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Un’estrema e improvvisa lucidità

Talora mentre corro mi trovo a vivere dei momenti di estrema lucidità. In quei frangenti mi sembra che io riesca davvero a percepire quanto mi circonda, come se ogni cosa non si limitasse a comparire nel mio campo visivo e io a mia volta vi entrassi dentro per ricambiare la visita ricevuta dalla mia vista. Non so da cosa dipendano queste fulminee esperienze né in quale misura scaturiscano dalle reazioni biochimiche di un’attività fisica piuttosto intensa, ma in ogni caso non me la sento d’inquadrarle in una cornice esclusivamente organica. Secondo il mio modesto parere le percezioni di ogni individuo hanno un’ampiezza variabile e credo che alcuni stimoli corporei siano in grado di affinarne il potenziale, mi chiedo tuttavia quanto sia arduo discernere l’autenticità di certi accadimenti dai moti dell’autosuggestione e se l’eventuale partecipazione di quest’ultima debba per forza inficiare la prima, tanto da snaturarla.
V’è una parte della cosiddetta realtà di cui i cinque sensi dell’essere umano intercettano soltanto segnali deboli e confusi, perciò mi domando se certe frequenze un tempo fossero alla portata della mia specie e se la sua evoluzione le abbia via via estromesse dalla sensibilità comune per questioni di adattamento, o se invece l’umanità tutta si stia ancora muovendo verso una maggiore ricettività. Ho sempre la sensazione che qualcosa mi sfugga, come se l’avessi sotto il naso o me lo attraversasse da parte a parte. Mi sono interrogato più volte sulle ragioni di cotali impressioni e sono arrivato persino a chiedermi se io ammetta una realtà più estesa di quella esperibile poiché insoddisfatto da quest’ultima, ma invero non v’è delusione alcuna per quanto rientri nelle mie corde e quindi ho finito per non mettere in discussione la genuinità della mia premessa. Sono curioso di sapere cosa si trovi in certi stati di coscienza, come se volessi arrampicarmi sul tetto di una torre eburnea per godermi il colpo d’occhio.

Francesco

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