Breve storia di chiunque sia mai vissuto
Pubblicato giovedì 12 Aprile 2018 alle 16:52 da FrancescoQualche settimana fa ho terminato la lettura di “Breve storia di chiunque sia mai vissuto”, un saggio di Adam Rutherford sulla storia della genomica il cui taglio divulgativo è venato da un’apprezzabile ironia. Prima di leggere questo libro covavo l’intenzione di sottoporre un campione del mio DNA a un’analisi che mi desse più informazioni sulle mie origini e una panoramica delle patologie verso cui i miei geni mi conferiscano un’eventuale predisposizione, ma le pagine di Rutherford dedicate a tale strumento mi hanno fatto cambiare idea poiché ne mettono in luce l’inattendibilità .
Ho incontrato anche in quest’occasione un ulteriore esempio di quanto certe risposte siano destinate ad aprire nuovi interrogativi, ossia il caso del Progetto Genoma Umano che innanzitutto consentì agli scienziati di comprendere quanto fossero limitate le loro conoscenze in tale ambito.
Sono stato pervaso da una sensazione di déjà -vu quando ho letto della sovrapposizione in Europa dell’Homo Sapiens sull’Homo Neanderthalensis, a discapito di quest’ultimo e in ragione delle migrazioni del primo dall’Africa e dal Medio Oriente; se fossi politicamente scorretto e intellettualmente disonesto, ma al contempo benevolo verso un certo e pragmatico razzismo, allora supporrei che tutto sommato le differenze sostanziali siano ancor oggi le stesse, rifiutando così un uguaglianza di specie e accettando solo quella di genere tassonomico.
Per quanto banale v’è una frase che mi ha colpito, una di quelle da silloge aforistica: “Le uniche forme di vita che non cambiano sono quelle già morte”.
Nel ripercorrere la storia della genomica, disciplina piuttosto giovane, ho trovato un parallelismo con la lettura di riepiloghi analoghi, ossia quello in cui la fantasia superi l’apparente limite dell’attualità , quasi esso fosse il termine ultimo dell’evoluzione, e si risolva a immaginare come sarà la normalità tra milioni di anni: quali i tratti somatici, quali le capacità cognitive, quale il grado di differenziazione dagli esseri umani del presente (un presente che è già passato).
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