dopo l’allenamento di cui sopra mi sono cimentato in una mezza maratona solitaria su un circuito asfaltato e oltre ad abbattere il mio record sulla distanza ho infranto (di pochi secondi) anche quello sui dieci chilometri. Ho completato i 21097 metri in 1h14’40”, coprendo i primi diecimila in 35’53”, i secondi in 35’03” e chiudendo il ventunesimo chilometro in 3’14”! A seguito di questa prestazione mi sono riposato alcuni minuti e poi ho fatto nove chilometri a 5′ di media per scaricare un po’ le gambe.
Qui il tracciato GPS: https://www.strava.com/activities/1804940887
Ieri mattina invece mi sono recato a Orte per prendere parte al Trofeo delle sette contrade. Sono arrivati al traguardo 287 atleti e per la quarta gara di fila mi sono classificato al quarto posto, ma sono soddisfatto per il riscontro cronometrico difatti ho completato i tredici chilometri di saliscendi del percorso in 46’14”, quindi a una media di 3’33”, riuscendo persino a correre i primi due chilometri sotto i 3’15” grazie alla complicità della discesa: https://www.strava.com/activities/1814123141